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EBOLA, l’esperto: sistema sanitario pronto per ogni emergenza


Per il presidente della Federazione collegi infermieri, Frisone, «i rischi sono legati solo agli operatori sanitari. Se un immigrato avesse contratto il virus, avrebbe i primi sintomi già all’arrivo in Italia»di A. A.«Se ci sono rischi in Italia, sono legati esclusivamente agli operatori sanitari. E rimane ben saldo il cordone messo in piedi dalle strutture ospedaliere per controllare tutte le possibili fonti di infezione». Enrico Frisone, presidente della Federazione nazionale collegi infermieri Ipavsi, rassicura circa un possibile contagio del virus Ebola nel nostro Paese. «Come in Spagna, può capitare l’errore di un operatore o, ahimè, un difetto nella catena di controllo. Il risk management è una coincidenza di più fattori. Rimarrei prudentemente tranquillo per quanto riguarda la popolazione, perché da giorni si stanno attivando percorsi incrociati tra operatori del territorio, soprattutto in Lombardia, e le strutture ospedaliere specialistiche, come il Sacco di Milano e il San Matteo di Pavia, attrezzate per isolare immediatamente qualsiasi caso sospetto conclamato».Insomma, il sistema è pronto per far fronte a qualsiasi emergenza. Ebola compresa. «È lo stesso cordone messo in piedi con l’aviaria e la Bse», rileva Frisone. Che plaude alle misure prese negli Usa: «Aver ristretto i confini negli aeroporti ci dà più sicurezza. Ma, ripeto, non sono i cittadini che portano il virus, né sono loro i più colpiti». Per quanto riguarda il personale infermieristico, «stiamo predisponendo anche protocolli per l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Di più non possiamo, e non dobbiamo fare. Se no, è una fobia».Il presidente dei collegi di infermieri ostenta sicurezza anche per gli sbarchi in massa dei clandestini: «Arrivano in nave, impiegano almeno tre giorni, se avessero contratto il virus mostrerebbero i primi sintomi già all’arrivo. Ho parlato con colleghi dei centri di accoglienza e so che sono molto attenti a individuare questi sintomi». Se l’Ebola si sta tanto diffondendo in Africa, è anche perché operatori sanitari e soggetti a rischio non possono essere facilmente controllati e isolati, come da noi. I veri problemi, per Frisone, sono altri. «La tubercolosi, che impiega settimane a manifestarsi, e magari quelli che fanno il test poi fuggono dai centri. L’Ebola è brutta, feroce, molto aggressiva, ma entro 72 ore si conclama. Rischiamo di più anche su patologie come la meningite, la scabbia e... l’influenza: c’è un notevole calo di vaccinazioni, soprattutto fra gli anziani».dalla "Padania" del 10.10.14