il bagnasciuga

I bei tempi andati


Spesso rimpiango il passato. Forse perchè del passato ricordo solo le cose piacevoli e lo avvolgo col profumo del ricordo che cambia in meglio, come cantava Guccini.Non sono poi nemmeno tanto vecchia ma ho assistito a cambiamenti enormi come se il mondo avesse ingranato la quinta e tutto stesse cambiando a velocità sempre maggiore. Anche la vita di una semplice casalinga.Da bambina amavo venire in questa casa dove ora abito. Era la casa dei miei nonni paterni, che adoravo e a cui devo moltissimo. L'aveva costruita mio nonno al tempo delle Sanzioni, quindi circa ottanta anni fa, per la sua famiglia, quella di suo padre e quella dei suoi suoceri. Quando ci scorrazzavo io era abitata dai miei nonni al pianterreno, dalla sorella di mio nonno con la figla rimasta vedova giovanissima e suo figlio al secondo piano, mentre il primo piano era stato venduto durante la guerra. C'erano locali condominiali e stanze che non esistono più nelle case di oggi.Il locale dei "vaschetti", due grandi vasche di cemento dove la donna che veniva a fare il bucato a turno lavava le lenzuola delle tre famiglie per poi stenderle sulla terrazza all'ultimo piano. Questa era all'epoca considerata una gran comodità rispetto alle altre lavandaie che lavavano i panni al fiume.                              
I miei nonni venivano da Roma, erano di famiglie benestanti e nonno in particolare era considerato un pò eccentrico, di sicuro con idee molto moderne.La cucina comunicava con un retrocucina che fungeva da dispensa e da frigorifero, non c'era il termosifone e la finestra era aperta giorno e notte. Ricordo ancora l'uomo col carretto che portava il ghiaccio.Non c'era il gas e nonna cucinava con la stufa a legna. Io ero affascinata da quegli anelli concentrici che lei tirava su con un lungo gancio ad uncino lasciando intravedere il fuoco che ardeva sotto. Chissà che fine avrà fatto l'onnipresente bollitore dell'acqua.                                      
Adoravo le patatine fritte che nonna teneva in caldo avvolte nella carta marrone all'interno di un piccolo vano della stufa.Qualche anno dopo papà le regalò, viste le piccole dimensioni della stanza, una cucina da appoggio, tre fornelli attaccati ad una bombola, e il frigorifero.Per l'acqua calda in bagno c'era lo scaldabagno elettrico e per l'acqua fredda i "cassoni" sotto il tetto.Accanto alla cantina c'era la "carbonaia" per alimentare la caldaia condominiale che prima di essere mandata in pensione vent'anni fa ha bruciato tutti i tipi di combustibile di anno in anno forniti dal mercato.Io passavo le ore nello studio con nonno scrivendo a macchina.Per fare più copie si usava la carta carbone o carta copiativa: un foglio di carta leggera e un foglio di carta carbone, un foglio di carta leggera e un foglio di carta carbone e così via. L'ultima copia si intravedeva appena e la carta copiativa si riempiva via via di lettere in negativo sempre meno riconoscibili visto che si usava più volte.Se non scrivevo a macchina, disegnavo: armata di "lapis" copiavo quadri famosi da uno dei tanti libri di nonno.                                   A merenda sorseggiavo compunta il mio te insieme a nonna dopo aver guardato, sempre con stupore, l'acqua nella teiera tingersi d'ambra ad ogni movimento dell'infusore. Le bustine già dosate saranno anche più pratiche ma di sicuro sono molto meno affascinanti.