A.I.DI.CI.

Il 12 settembre si ritorna a scuola. Una scuola di disuguali, intercalata in una società sempre più disuguale.


Il 12 settembre per gli studenti siciliani si riaprono le porte delle scuole, una scuola sempre più povera e alla mercé di persone non sempre competenti. In seguito alla manovra della spending review, sono stati previsti dei tagli anche in questo settore. Secondo la spending review dovremmo assistere a un ridimensionamento delle spese superflue, agli sprechi e a un miglioramento dei servizi pubblici. Invece, assistiamo a un indebolimento in tutte le istituzioni che hanno a che fare con la promozione e la formazione del cittadino. Molto spesso anche le nostre scuole difettano, non si pensa a una scuola che deve educare, lì dove la famiglia difetta; una scuola che deve formare, lì dove manca una qualsiasi formazione sia essa educativa, sia pedagogica sia didattica. La scuola intesa a formare la persona, il cittadino di domani. Molto spesso assistiamo a una scuola che lascia ai margini chi vive nel disagio, nella povertà, è una scuola che attua una meritocrazia apparente. È una scuola dove spesso chi stenta a integrarsi e ad arrivare al traguardo deve faticare e tante volte si arrende. Assistiamo a una scuola di disuguali, intercalata in una società sempre più disuguale, dove le grevi diversità materiali e sociali sono destinate ad accrescere sempre di più. Quante volte è successo che docenti premiano, lodano gli alunni provenienti da famiglie abbienti, trascurando chi arriva a certi traguardi con grandi difficoltà. Quell’alunno che entra deprivato e senza alcun aiuto familiare in itinere, è lasciato scolasticamente “emarginato” (per fortuna c’è anche l’eccezione). Possiamo parlare di una meritocrazia apparente? Educare proviene dal latino educěre “trarre fuori, allevare”. In sintesi, compito dell’educatore dovrebbe essere quello di tirare fuori tutte le potenzialità che sono insite nell’alunno, farli emergere. Ma spesso, ahimè, non sempre ciò avviene. In alcune scuole assistiamo alla richiesta da parte degli insegnanti agli alunni, del tipo: «che mestiere fanno il tuo papà e la tua mamma?». O a richieste paradossali e inverosimili, che avvengono durante il periodo delle elezioni amministrative: «per chi vota il tuo papà e la tua mamma?». Vi sembrerà assurdo, non stupitevi più di tanto, purtroppo succede anche questo.  Ecco in mano a chi sono molto spesso i nostri figli. Comunque sia, non sarebbe giusto generalizzare perché in mezzo a questi “individui” ci sono gli insegnanti “Veri”, l’insegnante che premia le intelligenze e non il figlio/a del collega, l’insegnante che rispetta la personalità dello studente, l’insegnante che si sforza di trovare sempre nuove metodologie per far giungere i contenuti all’alunno e che si mette in discussione quando fallisce ed è alla ricerca di nuove strategie metodiche per ottenere dei risultati. È l’insegnante che non si limita a trasmettere esclusivamente i contenuti della materia che impartisce, ma cerca di comprendere le difficoltà e i disagi che può avere lo studente, per aiutarlo a superarli, non ad accentuare e peggiorare la situazione. E tutto questo interesse avviene senza mettersi in mostra, ma con molta umiltà, discrezione e riservatezza, nel rispetto dell’alunno. Ciò che dovrebbe prevalere sempre è il buon senso, è pensare a una scuola che deve dare di più a chi vive nella condizione più disagiata, con tutte le difficoltà che incontra per farsi spazio, per riuscire. Un padre aiuta tutti i figli, ma in modo particolare chi versa in uno stato di bisogno maggiore, l’ospedale non cura chi non è malato, la scuola non deve premiare solo chi proviene da un certo ceto sociale, la scuola ha l’onere di istruire in modo particolare chi versa in una condizione di svantaggio sociale, economico, culturale. Fare l’insegnante è una Missione, è una Vocazione, oltre alla formazione globale, è lasciare un buon ricordo di sé al bambino/a ragazzo/a, all’adulto di domani. Elargire valutazioni gonfiate ad alunni facoltosi ed essere ristretti nella votazione con le classi meno abbienti, non sono le prerogative per essere definita una “Buona Scuola”, sono le prerogative per definire la scuola: “Una scuola dei ricchi”. Auguri di un buon inizio scolastico a tutti gli studenti di ogni ordine e grado e agli insegnanti. Nell’auspicio che sia un anno accademico migliore dell’anno passato e con una carica in più per cominciare bene. “Chi ben comincia è a metà dell’opera”. La Redazione