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FALLIMENTO ITALIA In 3 mesi ko 4 mila imprese, più colpito il Mezzogiorno


Tra aprile e giugno procedure aumentate del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Fra le cause tasse, burocrazia, crollo dei consumi e credit crunchdi A. A.Nuova impennata dei fallimenti. Tra aprile e giugno, più di quattromila imprese hanno aperto una procedura fallimentare, segnando un incremento del 14,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013. È quanto emerge dai dati trimestrali diffusi dal Cerved, che evidenziano come la crescita a doppia cifra porta i default oltre quota ottomila se si considera l’intero semestre, +10,5% rispetto al livello già elevato dell’anno precedente e record assoluto dall’inizio della serie storica, risalente al 2001.«Stiamo vivendo una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved -. La nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto del credit crunch e di una domanda da troppo tempo stagnante».L’incremento più sostenuto si osserva fra le società di capitale, la forma giuridica in cui si concentrano i tre quarti dei casi, che superano nel primo semestre quota seimila. L’analisi condotta da Cerved mostra come i fallimenti riguardano tutta la Penisola.«I tassi di crescita - prosegue De Bernardis - sono ovunque a doppia cifra ad eccezione del Nord-Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso. In crescita del 14% rispetto al primo semestre 2013 i fallimenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord-Ovest e del 10,4% nel Centro».A livello settoriale, la maglia nera spetta ai servizi, con un aumento del 15,7%, in netta accelerazione rispetto al primo semestre del 2013. Continuano, anche se con ritmi più lenti, le procedure nelle costruzioni e nella manifattura: i fallimenti di imprese edili crescono nei primi sei mesi del 2014 dell’8,2%, mentre per le imprese manifatturiere l’aumento è del 4,5%.Per Confcommercio i dati sui fallimenti «confermano che la crisi continua a dispiegare i suoi effetti, costringendo molte imprese, che finora hanno resistito, a chiudere. Tutti i territori e tutti i settori continuano ad attraversare una crisi senza precedenti che sta destrutturando il nostro sistema produttivo, pregiudicando anche le fragili prospettive di una ripresa che comunque arriverà solo nel 2015». È dunque «evidente che le imprese, per il perdurare della stagnazione dei consumi, per una pressione fiscale che non accenna a diminuire, per l’impossibilità di far fronte ai fabbisogni finanziari, come alla scarsa offerta del credito, e per il calo di fiducia, fronteggiano un quadro economico ancora di crisi strutturale».Tasse, burocrazia, credit crunch e crollo dei consumi interni sono le cause che hanno messo in affanno l’artigianato anche per il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi. Secondo i dati dell’Ufficio studi della Cgia, tra il 2008 e il 2013 il costo dell’energia elettrica è aumentato del 21,3%, quello del gasolio del 23,3, mentre la Pubblica amministrazione ha allungato i tempi di pagamento di 35 giorni. Gli artigiani vivono dei consumi delle famiglie: dal 2008 al 2013 la contrazione di questi ultimi è stata fortissima, -6,6%. Sul fronte del credito la situazione è altrettanto preoccupante: in sei anni di crisi gli impieghi bancari alle imprese con meno di venti addetti sono diminuiti del 10%.dalla "Padania" del 24.9.14