WOLANDS

IL DIO CHE SEMINA TEMPESTA


Per alcuni studiosi, quella piccola statuetta fenicia in bronzo, custodita nel museo archeologico regionale di Palermo, rappresenta il dio del mare Merkart. Con connotazioni che sfiorano il romantico. Una leggenda fenicia infatti, narra che il dio Merkart, passeggiando lungo la spiaggia in compagnia del suo cane si accorse che il muso dell’animale s’era colorato di rosso. Spinto dalla curiosità il dio capì che quel colore proveniva da certi molluschi abbandonati sulla spiaggia, che il cane aveva annusato. Allora, per fare una cosa gradita all’amante, la ninfa Tyros, pensò di donarle una tunica tinta da lui stesso col vivace colore dei molluschi. Per altri, rappresenta un dio ancora più importante: Habab, il dio della tempesta. La fama di tale divinità nell’antichità è collegata all’epopea del leggendario re Hammurabi di Babilonia che regnò nel periodo di massima espansione del dominio babilonese e al culmine di questa civiltà. In base ad alcune tavolette di argilla ritrovate in un archivio reale babilonese, Hammurabi faceva fare numerosi pellegrinaggi ai suoi fedeli cortigiani al tempio di Aleppo, prima di iniziare una battaglia. Chiunque esso sia, Merkart o Habab, rischia di scatenare una guerra diplomatica fra il museo palermitano e la sezione saccense della Lega Navale che vorrebbe quella statuetta, per esporla all’interno del nascente Museo del mare. La statuetta venne ripescata durante una battuta di pesca, su rotta 180 gradi, tra Capo San Marco e Selinunte nel 1955 dal peschereccio “Angelina madre”, sul quale erano imbarcati quattro marinai. Uno di questi, Santo Vitale, portò il reperto a casa sua e provvide ad una prima pulitura dalle incrostazioni marine. Bello pulito e sistemato, per un po’ di tempo fece bella mostra nel negozio di generi alimentari del padre, nel quartiere di San Michele. Che fosse un reperto storico non c’erano dubbi, ma che avesse così tanto valore, nessuno l’aveva ancora pienamente capito. L’anno dopo, una rivista locale pubblicò un articolo su quel ritrovamento. E quello fu l’inizio di una disputa che si trascina ancora oggi. La Soprintendenza di Agrigento, avendo appreso la notizia ne chiese l’immediata consegna, ma per evitare il sequestro la statuetta venne donata al Comune di Sciacca che la affidò a Monsignor Aurelio Cassar, allora direttore della biblioteca comunale. Ma la disputa arrivò in tribunale, e nel 1962, il giudice Francesco Militello dispose che la statuetta ripescata era di proprietà dello Stato, ne ordinò la consegna alla soprintendenza con trasferimento in un museo, ed il pagamento di un premio all’armatore del motopesca. Chiuso dentro una piccola teca del museo palermitano, la storia del dio fenicio fu dimenticata. Fino al 2001. In quell’anno, in Siria una missione archeologica congiunta tedesco-siriana sotto la guida del professor Kay Kohlmeyer dell’Università di Berlino riportò alla luce ad Aleppo, uno dei più antichi centri urbani del mondo, situato nella zona centrale dell’attuale Siria, proprio il tempio perduto del “Dio della Tempesta”. Considerato uno fra i più celebrati luoghi sacri del Vicino Oriente, e inutilmente ricercato per due secoli da numerose spedizioni archeologiche, finalmente era venuto alla luce. E con lui, riacquistava nuovo valore quella statuetta ripescata in mare 50 anni prima e custodita nel museo archeologico “Antonio Salinas” di Palermo. Da qui, inizia una nuova battaglia per riportarla a Sciacca. Anche perché, secondo il presidente della sezione di Sciacca della Lega Navale Gaspare Falautano, quella statuetta è stata ritrovata nel mare di Sciacca, e così come Mazara ha il suo Satiro, e Reggio Calabria i suoi Bronzi di Riace, non si capisce perché un reperto archologico ripescato nelle acque di Sciacca debba stare a Palermo, considerato che il Museo del mare, finanziato nel 2004 dall'assessorato regionale ai lavori pubblici è in fase di completamento. La spiegazione potrebbe essere molto semplice, visto che Palermo, così come Mozia e Solunto furono colonie fenicie nel mediterraneo. I fenici infatti, percorsero via mare tutte le coste del Mediterraneo, dalla Siria al nord dell'Africa, Asia Minore, mar Egeo, ed ancora verso la Spagna, Francia, ed Inghilterra. Il risultato di questa notevole attività commerciale fu lo stabilimento di numerose colonie in Cipro, Egitto, Creta, Sicilia, Africa, Malta, Sardegna, Spagna, Asia Minore e Grecia, che si trasformarono in importanti centri per il commercio. Ma il presidente della Lega Navale saccense ha intenzione di portare avanti la battaglia, anche in campo politico, rivolgendosi all'assessorato regionale ai beni culturali, per avere il Merkart nel suo museo. “Anche perchè -ci spiega- a Palermo è esposta in una sala con tanti altri reperti, e non è valorizzata come merita, qui sarebbe collocata in un salone adibito esclusivamente al dio delle tempeste”.