Un po' di noi...

PINI: abbiamo ridato speranza, noi l’unica alternativa alla sinistra


Il vice capogruppo alla Camera della Lega Nord: «Il dialogo con le altre forze del centrodestra ora è più sereno, ma non siamo sposati o fidanzati con nessuno. Possiamo aspirare ad esprimere il candidato premier del futuro»di Andrea AccorsiOn. Pini, partiamo dall’analisi del voto di domenica scorsa nella sua regione, la Romagna. Com’è andata?«Considerando che anche geograficamente siamo il confine del Nord, la nostra è la regione in cui la Lega è cresciuta di più dopo la Liguria, che aveva come candidato Bruzzone che raccoglie tutti i voti dei cacciatori e ha ottenuto uno strepitoso risultato personale, per il quale gli faccio i complimenti - risponde Gianluca Pini, vice capogruppo alla Camera e Segretario nazionale della Lega Nord Romagna -. Siamo ancora distanti da Lombardia e Veneto, ma nella zona collinare delle tre province abbiamo l’8-9%, risultati confermati nelle Amministrative, dove si è scelto di presentare liste civiche ispirate dalla Lega, che hanno preso pochi voti in meno di quelle ispirate dall’ex Pdl. I segnali positivi ci sono. Quello che ci serviva era dare un segnale di speranza all’interno del centrodestra in crisi. E il segnale è arrivato dalla Lega».In quale misura queste elezioni sono state un punto di svolta?«Dopo un anno e mezzo di stallo in cui dovevamo stare molto attenti a mantenere le posizioni sul territorio, mantenendo in vita certe sezioni e senza poterne svilupparne di nuove, la prossima settimana l’avrò tutta impegnata in cene e incontri per aprire nuove sezioni dove non ne abbiamo mai avute. Personalmente sono moderatamente soddisfatto: mi aspettavo un punticino in più, anziché i 3-4 che sono arrivati. Al di là del risultato elettorale, ritengo assolutamente importante che ci sia stato un segnale positivo dalla gente, un segnale di attenzione verso la credibilità del Movimento che avevamo perso, e sappiamo bene i motivi. Se sapremo gestirlo bene, potrà essere un trampolino di lancio incredibile per le Regionali del prossimo anno».Quanto ha contribuito la Romagna, per contro, all’exploit di Renzi?«Purtroppo tantissimo. Un risultato che qui è da sempre per metà politico e per metà legato a tutta una serie di interessi economici. Inutile nascondersi dietro un dito: il sistema delle cooperative ha un suo peso per l’elettorato d’area che non può essere disconosciuto. Un terzo abbondante del sistema economico della Romagna è legato al mondo cooperativo e per noi è come partire con un handicap del 30%. Nessuno si meraviglia se il Pd prende il 65-67% in certi comuni dove l’indotto del sistema cooperativo è piu del 50% della forza lavoro».Come procede nel suo territorio la raccolta delle firme per i referendum promossi dalla Lega?«A parte la prima gazebata con migliaia di firme, la raccolta è proseguita molto lentamente, con una accelerazione fortissima negli ultimi dieci giorni, coincisa con il rinnovato atteggiamento positivo nei nostri confronti. Tant’è che ogni volta che giravamo nei comuni ci dicevano di portare altri moduli perché li avevano finiti: in alcuni siamo passati a portarli 4-5 volte. Contiamo di arrivare all’obiettivo».Spostando l’attenzione alla scena politica nazionale, come legge i dati delle Europee?«La campagna elettorale improntata, come ha fatto Salvini, a temi di respiro nazionale e non esclusivamente padano, ha pagato in termini di aumento dei voti più in realtà storicamente difficili che in quelle più consolidate. Unica eccezione il Veneto, dove al Lega è cresciuta tantissimo con l’exploit della candidatura di Tosi. Negli altri territori, nelle tradizionali roccaforti c’è stata una sostanziale tenuta o un leggero aumento, mentre più si scende e più l’incremento è sensibile, con fattore di moltiplicazione pari a 2 o 3 come in Marche e Toscana. È la rappresentazione plastica del fatto che temi come la sicurezza, l’immigrazione, il no euro hanno fatto presa su un elettorato che non era solo nostro e in zone non a noi amiche. Ora si tratta di capire se questo atteggiamento va tenuto in conto anche per il futuro sul piano nazionale, ma qui le scelte dobbiamo ancora farle».Quale ritiene possa essere il ruolo della Lega nella costituzione di un nuovo centrodestra?«È chiaro che adesso il dialogo con Forza Italia, con la Meloni, con vattelapesca non significa per forza di cose che siamo sposati o fidanzati con qualcuno di loro. Parliamo più di prima e in maniera più serena. Abbiamo dimostrato di essere l’unica forza alternativa alla sinistra in salute. E possiamo anche aspirare ad esprimere quello che nel 2016 o nel 2018 sarà il candidato premier di questo schieramento».Alla luce dei risultati elettorali, ci avviamo ad un “ventennio renziano”?«No, perché lui vive sulle promesse. Ma mentre quelle fatte durante il ventennio dc della spesa pubblica, o quello berlusconiano pre crisi, potevano in qualche modo trasformarsi, anche se solo in parte, in risultati concreti o nel benessere per la gente, in un momento di crisi profonda non solo economica ma anche produttiva hai voglia a sparare cazzate. Lui sicuramente si renderà conto presto, ma forse lo sa già, di averle sparate troppo grosse, ma per rimanere in sella ha l’arma delle riforme, che non farà partire nei tempi che ha detto: della riforma al mese, nei primi cinque mesi ancora non se n’è vista una. E quando la gente se ne accorge, lui ne rincorre una più grossa. Nel semestre di presidenza italiana della Ue non succederà nulla e dopo inizieranno le grane, ma farà partire le riforme che comportano tempi lunghi, 18-24 mesi, e così arriverà a ridosso del 2017. Solo che a quel punto tutta la panna montata renziana sarà diventata acida. Di ventennio, comunque, faccio fatica a parlare: senza lavoro, imprese, benessere e soldi, la gente si incazzerà molto prima».dalla Padania del 31.5.14