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Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

I NOSTRI LIBRI

- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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I LIBRI DI DANIELA

- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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Messaggi di Marzo 2013

Fitch manda l’Italia in serie BBB+: declassata e con previsioni nere

Post n°1406 pubblicato il 09 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

L’agenzia internazionale taglia il rating dell’Italia di un livello: «Colpa dell’esito non decisivo delle elezioni politiche e di una recessione fra le più profonde in Europa»

di Andrea Accorsi

 

Nuova batosta sui conti del Paese lasciati in eredità dal governo dei “tecnici”. L’agenzia Fitch ha annunciato di aver abbassato a BBB+ il rating sul debito sovrano dell’Italia.
La scelta, si legge in una nota dell’agenzia internazionale di valutazione del credito e rating, è motivata da una serie di fattori non solo economici. A cominciare dall’esito «non decisivo» delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. Poi, concorrono a questo ribasso della nostra affidabilità finanziaria i dati del quarto trimestre 2012 «che confermano come quella italiana sia una delle recessioni più profonde in Europa», uniti alla considerazione che nel 2013 il rapporto tra debito e Prodotto interno lordo potrebbe toccare il 130 per cento (rispetto alla stima precedente del 125%). E, ancora, il fatto che un «governo debole potrebbe essere più lento e meno capace di rispondere agli choc economici interni o internazionali».
Nonostante il taglio di un livello, da A- a BBB+, Fitch sottolinea come il rating dell’Italia rimane a livello di investimento, dal momento che l’economia nazionale resta «relativamente ricca, diversificata e con alto valore aggiunto, con un livello moderato di indebitamento del settore privato». Inoltre, ricorda l’agenzia, «l’Italia ha compiuto progressi concreti negli ultimi due anni grazie al consolidamento fiscale» mentre le misure già adottate «dovrebbero essere sufficienti a ridurre ulteriormente il deficit di bilancio 2013».
Inoltre Fitch evidenza come punti di forza i ridotti rischi legati al settore bancario e il sistema pensionistico «sostenibile», oltre alla «flessibilità e resistenza» mostrata dal debito sovrano italiano.
Nella nota in cui Fitch annuncia il declassamento dell’Italia, l’agenzia di rating ha infine stimato una contrazione del Pil per l’Italia dell’1,8% e il rapporto deficit/Pil al 2,5% nel 2013.

 

dalla Padania del 9.3.13

 

 
 
 

Pmi lombarde in campo per la MACROREGIONE «Via le tasse, più credito e una voce sola in Europa»

Post n°1405 pubblicato il 08 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Paolo Galassi, presidente di Confapi Industria: «Il Nord è il secondo produttore manifatturiero del continente. Ma se in Veneto e in Lombardia ci sono aziende che vogliono andare in Austria e in Slovenia, c’è qualcosa che non va anche a livello europeo. Da giovane ero europeista, oggi a guardare l’Europa mi viene voglia di morire»

di Andrea Accorsi

 

Presidente Galassi, che cosa si aspetta dall’elezione di Maroni, che lei aveva incontrato in campagna elettorale, a governatore della Lombardia?

«Che recuperi per il territorio il 75% delle tasse e lo investa tagliando le tasse, a cominciare dall’Iva. Tutti parlano, ma non aggiustano mai. L’importante è che Maroni agisca, come ha dimostrato di saper fare da ministro. Per noi la sua elezione è un segnale positivo. Anche gli imprenditori non leghisti la pensano come lui. I segnali forti che ha lanciato in campagna elettorale lo hanno avvantaggiato al di là della sua appartenenza politica. Speriamo che si ripeta come buon amministratore».

Qual è l’attuale situazione delle piccole e medie imprese lombarde?

«Ho 56 anni, sono entrato in Confapi a 26 e so che la Lega è sempre stata molto vicina alle piccole e medie imprese. Rappresentiamo la metà dell’economia lombarda. Il nostro mondo è manifatturiero, lavora e garantisce occupazione. La media delle nostre tremila aziende associate è di 18-20 dipendenti. Chi fa reddito oggi? Chi fa il manifatturiero? Le regioni del Nord. La Macroregione del Nord è il secondo produttore manifatturiero europeo (il primo è la Germania, nda). Il governo italiano, ma anche l’Europa devono investire dove siamo più forti: ci devono dare dei vantaggi, come è giusto che al Sud li dia al turismo, al commercio, ai beni artistici, all’agricoltura».

Perché tira in ballo anche l’Europa?

«Se in Veneto ci sono aziende che vogliono andare in Carinzia, dove hanno leggi particolari che lo rendono conveniente, e quelle lombarde sono attratte dalla Svizzera, c’è qualcosa che non va anche a livello europeo. La Svizzera può fare le leggi che vuole, ma gli altri Paesi sono nella Ue, o sbaglio? Non stiamo parlando più di Romania, Bosnia o Cina, ma dell’Austria, della Slovenia, della Polonia... A Maroni e a chi rappresenterà la Macroregione del Nord chiederei una spinta in più a questa Europa, che così com’è non va bene. Da giovane ero europeista, oggi a guardarla mi viene voglia di suicidarmi».

Quale ruolo può giocare in questa partita la Macroregione?

«Bisognerà che sia un passaggio per affermare che non l’Italia, ma solo la Macroregione del Nord è il secondo produttore manifatturiero europeo. E agire finalmente di conseguenza».

A partire da che cosa?

«Innanzitutto, trattenere più tasse in Lombardia e nelle altre Regioni, levare l’Irap o ridurre le tasse regionali. In Italia c’è una falsità assoluta: al dipendente diciamo il netto e il lordo che paghiamo per lui, ma non il costo che rappresenta per l’azienda. La tassazione reale non è al 42%, come dicono, ma al 65-67% perché alle tasse nazionali si devono aggiungere quelle regionali e comunali. È fondamentale ridurre le tasse».

Che cos’altro diverrà possibile secondo lei grazie alla Macroregione?

«Che non succeda più che ciascuna Regione va in Europa e parla per sé. Bisogna andarci con un progetto unico. Nominiamo un solo rappresentante che porti avanti un piano comune per tutte le Regioni».

Quali altri benefici pratici vi attendete per il comparto economico e, più in generale, per l’intero territorio?

«L’imprenditore il suo dono ce l’ha: la capacità di fare qualcosa, siano vestiti o aerei. Le difficoltà che incontra sono tre: le tasse, la burocrazia e il sistema finanziario, a partire dalle banche. Per la burocrazia, occorre cambiare mille leggi a Roma: ci penseremo dopo. La prima cosa è rivedere la tassazione, la seconda i finanziamenti».

Altro punto dolente...

«L’accesso al credito è una cosa allucinante. Con Maroni in Lombardia, si sbloccherà qualcosa anche da Finlombarda. Ma rivedere il sistema fiscale non è solo un problema italiano, è europeo. Maroni deve fare il suo pezzo: far sì che rimangano qui i soldi da noi versati. Togliere l’Irap significa creare occupazione: non capisco perché queste cose non le fa la sinistra».

Quali lamenti raccoglie fra i suoi associati?

«Gli imprenditori mi chiedono: se l’Europa dà denaro all’1% di interesse, perché le banche lo danno al 7-8%? E poi: perché le imprese continuano a fallire e le banche no? Ho a che fare con gente particolare, che si alza la mattina presto, va a lavorare, ci sta fino alle dieci di sera, gira il mondo, come dipendenti ha amici, parenti o gente dello stesso paese. Da noi mettere la gente in cassa integrazione è un problema».

Perché?

«È un problema strutturale e culturale. Negli ultimi due mesi hanno chiesto la “cassa” cento nostre imprese. Ma come facciamo a dare garanzie alla società, se neanche in un’azienda di 15 dipendenti è chiaro che cosa succederà e l’unico strumento di salvezza è la cassa integrazione? Che poi sono soldi versati da noi imprenditori, e che diamo ai nostri dipendenti per dare l’illusione che l’economia va avanti lo stesso... Insomma, è un bello strumento sociale e di garanzia. Ma se non ci attacchiamo a un futuro di sviluppo, prima o poi finiranno anche quei soldi. Senza sviluppo non possiamo garantire nulla, né alle imprese né ai lavoratori. Ripeto: perché la sinistra non fa questi discorsi?».

Ha ancora fiducia nella politica?

«Queste cose le diciamo da dieci anni, vorrei vedere qualche risultato. I miei associati mi sgridano perché non li vedono, e io sono stufo di non ottenerli, ma anche di essere ripreso da quelli che io tutelo. Alla politica non guardo più il colore, chiedo il risultato. Maroni sappia che non è solo, saremo al suo fianco».

dalla Padania dell'8.3.13

 

 

 
 
 

ZAIA «Mai situazione più favorevole per imporre a Roma la Macroregione»

Post n°1404 pubblicato il 07 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Il Governatore del Veneto: blocco del Nord pronto a coalizzarsi per recuperare risorse e competenze che gli sono state scippate

di Andrea Accorsi

 

Governatore Zaia, quali prospettive si aprono per la Macroregione del Nord dopo la vittoria di Maroni in Lombardia?

«Se avessimo dovuto farlo, non avremmo potuto disegnare per noi una situazione più propizia di questa».

Ma che cosa sarà in concreto la Macroregione?

«Un blocco del Nord, che per la prima volta nella storia si coalizza sul piano istituzionale e politico contro Roma. E oggi Roma è debolissima».

Sul piano istituzionale sono previste nuove strutture oltre a quelle già esistenti?

«Siamo assolutamente contrari a sovrastrutture. Piuttosto, crediamo nella condivisione di percorsi in comune con l’unico obbiettivo di portare risultati per il nostro popolo».

Quale sarà il primo passo?

«Penso che la prima sfida sia condividere strategie comuni. Veneti, Lombardi, Piemontesi e Friulani hanno sicuramente cose in sospeso con Roma che debbono essere chiarite quanto prima. A cominciare da competenze che ci sono state letteralmente scippate, e dalla rapina quotidiana che Roma perpetua nei nostri territori».

Quale rapina?

«Applicando a tutta Italia i costi della Pubblica amministrazione nella Macroregione, ci sarebbe un risparmio di oltre 30 miliardi di euro all’anno, che equivalgono a più di un terzo degli interessi sul debito pubblico. Tutte risorse che potrebbero essere tolte dal grande mare degli sprechi. Secondo dati del ministero della Salute, da noi una siringa costa 6 centesimi e al Sud 25, al Nord un pasto in ospedale 6,5 euro mentre in alcune località del Sud arriva sopra i 60. Tutti i soldi risparmiati verranno dirottati sul grande progetto della promozione dell’economia, riducendo la pressione fiscale e creando nuova occupazione».

Il Veneto, in particolare, che cosa si aspetta dalla Macroregione?

«La sfida per noi Veneti è dare risposte a un’economia che è in asfissia, con 162 mila disoccupati, un ragazzo su quattro sotto i 30 anni senza lavoro e due precari. È una situazione che paghiamo doppiamente, in quanto l’Italia delle due velocità è un’Italia che si trascina con i suoi sprechi nell’oblio e ci butta letteralmente fuori dal mercato».

La soluzione sarà la nuova Macroregione?

«È fondamentale innanzitutto ricordare che questa scelta è assolutamente innovativa, perché rispondente a quella che sarà l’Europa del futuro. Che non saranno gli Stati uniti d’Europa, ma sarà l’Europa del modello svizzero dei Cantoni».

Con quali aree europee si confronterà la Macroregione del Nord?

«Siamo un’area che guarda con molta attenzione alla Mitteleuropa, alla Baviera, a tutti quei territori che ci sono vicini, amici e simili per indicatori sociali, economici e culturali».

Intanto la politica nazionale è al palo...

«Roma rischia di diventare una città di fantasmi, come quelle città del Far West dei film, dove arriva il cowboy che difende i deboli dai soprusi dei forti e trova tutto disabitato; però quel cowboy sa che, dentro quei palazzi, i cattivi sono ancora lì. Quindi bisogna continuare a tenere alta la guardia. La terza repubblica ha rieditato la prima: questo è il dato politico».

Ritiene fondata l’ipotesi di un governo pro tempore per riscrivere la legge elettorale e tornare alle urne dopo l’estate?

«Quando si va a chiedere il consenso ai cittadini e questi te lo danno per fare, non si fa un governo balneare ma si governa, punto e basta».

Quale ruolo avrà il Movimento 5 stelle?

«Grillo non andrà mai al governo, perché qualora fosse costretto a farlo dovrebbe, da un lato, confrontarsi con un modello democratico che lo obbligherebbe a fare accordi con qualcuno, dall’altro dovrebbe passare dai proclami alla realtà. Trovo dappertutto disoccupati convinti che l’assegno di cittadinanza sia già una realtà, il che è tutto dire. Anche nel M5s ci sono tante persone perbene, ma penso che la loro qualità di persone perbene sarà messa a dura prova in questo passaggio dalla protesta alla proposta».

Per qualcuno i grillini saranno un fuoco di paglia. Ma dicevano lo stesso della Lega vent’anni fa...

«Una cosa è certa: ogni fenomeno della piazza non è transitorio, ma è lo specchio di una politica che non ha risolto i problemi. Il parallelismo con la Lega è vero fino a un certo punto, perché la Lega è nata e si pone come partito del territorio, mentre quello di Grillo è nazionale».

Maroni ha annunciato la convocazione di un congresso per eleggere il nuovo segretario federale del Carroccio. Si candiderà?

«Non ci penso nemmeno».

dalla "Padania" del 6.3.13

 

 

 
 
 

Grillo “candida” Passera «Destra e sinistra di nuovo alleate con lui»

Post n°1403 pubblicato il 05 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Il leader del M5S interviene alla prima riunione a Roma con i neo parlamentari del Movimento e scherza: «Ora diamo la fiducia a Bersani...»

di Andrea Accorsi

 

«Destra e sinistra erano già alleati prima con Monti. Lo saranno ancora con un altro presidente del Consiglio: Corrado Passera». Ne è convinto Beppe Grillo secondo il quale il Professore «ha toccato i risparmi di famiglie che ora non possono andare avanti perché non hanno soldi. Come può essere questo il bene dell’Italia e, quindi, anche il bene dell’Europa? Io sono a favore che l’Italia si ricompri il proprio debito estero da Paesi come Francia e Germania e negozi nuovamente il tasso d’interesse. In realtà - ha pronosticato in una intervista pubblicata in esclusiva sul sito di Wired Italia e sulla versione iPad del numero di marzo del mensile - l’Italia è già fallita. Fra un anno non avremo i soldi per pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici. C’è poco da salvare».
In un’altra intervista alla stampa estera (il New York Times, il leader del M5s ha detto di ritenere «inammissibile» garantire la stabilità ad un futuro governo: «Sarebbe come se Napoleone facesse un accordo con Wellington», ha argomentato. Nell’intervista Grillo ha indicato come proprio obiettivo quello di spazzare via un sistema che «ha disintegrato il Paese» e costruire «qualcosa di nuovo» in vista di una democrazia partecipativa: «Nelle mani di gente rispettabile possiamo cambiare tutto - ha aggiunto - ma la classe politica attuale va espulsa immediatamente».
In un passaggio dell’intervista, Grillo minimizza i presunti rischi legati alle reazioni dei mercati finanziari all’affermazione del Movimento. Anzi, i mercati reagiranno positivamente «se lavoriamo in modo trasparente e sereno, se siamo onesti, aboliamo il conflitto di interessi, approviamo leggi contro la criminalità e se appoggiamo la piccola e media impresa e trasformiamo l’Italia in una comunità». E sotto questo profilo, Grillo parla di obiettivi legislativi da individuare entro maggio. Fra le misure indicate per individuare i risparmi da destinare al salario di cittadinanza, nell’intervista si parla di tagli agli sprechi, alla corruzione, ai costi della politica, di ritiro delle truppe dall’Afghanistan, oltre a un tetto alle pensioni fissato a 5 mila euro mensili.
Al suo arrivo alla prima riunione con i parlamentari 5 stelle all’Hotel Universo di Roma Grillo, affiancato da Gianroberto Casaleggio, ha accolto i 163 eletti ad uno ad uno, con una stretta di mano, un sorriso e una pacca sulle spalle. «Ora diamo la fiducia a Bersani» ha scherzato. Nel corso nella diretta on line dalla riunione, che si è svolta a porte chiuse, l’ex comico ha detto di aver trovato «una cosa straordinaria: tutti compatti e tutti d’accordo per andare per la nostra strada e cambiare con le leggi che proporremo».
Caos all’uscita di Grillo dall’Hotel, dove la riunione dei parlamentari del M5s è proseguita senza di lui. Assediato dalle telecamere, l’ex comico genovese ha cercato di farsi spazio tra la folla per raggiungere l’auto che doveva riportarlo a Genova (l’altra sera è morto suo suocero, Nosratollah Tadjik, 83 anni, iraniano, che abitava a Bogliasco e padre della seconda moglie di Grillo, Parvin Tadjk). Nella ressa sono volate botte e spintoni fra giornalisti, fotografi e curiosi. Per sedare gli animi sono dovuti intervenire anche i vigili urbani.

dalla Padania del 5.3.13

 

 

 
 
 

Il neo senatore che ignora dov’è il Senato vive in casa “sanata”

Post n°1402 pubblicato il 04 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Nuovo scivolone di Bartolomeo Pepe da Casalnuovo, Napoli, eletto nelle file dell’M5S: oltre a non conoscere l’abc dell’educazione civica, abita in una villetta già sigillata per abusi edilizi

di Andrea Accorsi

 

Alla scoperta dei grillini si sono già lanciati in tanti. Giornalisti, innanzitutto, per dovere d’informazione. Poi, i loro rivali politici, ansiosi di sapere chi gli ha sfilato la cadrega per la quale avevano già preso le misure. Ma anche gli elettori, curiosi di conoscere chi hanno mandato a Palazzo al di là delle nude credenziali inserite in lista. E abbiamo l’impressione che di scoperte ne faremo tante. Non tutte positive.
Dopo il caso del movimento “tutto in famiglia”, con madre e figlio eletti al Senato nello stesso collegio di Latina (un nepotismo che neanche i democristiani di antica memoria), ora i riflettori sono tutti per lui: Bartolomeo Pepe da Casalnuovo, provincia di Napoli. Cinquant’anni, impiegato di settimo livello in un’azienda della zona, sposato e padre di tre figli, Pepe sventola con orgoglio la bandiera del Movimento 5 stelle sul tetto di casa, una villetta a due piani un po’ isolata, visto che sorge nel bel mezzo di un terreno agricolo. Tanto orgoglio lo ha premiato con l’elezione al Senato. Peccato che non sappia neppure dov’è.
Intervistato nella trasmissione La Zanzara su Radio24, Pepe ha candidamente confessato di non avere la più pallida idea di dove dovrà farsi portare in taxi per svolgere il suo nuovo lavoro di parlamentare. Il Pepe infatti ignora la sede del Senato, ovvero Palazzo Madama, roba da abc della cara-buona-vecchia educazione civica. Non solo. Interrogato dai conduttori dello stesso programma sulle modalità di elezione del presidente della Repubblica (che sarà fra i suoi primi incarichi parlamentari), ha tentato di sviare dalla domanda come un qualsiasi alunno impreparato: ha finto di non capire la domanda, ha cambiato discorso, alla fine si è anche un po’ risentito e ha accampato scuse pietose («scusate, ho un’altra chiamata sotto»).
Ma il peggio, sul conto del Pepe, è emerso quando la Repubblica è andata a trovarlo a casa sua, la villetta citata. E ha scoperto che Pepe vive con la famiglia in una casa già sigillata per abusi edilizi e oggetto di una sanatoria. Proprio così: lungi dal destinare la maggior parte dell’immobile ad uso agricolo, l’ha utilizzato interamente come abitazione, violando le norme edilizie. Del resto, Casalnuovo è una delle capitali nazionali dell’abusivismo e relative demolizioni.
Non resta che aspettare la prossima, illuminante verità sui nuovi inquilini del Parlamento che avrebbero dovuto fare pulizia e dimostrarsi diversi dalla casta.

dalla "Padania" del 3.3.13

 

 
 
 

Fedriga: «Dal Friuli-V. G. a Roma in prima linea per gli interessi del Nord»

Post n°1401 pubblicato il 02 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

L’unico rappresentante del Carroccio friulano in Parlamento: avanti col progetto di trattenere il 75% di tasse sul territorio

di Andrea Accorsi

 

In prima linea nella “tana del nemico” per continuare a fare gli interessi del Nord. Interessi che, in questa legislatura, avranno un nuovo strumento sul quale far leva e un nuovo obbiettivo concreto e immediato: la Macroregione padana dalla Francia alla Slovenia e la possibilità di trattenere, e quindi reinvestire sul territorio, una quota maggioritaria del gettito fiscale. È così che interpreta il rinnovo del proprio mandato parlamentare il triestino Massimiliano Fedriga, fra i più giovani deputati eletti a Montecitorio (classe 1980) e rimasto l’unico rappresentante del Friuli-Venezia Giulia per il Carroccio nelle Aule del potere centrale.
«A Roma dobbiamo andare a fare la lotta di prima linea per collaborare al progetto di Macroregione che si sviluppa dalle Regioni del Nord - è il suo proclama di deputato subito dopo la rielezione -. Noi parlamentari del Carroccio saremo il fronte di questa battaglia e ci metteremo completamente a disposizione di questo progetto. Il collegamento con il Nord e le sue lotte dovrà essere ancora più forte che in passato». Anche perché la posta in palio oggi è ancora più alta che in passato.
«Sosterremo il progetto di trattenere il 75 per cento delle tasse sul territorio che le produce. Questo, sul piano concreto, significa attivare quella fiscalità di concorrenza indispensabile per alleggerire la pressione sulle imprese, così da favorire la ripresa della produzione da un lato e, dall’altro, la creazione di posti di lavoro destinati a chi il lavoro lo ha perso e ai giovani. Tutte le altre strade sono palliativi, o strade campate in aria».
Sul piano politico, anche in Friuli la Lega deve fare i conti con il risultato negativo scaturito dalle urne. «Siamo fra le regioni dove la Lega ha registrato un forte calo - ammette Fedriga -ma comunque ha dimostrato di aver tenuto botta. Sul piano nazionale, insieme con Pdl e Pd siamo l’unico partito sopravvissuto alla buriana: segno del suo radicamento fra la gente. Nel Movimento - prosegue -è iniziato un progetto di rinnovamento e di rilancio. A noi non servono primarie o indagini interne: c’è stato un autorinnovamento, fatto non in televisione ma al nostro interno. Il concetto fondamentale è che chi è nelle istituzioni grazie alla Lega non lo è per sempre, ma è un rappresentante pro tempore della Lega, delle sue idee e dei progetti politici che persegue. Questa è l’innovazione che ora guida la Lega».

 

dalla Padania del 2.3.13

 
 
 

Paperone Monti fra i milionari del Palazzo

Post n°1400 pubblicato il 01 Marzo 2013 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Il Professore dichiara un reddito di più di un milione di euro/anno: cosa può saperne della gente comune?

di Andrea Accorsi

 

Per forza non capisce i problemi dei comuni cittadini. E durante il suo governo ci ha inflitto una legge peggiore dell’altra, senza imbroccarne una manco per sbaglio. Che cosa volete che ne capisca dei conti di un capofamiglia, di un lavoratore dipendente a basso reddito o di un pensionato con la “minima” uno che guadagna più di un milione di euro all’anno?
A tanto ammonta il reddito dichiarato da Mario Monti secondo le dichiarazioni presentate nel 2012 e relative all’anno precedente. Il presidente del Consiglio ha dichiarato ben 1.092.068 euro. Certo, spiccioli in confronto a Silvio Berlusconi, che si conferma il “Paperone” dei parlamentari, con un reddito imponibile pari a oltre 35 milioni (per la precisione 35.439.981 euro), in calo però di quasi 13 milioni rispetto all’anno precedente. Anche Monti, da quando è premier, è diventato più povero (si fa per dire): l’anno precedente, da neo senatore a vita, aveva dichiarato un reddito di 1.515.744 euro. E al 31/12/2012, rispetto all’anno prima, sulla gestione patrimoniale presso la Deutsche Bank figurano 401.600 euro in meno. Di questo passo, forse tra vent’anni capirà come vivono i comuni mortali. E ci penserà bene prima di infierire sui contribuenti a colpi di tasse.
Nell’attesa, scorrendo le dichiarazioni dei redditi dei parlamentari del 2012, rese note ieri e raccolte in cinque volumi, si scopre che il deputato più ricco è Amato Bernardi e il più povero Lino Miserotti, ex aequo con Marco Milanese. Il deputato Pdl eletto all’estero nella circostrizione America settentrionale e centrale, ha dichiarato 3,2 milioni di euro grazie alle sue holding. Antonio Angelucci (Pdl) si posiziona al secondo posto con 1,99 mln seguito a breve distanza da Giulia Bongiorno (Fli) con 1,93 mln. Fra i più ricchi anche Maurizio Leo (Pdl), presidente della commissione sull’Anagrafe tributaria, e Donato Bruno (Pdl), con 1,66 milioni.
La dichiarazione dei redditi più povera presentata a Montecitorio è - nomen omen - di Miserotti (Pdl), che però nel 2011 non era deputato ma dipendente del partito, con un reddito imponibile di 19.558 euro, di poco superiore a quello di Milanese (25.611 euro), ex consigliere di Giulio Tremonti.
Il capogruppo della Camera più ricco era Siegfrid Brugger (Svp), con un imponibile di 239.894 euro, mentre all’ultimo posto della classifica c’è Antonio Borghesi, capogruppo dell’Idv, che si è fermato a 106.193. A seguire il primo classificato Dario Franceschini (Pd) con 187.462 euro, Silvano Moffa (Popolo e territorio) con 165.870, e Fabrizio Cicchitto (Pdl) con 156.654 euro.
Alfredo Messina (Pdl) e Giacinto Boldrini (Misto-Partito pensionati) sono rispettivamente il senatore più ricco e più povero dell’ultima legislatura. Il primo, nell’ultima dichiarazione utile, vanta un imponibile di 1.145.068 euro, il secondo di 35.821 euro (e anche un Fiat Doblò e una Lancia Thesis usate). In mezzo a loro qualche altro milionario, titolari di azioni o obbligazioni, collezionisti d’auto e appassionati di moto. Non se la passano male il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi (695.801 euro) né Giulio Andreotti con i suoi 444.397 euro. Nemmeno Gianrico Carofiglio si può lamentare: lo scrittore, magistrato e senatore del Pd dichiara 829.010 euro e una casa da 30 mq con “cortiletto” appena acquistata a Roma. Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita finito in manette per la gestione del patrimonio dei Dl, ha dichiarato 264.441 euro specificando solo di aver ceduto le quote di Europa srl.
Quanti infine ai presidenti dei due rami del Parlamento, Renato Schifani batte Gianfranco Fini: il presidente del Senato ha dichiarato un imponibile di 222.547 euro, quello della Camera di 157.546.

 

dalla "Padania" dell'1.3.13

 
 
 
 
 

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