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Ora basta, sui referendum state ciurlando nel manico


Tre le cose che mi fanno andare il sangue alla testa. Ingiustizia, discriminazione e indifferenza. E poi non sopporto chi scrive e pontifica su ciò che non conosce o per sentito dire. Ecco, mi sono chiesto se la posizione di coloro che ciurlano nel manico, dichiarando che non si presenteranno alle urne visata l’inutilità dei referendum del prossimo 6 maggio, non equivalga all’indifferenza. Ci ho ragionato sopra e sono convinto che sì, ho davanti a me degli indifferenti. E quando leggo le loro argomentazioni me ne convinco sempre più. Già, gli indifferenti. Cosa diceva al riguardo Gramsci? Vorrei ricordarlo a lorsignori: “Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?”. Il passo, poi, per scadere nel grottesco è breve, si sa. Ad esempio quando per giustificare la propria assenza, ci si appiglia ai manifesti del movimento referendario. Sì, lo riconosco, il messaggio è fuorviante, ma siccome non vivo nel mondo dei sogni so anche che cosa impongono le forme della comunicazione in questo caso. E mi dico che se andrò a votare non sarà per la semplificazione di un manifesto pubblictario. Non cerco pretesti stupidi, io. Andrò a votare perché ritengo che rinunciare ad uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che possono ancora fare la differenza sarebbe da masochisti. Per questo andrò a votare, prima di tutto. Certo, si potrebbe chiedere a chi obietta sui manifesti se invece non abbia nulla da dire sul fatto che, ad esempio, la Provincia del Medio Campidano stia utilizzando il sito internet istituzionale, pagato da tutti, per fare campagna contro il referendum, con videomessaggi del presidente del consiglio provinciale di Cagliari, tale Roberto Pili, che arriva a pronunciarsi sui referendum in questa maniera: “Una manifestazione patente di ignoranza”. Ora, io non so chi sia o cosa sia più ignorante, di chi e di cosa, so però che a tutto c’è un limite. All’indecenza, in primo luogo. Cioè, per intenderci, quando sento questi sepolcri imbiancati della pubblica amministrazione pontificare sull’ignoranza altrui, sulle spese pazze altrui, sugli sprechi altrui, per giustificare la sopravvivenza delle province, ecco, mi viene di mettere le mani alle pistole. Capisco che non tutti hanno la possibilità di documentarsi su quanto accade all’interno delle province (anche perché spesso si nascondono gli atti, ad iniziare dalle determinazioni dirigenziali), però, io i bilanci della pubblica amministrazione li so leggere ed ho avuto anche la fortuna di lavorarci dentro come addetto stampa (senza mai partecipare ai banchetti licenziosamente apparecchiati per qualcuno). Ne conosco tutte le magagne e potrei fare arrossire qualcuno se mi ci mettessi neppure tanto di impegno, ad iniziare dal presidente del consiglio provinciale di Cagliari. Li sa leggere, lui, i bilanci dell’ente in cui opera? Stendiamo un velo pietoso e quindi passiamo oltre, per arrivare alla fantomatica “inutilità” di questi referendum. Mi sono detto: quand’è che con certezza possiamo parlare di inutilità per una consultazione popolare? La risposta che mi sono dato è la seguente: quando il risultato finale del voto è già scritto da altri. E’ il caso dei referendum di domenica prossima? Non mi pare.  Sarebbe inutile, invece, una consultazione che mi facesse credere di poter scegliere il mio rappresentante nelle istituzioni quando invece il mio voto si limiterebbe a confermare il predestinato di turno, da altri. Ecco, in questo caso arriverei a comprendere chi non si presenta alle urne, per sacrosanta protesta. Ma nel caso di questi referendum? D’accordo,  sui referendum consultivi non v’è certezza che i legislatori si facciano fedelmente carico di recepire le nostre indicazioni di voto, ma su quelli abrogativi della legge che istituì le 4 nuove province, beh, su quelli non c’è proprio storia e nessuno può sostenere una tesi diversa se non coprendosi di ridicolo. Insomma, trovo che le obiezioni di coloro che subdolamente cercano di smontare il risultato referendario alimentando la bieca astensione dal voto – vergogna! – sia quanto di più vicino al classico lanciare la pietra nascondendo poi la mano. Indifferenti e anche un po’ vigliacchi. Quando leggo la tesi di coloro che da tempo si esercitano a mettere il classico bollino blu sulle iniziative della parte politicamente avversa, mi ricordo dello stupido che guarda il dito e non la luna, quando gli viene indicata. Perché per loro ogni iniziativa, per poter essere etichettata col bollino blu deve passare il vaglio della compatibilità genetica dei proponenti. Sono coloro che guardano alla cornice, senza curarsi del contenuto, nulla di nuovo all’orizzonte. E veniamo all’ultima osservazione. Si è detto e scritto – con una banalità sconcertante – che questi referendum si sarebbero potuti evitare se una parte dei proponenti avessero fatto il proprio dovere, in sede legislativa. Insomma, la legge che istituì le nuove province doveva essere abrogata in consiglio regionale con altra legge. Ora i casi sono due: o chi si arrampica sugli specchi con tanta superficialità pensa di vivere sulla luna, oppure è convinto di poter coglionare il prossimo. Sarebbe come dire che bisogna far finta di non sapere che le leggi si abrogano solo se si ha una maggioranza in aula, posto che solo un fesso arriverebbe a credere che un politico ne condanna un altro all’estinzione, magari del suo stesso partito, solo perché esercita in consiglio provinciale. Ecco dimostrato perché esiste l’istituto del referendum, eccone dimostrata la funzionalità e l’utilità. Se invece fosse come sostengono gli "utili idioti", inconsapevolmente alleati con la parte più conservatrice del potere, dell’istituto del referendum potremo farne sempre a meno, tanto ci sarebbero i nostri cari legislatori, che paghiamo, a provvedere. Ridicolo.    QUI!