AMORE UNIVERSALE

Testamento biologico: sì o no?


A un anno dalla morte di Welby non c'è ancora una legge. Quando ancora si dovrà aspettare? Il 20 dicembre 2006 moriva Piergiorgio Welby. Per mesi il suo caso ha catalizzato l'attenzione dell'Italia intera. Un anno fa tutti, giornali, politici, medici, religiosi e opinione pubblica si interrogavano e scontravano su testamento biologico, accanimento terapeutico ed eutanasia, questioni trasformate in poco tempo in pretesti alla spettacolarizzazione e al battibecco politico. Poi, dopo la decisione del tribunale di non procedere nei confronti del medico, l'anestesista Mario Riccio, che aveva scelto di staccare la spina a Welby, come lui aveva più volte chiesto, e il nuovo caso di un ex arbitro di Alghero, Giovanni Nuvoli (e l'ennesimo no da parte del pm a staccare la spina), il silenzio mediatico. O quasi. A parte qualche caso sporadico (come la presentazione del libro di Chiara Lalli). La riapertura da parte della Corte di Cassazione del caso di Eluana Englaro e del processo - da rifare - che aveva impedito al padre di staccare la spina, ha poco tempo fa ridato slancio alla discussione. Ma dopo altri due mesi, sembra che nulla si sia ancora mosso. Come neanche la posizione della Chiesa e dei cattolici (che, ricordiamo, un sondaggio aveva visto schierati per il 50% ad accogliere le richieste di Welby, al quale sono stati negati i funerali religiosi).All'epoca l'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si era detto convinto che la morte di Welby, certamente un caso di eutanasia, non avrebbe avuto «un seguito penale» e che, quindi, «con questa non-azione e accettazione dell'eutanasia dalla magistratura non ci sarà bisogno di un disegno di legge sulla dolce morte». In realtà non è così. Il bisogno c'è. Prima di tutto di una legge che regolamenti il testamento biologico. Perché, anche se non è una soluzione definitiva, aiuta.Idea condivisa e sostenuta in prima linea da Ignazio Marino, medico chirurgo specializzato in trapianti d'organi, senatore e presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato che in un'intervista ha spiegato in maniera molto semplice e chiara la questione: «Vuoi avere la libertà di decidere sul tuo corpo oppure vuoi che sia qualcun altro a farlo? Credo che tutti abbiano le idee chiarissime». Le priorità, per dirla con le parole di Paolo de Martino, sono diverse, molteplici e forse quella della legge sul testamento biologico non è in cima alla lista di malati terminali e oncologi che invece "chiedono dignità umana, assistenza domiciliare e una adeguata terapia contro il dolore. Basti pensare che siamo all'ultimo posto in Europa per l'uso appropriato di antidolorifici e derivati della morfina". Non è un caso, d'altra parte, che Mina Vagante sul suo blog parli di diritto di scelta, e si chieda: «Una classe politica ipocrita e irrazionale che non accetta che un disabile gravissimo scelga di morire perché è un suo diritto (MORS MEA), come può accettare che altri disabili gravissimi - a maggior ragione se "informatici" come me, perché tetraplegico e muto - chiedano assistenza domiciliare qualificata, Vita Indipendente, anche informatica tipo la mia (VITA MEA)?... Mi dispiace dirlo, ma credo proprio avesse ragione Piero (Welby) quando disse: "Più che della morte, ho paura di questa vita"».E ancora: Salvatore Crisafulli, contrario all'eutanasia, pone l'accento sulla necessità di garantire a tutti il diritto alla vita. Una vita che sia degna di essere definita tale. Esattamente come yasmin7 che in un commento datato 25 settembre 2006, ore 14:31 al blog mortevita scrive, fra l'altro: «Aspetto con ansia una sua LEGGE SULLA VITA. Mi spiego meglio, mi aspetto che mi paghi i 3 turni di personale infermieristico che la malattia mi impone, in cifre 4000,00 euro mensili (lo Stato mi elemosina di 450,00 euro di accompagnamento e 250,00 euro di pensione), che non mi faccia più attendere 14 mesi per una sedia a rotelle adatta alla mia persona, e che trovi del personale addestrato che venga ad allietarmi i miei statici e solitari pomeriggi. Senza contare che il dolore interiore che proviamo vivendo così non può essere alleviato da nessuna cura palliativa contro il dolore. Fatto questo forse potrei cambiare idea ma non mi sembra un progetto realizzabile visto che pochi mesi fa un mio amico Cesare S. è andato in televisione chiedendo di poter vivere in modo adeguato o di staccare la spina. Dopo 12 anni di sindrome chiamata Locked in dovuta alla Sla, muove solamente i bulbi oculari, è indebitato fino al collo e non sa più come fare. Non mi sembra però che nessun politico di alto rango sia andato a casa sua per valutare la situazione e poi abbia varato una legge per la vita indipendente. L'unica proposta è stata quella di ricoverarsi in un Hospice che equivale a dire ricoverati e muori in silenzio, anche perché non stiamo parlando di vecchietti ultranovantenni che non sanno più dove sono, a parte che sono contraria al ricovero anche per questi se si può farne a meno, stiamo parlando di persone quarantenni con famiglie e affetti di cui verrebbero privati».