il bagnasciuga

Condannati a vivere


Guardo fuori dai vetri della finestra della cucina mentre la caffettiera borbotta spandendo intorno l'aroma del caffè.E' già sorto il sole. Gli oleandri continuano a fiorire. La terra inaridita nei punti più assolati del giardino reclama acqua. Le belle di notte si chiudono diffondendo ancora un pò del loro dolcissimo profumo. La forsythia perde le foglie ormai secche.Mi stupisco.Mi stupisco che il sole sorga ancora, che gli oleandri continuino a fiorire e le belle di notte a profumare, che la terra inaridisca e le foglie appassiscano.
Mi stupirei di meno se tutto si fermasse e l'universo trattenesse immobile il respiro davanti al dolore della mia terra. Un dolore che qui respiri nell'aria.Quell'aria in cui dondolava in una chiesa virtuale un Cristo senza croce, in cui hanno danzato troppi palloncini bianchi. Quell'aria satura di polemiche, di esibizionismi, di cattivi pensieri e pessime opere, di rivalità, invidie, gelosie.La stessa aria che si riempie di generosità, di altruismo, di sacrifio e amore.Come quelle case sventrate simili a case di bambola, di cui vedi gli interni, senza pudore, una oscena esibizione della vita che era, così gli animi ora sono esposti, visibili, oscuri nei loro più reconditi anfratti, luminosi a volte, spaventosamente ambigui. Niente può più essere definito, catalogato, classificato. Buono, cattivo, giusto, sbagliato, bene, male.  Tutto è sconvolto, scosso fin dalle fondamenta.Penso e la mente mi costruisce rassicuranti immagini di bimbi che sembrano dormire finchè la ragione non le polverizza con la consapevolezza di quello che accade ad un corpo travolto dalle macerie.Penso a chi ha perso tutto. Abituata ad avere tutto non riesco nemmeno a immaginarlo. Non avere le mie scarpe, i miei abiti, il mio letto, il mio....mio, mio, mio. Espropriati di tutto. Anche del proprio dolore che in questa epoca folle viene fotografato ed esposto sui giornali e sui social, anche dei funerali dei propri cari che un impietoso reporter fotografa.Quando sono scosse le fondamenta.Il lupo e lo sciacallo vanno a braccetto e crollano le certezze, scompaiono i punti di riferimento. Il dolore affratella o separa, a stento cambia i cuori.Nessuno cambia se non vuol cambiare. Trema ancora la mia terra ma non scuote gli animi, si limita a rivelarli.Giorni fa nel paesino in riva al lago ho portato via i bambini prima che finisse quel doloroso rito che sembrava uscito da una canzone di Faber, prima che uscissero dalla minuscola chiesa di paese quelle due minuscole bare bianche, prima che volassero via i palloncini bianchi portando con loro un pò del cuore dei "miei" bimbi. All'ombra di un albero antico hanno giocato su una dama di pietra con sassolini e monetine recuperate in fondo al borsellino della nonna.Mi stupisco.Mi stupisco che il sole sorga ancora, che gli oleandri continuino a fiorire e le belle di notte a profumare, che la terra inaridisca e le foglie appassiscano. La natura prepotentemente ripete i suoi cicli e ci trascina avanti con sé costringendoci a vivere.