Creato da oscarca il 09/12/2009

Albero Bello

dai mille colori

 

 

C'era una volta

Post n°2 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da oscarca

 

C’era una volta un’illusa,

che credeva nei miracoli, nei sogni e nelle favole,

era convinta che se avesse scavato abbastanza a fondo

avrebbe scoperto il tesoro.

Mentre scavava passò di li un illuso,

che non credeva ai miracoli,

ma ai sogni e alle favole si,

e benché avesse le mani ferite dal suo precedente scavare

non si sottrasse alla nuova fatica, e scavò con lei.

Talvolta in sintonia perfetta talvolta no,

quelle mani scavavano instancabili giù nella terra umida,

a tratti arida, a tratti pietrosa,

quando intravidero un primo bagliore

si guardarono ma non dissero nulla,

fecero finta di non averlo notato

ma rallentarono il passo,

quando il tesoro fu a portata di mano

si  saggiarono con lo sguardo di sottecchi appena

poi si dissero “ Non esiste il tesoro”,

e ricoprirono il tutto.

 

 

 
 
 

Micetta scugna

Post n°1 pubblicato il 09 Dicembre 2009 da oscarca

 

C’era una volta una Micetta colorata,

tristemente affranta per amore si ritirò dal gruppo per ponderar sue pene all’ombra di un grande albero.

“Perché? Perché? Tu devi dirmelo, perché?”

E sospirava …

“Se così fosse, se il micio tosse, se inciampa in fosse, se muove mosse e il col mi morse … tu devi dirmelo, devi “.

E si struggeva, e piangeva e gemeva, e l’Albero l’ascoltava, dall’alto del suo naturale immobilismo,

finché il Ramo coraggioso un giorno decise di rispondere a Micetta, e pensando di così convenire ai suoi lamentosi bisogni, sussurrò le più dolci melodie d’amore dalla luna ispirati come solo sa fare il più romantico dei mici in amore.

Micetta, incredula e preda di suggestione amorosa, poiché il sussurro parea risponder alli suoi prieghi, credette che il Micio si fosse nascosto tra le folte fronde da qualche parte lassù in cima, per aprirle l’immensità del suo cuore nel buio, delicato al punto che un sol raggio di luce lo avrebbe scalfito, e con più ardore e più ardire dei precedenti lagnosi lamenti rispose ancora e ancora e sempre ancora.

Nell’intanto il ramo frichicchio aveva smirciato   una campanellina dorata attaccata al collare di Micetta, che il Signore che la teneva le aveva attaccato per esser certo di sentirla e esaudirla quando avrebbe scodinzolato infreddolita d’avanti casa, desiderosa di rientrare.

Non era che un orpello, il ramo lo sapeva, ma aveva sempre ammirato con una certa malinconia i rami da frutto o da fiore, che si imbandivano come per festa in certi periodi, si coloravano, e allungando una fronda sfrondata sottrasse la campanella a Micetta mentre distratta era intenta a farneticar di Micio.

Pian piano ogni Ramo volle dire la sua, e fu la volta del Paroliere, da scompisciarcisi dalle risate, Micetta non ricordava d’aver mai riso così prima d’allora, ma dopo un primo stupore di abbaglio dinanzi a un Albero magico_parlante, ne seguirono altri, e chiese, chiese, chiese a lungo.

“Albero, oh Albero, tu devi dirmelo, perché? Perché? Mille volte … Perché?”

Intanto, divertiti dal nuovo gioco avviato, anche i Rami Opposti volevano parlare, dire la propria,  erano le volte in cui Micetta si rattristiva, poi sentiva gli altri Rami, e tornava a sognare, e passava così ore e ore e ore alternando ravvicinatamente amore, sogno, rabbia, tristella, languore e tant’altro ancora.

Finché un giorno decise di smettere d’interrogarsi, i corsi d’acqua avevano continuato a scorrere per tutto il tempo nella stessa direzione di sempre, nascevano e morivano mici con la velocità di un incrocio di stelle, di occhi, di vacilli infestanti,  si accorse anche del suo campanello appeso sul Ramo in alto a mo di gioiello,  e volle premiare ogni Ramo con un gingillo, le sue palline di gioco, i moccoli di candele consumate e spente, ogni cosa divenne utile per adornare l’albero, si che divenne bellissimo e colorato, come già lei lo vedeva anche prima, con tutti i suoi rami.

Una notte, che era Natale, mentre osservava lo cielo da oltre l’opaco vetro della sua finestrella, vide una stella danzare in strano modo, tremante, e poi fuggire, così le venne in mente l’Albero, chissà che freddo la fuori al gelo, uscì e lo raggiunse.

Il Signore che la teneva, incuriosito la seguì, per verificare dov’è che si recasse con tanto affanno, come trafitta da pensiero che immediato reclama azione senza preavviso e senza ragione, e lo vide.

Accarezzò la sua Micetta e accese tutti i moccoli delle candele, si che l’Albero fu tutto illuminato e caldo,

ai Rami piacque sentirsi come in un abbraccio e cominciarono a sussurrar sempre più forte quando Micetta passava, “Siam tanti Rami” diceva un Ramo Scanosciuto, “ Noi ti stimiamo, noi ti vogliamo bene”, dicevan vari Rami, ma la stagione dell’amore volgeva ormai al termine, Micetta  era ora presa dal suo giocar con le palline, dapprima attaccate, per farle rotolare a terra e poi rincorrerle, stopparle e rimandarle indietro per riacciuffarle felinamente ovunque.

Soltanto un Ramo tra quelli le sarebbe per sempre rimasto nel cuore, e per quello avrebbe adornato l’albero a festa almeno una volta all’anno, scaldandolo di calore e di gioia, per poi disfarlo giocandoci insieme, ma non lo disse mai, all’Albero, qual’era quel Ramo, poiché comunque lo avrebbe ignorato non riteneva giusto sapesse, ne gli altri Rami sapessero quale tra loro le aveva preso il cuore.

 

 
 
 

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