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PRIMARIE PD Bersani e Renzi litigano sui dati. Ma l’affluenza è in forte calo


di Andrea AccorsiBersani batte Renzi 44,9 a 35,5 per cento. Almeno secondo il sito del comitato delle primarie del Pd. Il totale dei votanti è stato di 3.107.568 voti. Vendola si attesta sul 15,6%, seguito da Laura Puppato (2,6) e Bruno Tabacci (1,4). Ma il Comitato nazionale di Matteo Renzi contesta i dati ufficiali: «I nostri rappresentanti di lista - afferma Nicola Danti, del Comitato - ci consegnano un dato diverso: 43,4 contro 38,8. Aggregare i dati su base provinciale è molto discutibile. Qualcosa non torna, citiamo i casi di Asti, Bolzano e Belluno».Insomma, nel Pd è polemica aperta sui risultati delle primarie. «Tre punti in più o in meno non sposta il senso di ciò che è accaduto - osserva Renzi - ma è giusto fare chiarezza: ogni voto conta. La certezza è che domenica c'è il ballottaggio e lì ripartiamo zero a zero. Sarà un grande derby tra usato sicuro e innovazione. Ci sono 250 mila voti di differenza, una distanza assolutamente colmabile».Ostenta sicurezza anche il rivale Bersani: «Nell’insieme - commenta - è un risultato che per me è assai incoraggiante, guardo con fiducia all’appuntamento di domenica».Decisivi potrebbero rivelarsi i sostenitori di Vendola, il quale però conferma che non sosterrà Renzi e avverte: se Bersani vuole il sostegno di Sel, dovrà convincere gli oltre 480 mila elettori che hanno votato me.«Do per assodato che Vendola scelga Bersani, non ho dubbi su questo. Ora - rilancia Matteo Renzi - bisogna andare a convincere i delusi del centrodestra, che possono essere coinvolti da noi. I dati sono tutti da leggere, siamo andati molto bene a Vicenza e perdiamo nettamente in Calabria. Ma quando fai i ballottaggi riparti da capo, è tutta una partita da vedere. Stiamo in una forchetta tra il 35 e il 39% dopo essere stati isolati dalla dirigenza del partito».Ma a proposito di un eventuale patto con Nichi Vendola, il segretario Pd precisa: «Non stiamo aprendo tavoli o tavolini ma è chiaro, nelle cose che dico, che ci sono evidenti punti di assonanza e convergenza, come sulla centralità del lavoro e la precarietà». Quanto alla certezza espressa da Berlusconi, di poterlo battere se tornasse a presentarsi alle elezioni, Pierluigi Bersani osserva: «Se la pensa così, che sia per lui una buona scelta, si presenti pure. Stavolta ce la vediamo. Questa volta non frega più gli italiani. L’ho voluto io il ballottaggio - ha aggiunto Bersani - e se tutto quello che stiamo facendo ci fa crescere in questo modo, raddoppiando l’interesse su di noi, io ne faccio sette di ballottaggi».In un tweet Beppe Grillo ha definito quelle del centrosinistra «primarie dei folli». E, numeri alla mano, mostra il calo progressivo dell’affluenza dal 2005 ad oggi: sette anni fa furono 4.311.149, nel 2007 3.554.169, nel 2009 3.102.709, quasi la stessa cifra di domenica. Ma nel 2007 e nel 2009 le primarie erano del solo Pd e non di coalizione. Altro che affluenza record.Una lettura delle primarie arriva dalla Lega per voce del segretario nazionale veneto, Flavio Tosi, che guarda al caso della città di cui è sindaco, Verona. «La maggior parte degli elettori del Pd veronese, scegliendo Renzi, ha votato per il cambiamento anche all'interno del Pd. Il risultato conferma che, al di là di quelle che erano le indicazioni del partito a livello locale che per la grandissima parte sosteneva Bersani, i cittadini scelgono in modo libero e indipendente».dalla "Padania" del 27.11.12