Un po' di noi...

Senato delle autonomie, i distinguo del Carroccio


Calderoli: se riforma vera, la voteremo. Zaia e Maroni: comprese le richieste delle Regioni, ma sulle competenze rischio neocentralismodi A. A.La Lega non chiude la porta alla riforma renziana del Senato. Tutt’altro. «Se la riforma è una riforma vera e non una finta, la Lega voterà la riforma - ha affermato il senatore Roberto Calderoli -. Se è seria, noi concorreremo con tutte le nostre capacità e credo che abbiamo una grossa esperienza alle spalle di questa materia».Favorevoli, pur con qualche distinguo, anche i Governatori della Lombardia e del Veneto. «Mi sta bene il Senato non elettivo, mi sta bene il Senato della autonomie, che è anche la proposta che avevamo fatto noi come Regioni. Quindi, complessivamente, il testo, salvo alcune modifiche migliorative, non è un brutto testo - ha detto Roberto Maroni -. Ho letto il testo uscito dal Consiglio dei ministri e ci sono alcune modifiche migliorative, per esempio è stato tolto il trasferimento a Roma della Protezione civile, cosa che mi preoccupava molto».Maroni precisa però che ci sono alcuni punti del testo presentato da Renzi che non trovano la sua approvazione. «C’è stato - spiega - un peggioramento della procedura che consente alle singole Regioni di ricevere e acquisire competenze che sono, invece, trasferite allo Stato. Mi riferisco al federalismo istituzionale, che richiede la maggioranza assoluta dei membri della Camera, e questo peggiora un po’ la prospettiva. Ma - conclude il Governatore lombardo - quasi tutte le richieste delle Regioni sono state comprese».Anche Luca Zaia giudica positivamente la riforma, ma sottolinea come si doveva dimezzare anche la Camera («Pure quella costa»). Il Governatore del Veneto si dice invece preoccupato della riforma del Titolo V: «Una tragedia per le Regioni».«Bene la cessazione di ben 350 poltrone di senatori - argomenta Zaia -. Ce ne saranno 148 che non saranno più stipendiati, sono i rappresentanti delle Regioni e dei Comuni. C’è da ricordare, però, che questa proposta l’aveva avanzata la Lega Nord, ancora anni fa, e che il relativo referendum ottenne la maggioranza di sì soltanto in Veneto e Lombardia. Allora non è stato compreso, oggi sì. Meglio tardi che mai. Mi spiace, tuttavia, che non si sia intervenuti anche sulla Camera, con il dimezzamento dei parlamentari; non ne servono 600. E per quanto riguarda i componenti del Senato, invito il governo o il Parlamento a riconsiderare la rappresentanza delle Regioni. Al Veneto spetterebbero sei senatori, come le Regioni più piccole. Ci vuole una modifica».Zaia liquida poi le 21 personalità previste nel Senato delle autonomie: «Non sappiamo che farcene, di saggi ne abbiamo avuti fin troppi». Mentre la riforma del Titolo V «ci mette in grave difficoltà, privando le Regioni di importanti competenze. Il governo ha dato avvio ad una forte regressione neocentralista, portando su Roma scelte fondamentali come quelle della sanità. Così non si fa promozione dell’autonomia».Critiche al testo di Renzi arrivano dall’assessore al Bilancio e agli Enti locali della Regione Veneto, Roberto Ciambetti: «Nel futuro Senato la nostra Regione avrà meno eletti del Trentino-Alto Adige e conterà gli stessi rappresentanti del Molise. Siamo al tramonto della democrazia». Per l’assessore regionale quella di Renzi «non è una riforma, ma una svolta reazionaria neo-peronista. Renzi toglie alle Regioni ogni forma di autonomia. E assurdamente Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, cioè le tre regioni che da sole tengono in piedi il bilancio statale, avranno meno rappresentanti di quelli nominati dal presidente della Repubblica. Un uomo solo, in altre parole, conterà più di oltre 18 milioni di cittadini». dalla "Padania" del 2.4.14