TraMe e Me

Marilena


Marilena pesava centootto chili. Centootto chili di morbidezza diceva lei e a chi le faceva notare che era uno slogan da carta igienica  mostrava il suo sorriso disarmante di denti piccoli e distanziati. S'era fatta bionda da un mese, bionda e riccioluta e s'era comprata anche una camicetta a fiori rossi e foglie verdi che si vedevano a distanza. Sembri un semaforo le aveva detto la figlia e lei aveva alzato le spalle e aveva riso, come al solito, con quella risata da bambina. Suo marito faceva il camionista, spesso partiva il lunedì e tornava il sabato; Croazia, Ungheria, Polonia, a casa ci stava poco, ma era contento di tornarci. Ieri sera era a casa. Marilena era andata a letto presto. Mi sa che ho preso l'influenza, aveva detto, ho lo stomaco sottosopra e la testa che mi gira. Lui aveva visto un po' di televisione e verso le undici era andato a letto pure lui. L'aveva svegliata infilandosi sotto le coperte, Marilena s'era girata dall'altra parte e non era più  riuscita a dormire. Verso le due il marito s'era svegliato di colpo, un rumore di vetri rotti. I ladri aveva sussurrato cercando il corpo della moglie da svegliare. Era la seconda volta  che succedeva. L'altra volta li aveva messi in fuga tirando loro dietro tutti i soprammobili che gli erano capitati, tutti, persino la gondola di Venezia fatta di conchiglie che le aveva regalato sua la suocera che poi lei lo aveva rimproverato per due mesi.  Da allora però sotto al comò teneva il fucile da caccia carico, stavolta li avrebbe fatti secchi e senza rimorsi. Ma Marilena? Marilena accanto a lui non c'era. Da sotto la porta del bagno veniva una lama di luce, l'altra volta erano entrati dal soggiorno. Aveva chiamato la moglie piano, per non svegliare la figlia. Poi si era alzato indeciso se prendere il fucile o andare a vedere. S'era deciso per vedere, non gli andava di fare la figura del cretino col fucile in mano per il corridoio di notte. Aveva chiamato di nuovo prima di aprire la porta del bagno, poi aveva aperto. Marilena stava seduta sul gabinetto, con la testa inclinata di lato infilata dentro un mobiletto di vetro azzurro. La gola tranciata dal vetro che ancora schizzava sangue. Come nel più agghiacciante dei film dell'orrore il marito aveva provato a sfilarla da quella posizione assurda, urlando. La figlia era arrivata sulla porta ed era rimasta a guardare senza né lacrime né parole. Il centodiciotto se l'era portata via. Assurdo. Tutto assurdo. Marilena era svenuta e il caso le aveva fatto urtare la testa in quel mobiletto di vetro azzurro. Il suo peso aveva fatto il resto. Una ghigliottina che le aveva reciso secca la giugulare.