Un attore in scena

I Documenti raccontano...Museo dei Martinitt


Molto spesso ci dimentichiamo dell’importanza dell’arte nella diffusione di idee, di racconti, di esperienze e soprattutto della storia. In un epoca storica nella quale ci si è dimenticati da dove veniamo e quali sono i dettami che sono alla base di una civiltà come la nostra, per potere conoscere e comprendere al meglio il nostro presente e il nostro futuro, spesso ci si serve del teatro come mezzo di comunicazione e di comprensione di ciò che è stato.L’esperienza di “I Documenti raccontano” di due anni fa è nata per caso ma è stata uno dei momenti più piacevoli e divertenti della mia carriera teatrale.  Scelto dal Museo dei Martinitt per collaborare alla costruzione di uno spettacolo con cinque scuole differenti, mi sono ritrovato a lavorare con uno degli attori più bravi del panorama teatrale milanese (e non solo), Corrado Accordino.  L’idea era quella che ogni classe che avesse partecipato al progetto su un singolo documento degli archivi del museo creasse una piccolissima piece teatrale che raccontasse in pochi minuti l’ambientazione, la storia e i fatti narrati nel documento stesso. Facile a parole, difficile nella pratica. Si trattava infatti di classi di bambini tra i dieci e i tredici anni per lo più alla prima esperienza con il teatro.Con poche ore a disposizione per rendere “teatrabile” il lavoro dei ragazzi,  il compito non era affatto semplice ma alla fine il risultato è stato pregevole.Con Corrado ci siamo divisi due classi a testa, mentre quella di Uboldo ha sostanzialmente lavorato da sola per poi essere supervisionata da me alla fine della creazione.Si è partiti da un lavoro grezzo per poi riuscire a smussare gli angoli e creare costumi, idee, ruoli, emozioni che pochi di noi avrebbero dimenticato.La collaborazione degli insegnanti  è stata fondamentale, anche perché i ragazzi,ancora molto immaturi in un normale processo di crescita, potevano essere guidati solo con il supporto dei loro insegnanti.Per me è stata la prima esperienza da insegnante a ragazzi così piccoli e posso dire, senza timore di smentita, di avere anche io imparato molto da questa esperienza.Ho conosciuto, e rivisto, la realtà multietnica della scuola italiana di oggi, e ho cercato di rendere realistica la creazione degli ambienti dove si svolgevano le storie narrate dai documenti dei “Martinitt”.Una volta terminati infatti i lavori di preparazione dei singoli “pezzi” dello spettacolo il vero problema era rimontarli con una logica, temporale, e vederli all’interno di un vero palco.Si sa sempre che quando si prova (e noi attori lo sappiamo bene) in una palestra, in uno spazio, quando si sale sul palcoscenico e ne si sente l’odore le cose cambiano.E gli imprevisti ovviamente aumentano.150 bambini è già un notevole fattore di rischio…Intanto l’obbligo del regista in quei casi è eliminare tutte le possibili cause di disguidi e problematiche varie.Una scena efficace ma senza fronzoli dunque era più che necessaria.All’inizio, nella stesura iniziale, era previsto l’uso di una macchina che facesse vedere delle diapositive sullo sfondo del teatro, alla lunga questa idea era stata scartata.Cosa fare allora?La mia proposta era molto semplice e molto “teatrale”: due piazzati (cioè due luci fisse) a creare nello stesso palco due scene separate, l’uso del buio nelle controscene, e da una parte una scrivania con una sedia e in alto un quadro generico di un non ben definito re.Il risultato è stato molto bello a vedersi: le storie, di non più di dieci minuti, hanno visto un susseguirsi di mini direttori dell’orfanotrofio e di scene sempre particolari e divertenti senza dovere forzare troppo sulle scene.La scelta delle musiche ha permesso poi di creare l’ambiente giusto . L’ottimo lavoro sui  costumi da parte di alunni e insegnanti ha fatto il resto.Alcune storie particolarmente toccanti (come quella del funerale del Martinn) hanno poi  creato quella commozione necessaria a rendere il lavoro di alto livello.L’obiettivo della iniziativa era quello di ridare vita a documenti d’archivio, porre nella giusta luce le storie narrate , elevarle dall’oblio della storia e farle conoscere ai ragazzi.L’istituzione dei Martinitt è una delle più gloriose e antiche di Milano, una città che almeno fino a poco tempo fa era nota (nonostante quello che si dice superficialmente) per avere una mano sul cuore nei confronti dei suoi figli legittimi o illegittimi.E per me è stato e lo è ancora avere fatto parte di questa “famiglia”: averne potuto dare un contributo.Di questa esperienza mi rimarranno nel cuore gli insegnanti che ho conosciuto, i ragazzi con le loro storie e i loro colori, e soprattutto i temi che mi hanno fatto avere i loro stessi docenti.Sono, anzi siamo, riusciti a trasmettere un amore, quello per il teatro e per la storia che magari diversamente non avrebbero conosciuto. Quando un bambino ti dice: “avrei voluto che non finisse più, non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto così tanto…”, non puoi che essere felice.Ho, anzi abbiamo, vissuto una esperienza notevolmente formativa, nella quale penso di avere ricevuto più di quanto ho dato e di questo ringrazio tutti quelli che hanno lavorato alla creazione e alla riuscita del progetto. Senza alcuna distinzione tutti sono stati importanti  Alan Paul Panassiti