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Sputare ai radicali è sempre di moda


    Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.    (Pier Paolo Pasolini, nell’intervento che avrebbe dovuto tenere ai radicali nel novembre 1975. Poté essere solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta, perché due giorni prima Pasolini moriva ucciso). di Massimo Manca
Gli sputi in faccia ai radicali dell’A.R.CA no. I compagni comunisti di Cagliari proprio non se li potevano permettere. Eravamo sì radicali, ma poco pacifisti (se si escludono Marco e Salvatore, forse anche Carlo e Giovanni). A uno sputo in faccia sarebbe seguito, in direzione opposta, il lancio di un tavolo di raccolta firme. Da quei primi anni ’80 è passato tanto tempo, i radicali di Cagliari sono sostanzialmente spariti dopo l’esperienza antiproibizionista degli anni ’90 (che riuscì a far eleggere un consigliere comunale), altrove sono rimasti generalmente gli stessi, mentre i compagnucci del P.C.I. hanno cambiato nome, pelle, simbolo e in molti casi partiti – senza mai abbandonare le leve del potere – passando da un odio malcelato a tecniche più raffinate di delegittimazione. Però il vizietto è rimasto identico: quando non riescono ad abbattere l’avversario – stesso dicasi per le organiche testate giornalistiche – soprattutto se questo riesce a dimostrarsi numericamente più grande e forte di loro, allora i compagnucci devono cercare un pretesto, qualcosa di più abbordabile a cui attribuire la responsabilità della loro manifesta incapacità d’azione e convincimento. (SEGUE QUI!)