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Studio della Cgil: occupato meno di un cittadino su due, peggio di noi in Europa solo la Grecia. Record di inattivi. E il governo continua a fallire gli obiettividi A. A.Meno di un italiano su due in età da lavoro ha un impiego. Il nostro Paese ha un tasso di occupazione del 48,7 per cento, superiore solo a quello della Grecia, dove però il tasso di disoccupazione supera il 25%, e si colloca al penultimo posto nell’Eurozona. Lo rileva uno studio dell’Associazione Bruno Trentin della Cgil, realizzato elaborando i dati Istat tratti dalla rilevazione continua sulle forze di lavoro.Nello studio si evidenzia l’anomalia dell’Italia, in cui a un tasso di disoccupazione sostanzialmente in linea con la media europea (12,2% in Italia e 11,9% nell’Eurozona a 18, secondo i dati del 2013) corrisponde un tasso di occupazione di quasi 8 punti inferiore rispetto alla media europea (48,7% contro il 56,2% nell’Eurozona a 18). L’anomalia, osserva Abt Cgil, appare ancora più chiara osservando i dati di alcuni dei Paesi europei più colpiti dalla crisi, come Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda, dove il tasso di disoccupazione registrato lo scorso anno è superiore al nostro, ma anche il tasso di occupazione (con la sola eccezione della Grecia) è più alto di quello italiano. Questa anomalia è spiegata dallo studio con l’altissima percentuale di popolazione inattiva, che supera il 44% a fronte di una media europea del 36%. In Italia, infatti, 20 milioni di persone (tra i 15 e i 74 anni) si trovano in condizioni molto diverse e comprendono studenti, pensionati, casalinghe o quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare. Fra queste, però, quelle inattive che vorrebbero lavorare sono oltre 3,2 milioni.Le prospettive, purtroppo, restano negative. L’annunciata crescita non c’è e il quadro che si va delineando è l’opposto di quello atteso dal governo, con un Pil che quest’anno si avvicinerà più allo zero che all’1%. I calcoli verranno fatti dopo il 6 agosto, quanto l’Istat diffonderà il dato sull’andamento del Pil nel secondo trimestre. Un Pil più basso determinerà un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, con un deficit, ora previsto al 2,6% del Pil, più vicino al 3%, limite invalicabile secondo le regole europee.Il debito pubblico salirà oltre il 134,9% del Pil e se nel 2015 non verrà ridotto, l’Italia rischierà l’apertura di una procedura europea per debito eccessivo.Problemi ci saranno anche sul fronte del cosiddetto “pareggio strutturale di bilancio”, che l’Italia prevede di conseguire nel 2016 ma che la stagnazione del Pil metterà a rischio.Nonostante Matteo Renzi non perda occasione per mettergli fretta, il governo è in ritardo rispetto ai propri obiettivi. Come ricordato dal Corriere della Sera, tardano fra gli altri gli effetti sui consumi del bonus da 80 euro, finora impalpabili. Mentre se si dovessero rispettare gli impegni di spending review per il 2015 (17 miliardi di tagli) e per il 2016 (32 miliardi), il Def stima un impatto negativo sulla crescita dello 0,2% l’anno prossimo e dello 0,3% quello successivo. Effetti che dovrebbero essere più che compensati, nei piani del governo, dal decollo dei consumi dovuto alla stabilizzazione del bonus e dalla ripresa dell’occupazione. Fattori che ad oggi risultano miraggi.dalla "Padania" del 29.7.14