Un po' di noi...

Una legge disastrosa DA CANCELLARE il prima possibile


Fra le tante vittime le donne, i giovani e gli esodati. Spostare l’età pensionabile ha bloccato il naturale turn-over fra generazioni; senza contratti a termine, migliaia di posti in menodi A. A.Di tutti i (sedicenti) tecnici, ossia esperti, che si sono susseguiti negli ultimi governi, Elsa Fornero è stata certamente la peggiore. Durante il suo mandato di ministro del Lavoro per il governo Monti, l’economista di San Carlo Canavese non ne ha azzeccata una. In compenso, ha procurato danni colossali al Paese e creato dal nulla problemi inediti, destinati a trascinarsi per lungo tempo.Con i suoi modi altezzosi e accademici (nel senso snobistico del termine), la Fornero non ha mai saputo conquistarsi neppure un briciolo di simpatia, né fra i media né fra i cittadini. Mostrandosi ora impacciata, ora imbarazzata fino alle lacrime nell’annunciare i suoi provvedimenti, è apparsa il classico pesce fuor d’acqua. L’unico suo precedente amministrativo, del resto, era un mandato di consigliere comunale a Torino, negli anni Novanta. Insomma, era la classica sprovveduta, tutta studi e teoria, che qualunque persona di buonsenso si augura di non vedere mai issata per assenza di meriti sul ponte di comando. Figuriamoci di un settore delicato come quello dell’occupazione.Per rimettere a posto le cose dopo il suo passaggio al ministero del Lavoro ci vorranno anni. Prima tappa, il referendum promosso dalla Lega per cancellare la sua sciagurata riforma delle pensioni, che fra gli effetti indesiderati ha provocato il fenomeno degli esodati. Un macroscopico errore di calcolo ha gettato nelle pesti dall’oggi al domani ben 325 mila lavoratori con le relative famiglie, lasciate senza più un centesimo di reddito. Dopo aver smesso di lavorare in anticipo, come li aveva invitati a fare il governo, prima di poter ricevere la pensione aspetteranno anni. Di che cosa camperanno fino ad allora, non si sa. E di fronte a una simile prospettiva, più d’uno si è tolto la vita.Secondo i consulenti del lavoro, l’errore sugli esodati ci costerà 12 miliardi di euro. Ma quando l’Inps le ha presentato il conto, la Fornero, anziché fare ammenda (non parliamo neppure di rimediare, almeno in parte) è andata su tutte le furie e ha chiesto la testa di chi, quel conto, gliel’aveva presentato.Sono rimaste un ricordo indelebile le lacrime della ministra quando annunciò il pesante intervento sulle pensioni di anzianità, cancellate e sostituite da nuovi criteri che hanno sensibilmente spostato in avanti i termini minimi di età per accedervi. Ma l’innalzamento dell’età pensionabile, se da un lato ha reso più difficile l’uscita dal mondo del lavoro, dall’altro ha reso ancora più complicato accedervi. Com’era facilmente prevedibile, far lavorare più a lungo le persone già occupate ha bloccato il naturale turn-over che consente ai giovani di rimpiazzare quanti accedono alla pensione. Risultato: una disoccupazione giovanile da record, ormai vicina al 43%. E il combinato della riforma con la perdurante crisi economica non può che peggiorare ulteriormente le cose.La riforma Fornero delle pensioni inoltre danneggia le donne, dal momento che aumenta anche per loro l’età pensionabile, ma senza considerare il carico di lavoro familiare e sociale che da sempre le donne si assumono. Ancora, non affronta il tema dei lavori usuranti e fa ricadere i costi della crisi sui pensionati, in quanto categoria “quantificabile”.Non contenta, dopo aver tentato di tutto per stracciare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, la Fornero ha fatto il bis con la riforma del lavoro. Risultato: un brusco calo dei contratti a tempo determinato (-16,2 per cento), di apprendistato e inserimento (-14,5%), di quelli intermittenti e a progetto (-18,9%) e un tracollo del lavoro parasubordinato (-33,4%). Per contro, i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono aumentati nella misura dell’1,8%. In sostanza, la riforma ha bruciato migliaia di posti di lavoro.Anche in questo caso, non occorreva un genio per intuire che sostituire i contratti a termine con quelli “a vita” avrebbe spinto i datori di lavoro a non assumere più nessuno, o quasi. Come puntualmente avvenuto.dalla "Padania" del 20.5.14