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Leggi, tasse, multe: ecco chi comanda davvero in Italia


Il Paese è in mano ad una casta di “mandarini” intoccabili, che rovinano la vita a cittadini e imprese. Un libro ne svela il potere e le malefattedi Andrea AccorsiDal ristoratore multato per aver servito troppi spaghetti alle 118 procedure da compilare se si vuole aprire un’attività da estetista. Ma c’è anche la tassa sull’ombra, per le tende dei negozi. L’intrico di tasse, leggi e regolamenti non ha paragoni in Europa e va a tutto vantaggio di una casta nascosta: quella dei “mandarini”, ovvero di chi comanda in Enti e uffici pubblici. Il giornalista Paolo Bracalini ci guida in questo Paese da buttare in La Repubblica dei mandarini. Viaggio nell’Italia della burocrazia, delle tasse e delle leggi inutili (Marsilio, pp. 199) attraverso storie vere e testimonianze tratti dalle cronache.Bracalini, com’è nata l’idea di questo libro?«Mentre ero in coda per pagare la tassa sui rifiuti, a Roma. Una mattina di lavoro persa, per pagare una tassa che dovrebbe garantire strade pulite, mentre la città è invasa dalla spazzatura, quindi un obolo a cui non corrisponde alcun servizio. Un’estorsione legale. Ma non solo: fino all’ultimo non si sapeva neppure quanto si dovesse pagare, e la gente ha dovuto chiedere aiuto a commercialisti o ai Caf, anche lì pagando. Quindi spremuti e mazziati due volte, da veri sudditi. Lo Stato italiano chiede ma non dà, e quando deve pagare ci mette anni, sempre che lo faccia, portando al fallimento centinaia di imprese. Da lì sono partito per indagare tutti gli aspetti di questo rapporto tra Stato parassita italico e contribuenti trattati come sudditi».Qual è il caso più disarmante che hai scoperto?«Tanti. Intanto il sistema di premi e benefit per i funzionari dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia. Più soldi spremono con le cartelle esattoriali e più premi a fine anno ricevono. Equitalia, in un documento interno che pubblico, parla addirittura di “business”. Business? Ma se c’è gente che va in rovina per quelle cartelle! Tra l’altro molto spesso sbagliate: basta vedere le percentuali dei contenziosi tributari. Ma oltre ad indagare su come funziona il fisco italiano, racconto le follie a cui è sottoposto soprattutto chi ha un’attività, gli imprenditori medio piccoli. Trattati come evasori fino a prova contraria. Lo sa che chi esporta un prodotto deve dichiarare che la merce non contiene peli di gatto, cane e persino di foca? E mille altri oboli e adempimenti burocratici, che racconto e che soffocano chi lavora. Al posto dell’Agenzia delle entrate servirebbe un’agenzia delle Uscite, per capire che fine fanno i miliardi delle tasse che paghiamo, specie al Nord, dove l’evasione è la metà che al Sud».Quanto peso la burocrazia sul “sistema Italia”, in termini economici e non solo?«In termini assoluti parliamo di 31 miliardi di euro l’anno in oneri burocratici. Ma il danno del mostro burocratico è ancora più alto, perché moltiplica il tempo per portare a termine i progetti, una vera palla al piede. Caprotti, patron di Esselunga, racconta che per aprire un punto vendita ci vogliono mediamente da 8 a 14 anni, sempre che uno nel frattempo non impazzisca. Un altro grande imprenditore ha aperto uno stabilimento a Chicago in 11 mesi, in Italia ci aveva messo 7 anni. È rimasto choccato perché le autorità locali lo hanno subito contattato non per tormentarlo con le scartoffie, ma per chiedergli: come possiamo aiutarla? Lo Stato parassitario italiano invece spolpa i cittadini, con una pressione fiscale senza paragoni, per mantenere se stesso e l’apparato di mandarini, burocrati e dipendenti pubblici. Che non sono, come raccontano i sindacati, “in linea con l’Europa”, ma molti di più, come dimostro numeri alla mano».Ci sono ancora tante leggi inutili dopo la “cura Calderoli”, che nel 2010 ne tagliò decine di migliaia?«Siamo ancora il Paese europeo con il numero di leggi più alto, circa 40 mila, il quadruplo di Germania e Francia. Nel libro ne racconto parecchie incredibili. Come la legge che vieta l’attività di ciarlatano, ancora in vigore... Più leggi ci sono, e più potere hanno i burocrati pubblici. E poi, agli alti livelli, i mandarini dei ministeri e delle alte sfere bloccano ogni cambiamento dello status quo, che a loro va benissimo. Mi sono fatto raccontare da alcuni ex ministri chi ha il potere vero dentro i ministeri: non sono i ministri ma i capi dipartimento, i consiglieri legislativi, i mandarini insomma, che a differenza dei politici che vanno e vengono, sono sempre lì e fanno squadra tra di loro».Come si esce da questa situazione? Con le riforme annunciate dal trionfatore delle elezioni di domenica, ovvero Matteo Renzi?«Renzi ha riproposto una battaglia che era stata del centrodestra, la lotta alla burocrazia, la semplificazione della macchina pubblica, e anche contro l’improduttività della Pubblica amministrazione, dove spesso quattro impiegati fanno il lavoro di uno. Il centrodestra subì la guerra dei sindacati e fu accusato di trattare i dipendenti pubblici come fannulloni. Al centrodestra in Italia non si perdona nulla, magari al leader della sinistra sì, lui ha promesso che userà la ruspa. Contro di lui useranno l’arma bianca invece del cannone, ma gli faranno comunque la guerra».Ma come si fa, in definitiva, a (soprav)vivere in un Paese come quello che descrivi?«Dopo questo viaggio nella guerra tra chi lavora e lo Stato che si prende il 70% minimo di quello che uno produce, sono convinto che chi riesce a mandare avanti un’impresa, un negozio, una partita Iva, sia una specie di eroe. Nei Paesi avanzati lo Stato è al servizio dei cittadini, qui in Italia siamo noi al servizio dello Stato, che sembra faccia di tutto per prenderti quel che può e farti chiudere. La guerra per un sistema fiscale giusto e non di rapina, e per spazzare via la bizantina burocrazia italiana è la strada inevitabile per ridare ossigeno ad una società che vive nell’asfissia di uno Stato parassita e predatore. Se non si riesce l’unica strada resterà quella che già seguono molti: la strada che porta in Svizzera, Austria, Slovenia... Via dalla Repubblica dei mandarini italica».dalla Padania del 28.5.14