Dai capitoli 26 e 27 di Matteo apprendiamo che morì durante la Pasqua ebraica, la quale ebbe inizio il 1°
del 33 dC. Inoltre da Luca 3:21-23 sappiamo che Gesù aveva circa trent'anni quando iniziò la sua missione.
Poiché questa durò tre anni e mezzo, egli morì a circa 33 anni e mezzo. Quindi il Cristo avrebbe compiuto
34 anni sei mesi dopo, cioè il primo di ottobre. Se dunque risaliamo all'indietro alla data in cui nacque,
arriviamo non al 25 dicembre o al 6 gennaio, ma all'incirca al 1° ottobre dell'anno 2 aC. Allora sì che i
pastori ancora pernottavano all'aperto con i loro greggi come correttamente descritto nelle scritture (Luca
2:8-11).
Come sottolinea il professor Mario Bussagli (I Re Magi, Ed. Rusconi 1986) : "L'attesa del Salvatore non e'
limitata solo al Messia e al mondo ebraico(…) Mithra e' probabilmente la sorgente da cui deriva il
Bodhisattva Maitreya (…) destinato a divenire il Buddha del futuro il quale predicherà la Legge a
un'umanità diversa, migliore, più grande e chiaroveggente. Con sfumature enormemente diverse
l'aspirazione a un Salvatore, a un Soccorritore, a un mondo diverso e migliore riempie di sé, fra il II sec. a.
C. e il III sec. d.C. gran parte dell'Europa e dell'Asia espandendosi poi fino al Giappone ove Maitreya è
chiamato Miroku..". Questo continuo susseguirsi di immagini del Vero Cristo nella storia umana è il festa mondano-consumistica. Per quanto strano possa sembrare, ciò costituisce untre messe. Per ilsimbolismo medievale
Padre; nel tempo, da Maria Vergine; nell'anima dei Cristiani.
Insomma possiamo affermare con certezza che tutto il “corpo” delle festività che vanno dal 24 dicembre
al 6 gennaio non sono altro che un grande rito magico-esoterico tramandato dalle antiche religioni
pagane, donate loro dagli dèi [alieni, demoni, spiriti, ecc..] scesi dal cielo e asservite a loro uso e
consumo, per tenere gli uomini aggiogati al loro dominio.
Queste cose non hanno nulla a che fare con i Veri figli del Padre e i Veri dicepoli di Gesù Cristo.
Delle origini comparate del Dio Sole
Pur non avventurandoci in comparazioni religiose che richiederebbero lunghi ed accurati studi, diremo
comunque che il 25 dicembre è associato al giorno di nascita o di festeggiamento di personaggi divini
risalenti anche a secoli prima di Cristo.
Per citarne alcuni:
Il dio Horus egiziano
I mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini di Horus in braccio a Iside ricordano l’iconografia cristiana
della Madonna col bambino, tanto da indurci a credere che in epoca cristiana, per ovvi motivi, alcune
rappresentazioni di Iside e Horus, spesso raffigurato come un bambino con la corona solare sul capo,
furono probabilmente “riciclate”.
Il dio Mitra indo-persiano
Con buona pace della Gatto Trocchi, quello di Mitra fu il culto più concorrenziale al cristianesimo e col
quale il cristianesimo si fuse sincreticamente. A proposito, anche Mitra era stato partorito da una vergine,
aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”.
Gli dei babilonesi Tammuz e Shamas
Nel giorno corrispondente al 25 dicembre odierno, nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio Sole
babilonese Shamash. Il dio solare veniva chiamato Utu in sumerico e Shamash in accadico. Era il dio del
Sole, della giustizia e della predizione, in quanto il sole vede tutto: passato, presente e futuro.
In Babilonia successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, che veniva
considerato l’incarnazione del Sole. Allo stesso modo di Iside, anche Ishtar veniva rappresentata con il suo
bambino tra le braccia. Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di 12 stelle che
simboleggiavano i dodici segni zodiacali.
È interessante aggiungere che anche in questo culto il dio Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.
Dioniso
Nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva in onore di Dioniso una festa rituale chiamata Lenaea, “la
festa delle donne selvagge”. Veniva celebrato il dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a
pezzi.
Bacab
Era il dio Sole nello Yucatan; si credeva che fosse stato messo al mondo dalla vergine Chiribirias.
Il dio Sole inca Wiracocha
Il dio sole inca veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Raymi (festeggiata il 24 giugno
perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno).
Ovviamente i primi citati in questa rapida carrellata devono aver influito alquanto nella creazione del
falso sistema religioso della cristianità che, ricordiamolo una buona volta, non fu creato da Gesù Cristo.
Riguardo invece ai culti solari precolombiani è interessante notare come i tempi e i simboli del sacro siano
comuni a civiltà molto distanti fra loro. Questo dovrebbe far sorgere più spesso il sospetto
comune delle religioni umane
del VERO scopo della vita.
di un’originetramite uno studio comparato delle stesse alla ricerca del significato e“
che essa illumina, e
Cristo ti illuminerà
B O J S
Ulteriore lettura di approfondimento sul Natale:
http://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/natale_tradizioni.htm
La luce mostra la VERA NATURA di tutto ciò che viene messo in chiaro, poi la luce TRASFORMA ciòlo RENDE luminoso. Per questo si dice: Svegliati, tu che dormi.. sorgi dai morti e il..”. (Efesini 5:13-14)ciò avveniva in omaggio alla triplice nascita di Gesù: nell'eternità, nel seno del
progetto secolare di offuscamento per inquinare la storia e confondere la mente umana.. è l'immagine
della Bestia profetizzata in Apocalisse.. è il falso Imperatore del Mondo che sotto mentite spoglie
CLONERA' (per l'ultima volta) il ritorno di Gesù Cristo.. è l'ANTICRISTO.
Il Natale è anche una
ritorno all'antico, al precristiano, al pagano. Quindi quanto di più distante dalla nascita in umiltà e senza
grandi festeggiamenti organizzati dall'uomo.
Nel calendario romano i giorni dal 17 al 24 dicembre erano dedicati alla celebrazione dei Saturnalia, la
festa in onore del dio Saturno. Dopo la cerimonia di sacrificio nel tempio del dio, le autorità religiose e
civili davano vita ad un convivium publicum, mentre nelle case si festeggiava con grandi banchetti in
ambito familiare. Ai bambini venivano regalate bambole, gli adulti si scambiavano doni e auguri. Non a
caso il nostro "strenna" deriva dal latino strena, che significa presagio, augurio, ma anche dono augurale.
In epoca successiva, decaduti i Saturnalia, i caratteri della festa furono trasferiti in parte al Capodanno e
in parte al Carnevale. Ma l'usanza dei banchetti familiari, con lo scambio di doni e di auguri, e'
evidentemente rimasta anche in riferimento al Natale. Quindi più che una semplice festa organizzata
liberalmente e volontariamente è un rito collettivo di divinazione antico imposto all'uomo nella notte dei
tempi per seguire ciò che gli “dèi” volevano dall'uomo.
Origini più incerte, ma quasi certamente nordiche, ha invece l'usanza dell'albero di Natale. Secondo talune
fonti, in alcuni paesi nord-europei, i giorni che precedevano il Natale erano dedicati alle "Feste del
Paradiso". Poiché antiche leggende riferivano che la croce di Cristo era stata costruita con legno tratto da
un albero nato da un germoglio dell'Albero della Conoscenza, nelle "Feste del Paradiso" quest'albero veniva
decorato con mele e nastri. Da quel modello sarebbe derivato l'albero di Natale. Non e' improbabile che la
stessa "Festa del Paradiso" richiamasse una precedente festività pagana. Lo storico Procopio (VI sec.)
descrive una festa nell'Estremo Nord (Thule) per celebrare il ritorno del Sole (solstizio d'inverno), così
come miti e leggende nordici richiamano usanze collegate al solstizio e al suo potere sulla vegetazione.
Anche le luci poste sull'albero natalizio sembrano trovare precedenti simbolici nelle storie nordiche. Nelle
antiche leggende islandesi si fa cenno ad un frassino di montagna che nell'epoca natalizia si ricopre di luci
che neanche la più forte tempesta riesce a spegnere. Nel ciclo del Graal, Percival attraversa un bosco
illuminato con mille candele; in un'altra storia per due volte il cavaliere Durmals, attraversando anch'egli
un bosco, vede un magnifico albero coperto di luci dalla cima alle radici: in entrambi i casi le luci sono
simbolo di raggiunta saggezza.. Nel folklore celtico le bacche rosse del sorbo sono ritenute fonte di
saggezza. Oggi e' impossibile stabilire a quali significati facesse riferimento il primo vero albero di Natale,
ricordato in una cronaca del 1605 a Strasburgo. Ma più approfonditamente possiamo dire che l'albero in
quanto rappresentazione simbolico-esoterica fa parte di tutta quella schiera di “simboli” che parlano alla
coscienza collettiva dell'umanità con un linguaggio che penetra nei più profondi meandri senza che i
profani comprendano esattamente quello che stanno facendo ma inducendoli nel frattempo a “operare” in
qualità di apprendisti (mentre si divertono e giocano) delle operazioni esoteriche.
Un'origine pagana va attribuita quasi certamente anche all'usanza natalizia di appendere sulla soglia di
casa rametti di vischio in quanto propiziatori di benessere. E' Plinio ad informarci (Naturalis Historia
XXIV,193-194) della tecnica rituale di raccolta del vischio presso i Celti e del significato magico che a tale
piante attribuivano i Druidi: i Celti chiamavano il vischio "quello che guarisce ogni cosa" e ritenevano che
da esso si ricavasse una bevanda che costituiva una specie di antidoto universale.
Anche Babbo Natale ha un passaporto nordico. Il suo antenato e' però latino e si chiama Nicola, santo,
vescovo di Mira verso la metà del IV secolo. Il culto di S. Nicola, patrono dei giovani e dei bambini, si
diffuse per singolari motivi dalla meridionalissima Bari ai settentrionali paesi germanici, dove il santo
cambiò il suo nome in Nicolaus ma restò patrono dei bimbi. Il calendario fissa la sua festa al 6 dicembre.
Dopo la Riforma, i protestanti di Germania, Olanda e Svizzera affidarono a lui il compito di portare doni ai
fanciulli, attribuendogli - in una commissione di miti - un'origine polare e una slitta trainata da renne
come mezzo di locomozione. Gli americani, con il loro amore per la sintesi, gli affibbiarono infine il
nomignolo di Santa Claus.
Innegabile è invece l'origine del presepio. Secondo la tradizione il primo presepio fu allestito da Francesco
di Assisi nel 1223 nella grotta di Greccio (Rieti). Il presepio deve il suo nome al Vangelo di Luca (2:7), lì
dove si narra che la Vergine diede alla luce il suo primogenito, lo avvolse in fasce e "reclinavit eum in
praesepio", cioè " lo adagiò in una mangiatoia". Nel vangelo invece non c'è traccia del bue e dell'asinello,
la cui presenza è attestata soltanto negli Apocrifi.
Nella liturgia la festività natalizia e' caratterizzata, sin dal VI sec., dall'uso di celebrare
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