IL CUORE DI ALBERTO

INCIDENTE DIPLOMATICO.


NO COMMENTDenuncia del 7/12/2007Oggetto: denuncia querela a carico di: 1.     Direzione Sanitaria dell’Ospedale Bambino Gesù ,centr. Tel. xxxxx,2.     Vigilanza dell’Ospedale Bambino Gesù ,3.     Servizi Sociali del Bambino Gesù, nella figura della sig. xxxx4.     xxxxxx, madre di Alberto Caimmi, nata a xxxx, rintracciabile all’utenza xxxxx. Prego considerare questa denuncia ad integrazione del proc. Pen. N° xxxxx (P.G. xxxxxx), a carico di xxxxxx, sopra meglio identificata. Io, sottoscritto Caimmi Giuliano, padre del minore Alberto, nato a xxxxxx, e residente in xxxxxxx, legalmente separato da yyyyyy, dalla quale è nato un figlio di nome Alberto il giorno yyyyy a zzzzzzz, espongo e dichiaro quanto segue: In data domenica 3 Dicembre mio figlio Alberto era ricoverato d’urgenza all’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma, unità Cardiochirurgia, per l’imminente sostituzione del pacemaker. Tale ricovero l’ho appreso soltanto il Lunedì seguente, attraverso una telefonata intorno alle 9.30, precipitandomi all’Ospedale per accertarmi da subito dell’intervento, fissato poi per il 4 Dicembre 2007, alle ore 8.30. Il martedì seguente tornavo all’ospedale, alternandomi con la madre per stare vicino ad Alberto, al suo lento risveglio dall’anestesia e nel contempo al suo stato deperito e afflitto a causa degli antidolorifici.  Improvvisamente, mentre mi apprestavo a dare il cambio alla madre, questa si rifiutava e mi aggrediva davanti al bambino, alla presenza del nonno xxxxx, appena arrivato, insinuando regole da lei inventate, tipo che il sottoscritto e il nonno non potevano stare più di 10 minuti a visita. Dato che, come al solito, non si placava l’ira incontrollata, ho sollecitato un intervento delle guardie, negatomi dal personale del reparto, il quale si è affrettato a replicare speciosamente che io non avevo alcun diritto di vedere mio figlio, poiché non ho l’affido esclusivo, anche in presenza del nonno di Alberto. Il reparto ha pensato di chiamare i Servizi Sociali dell’Ospedale, che in quel momento hanno cercato di mediare. Prendevo, dunque, un accordo preciso con certa xxxxxxxx e un’assistente giovane, non meglio identificata, le quali mi davano appuntamento per la mattina seguente, mentre d’accordo, per evitare altre discussioni, si usciva dal reparto, attorno alle 16.30. Faccio presente che la Signora xxxxxxx camminava tranquillamente all’interno del reparto senza che nessuno la fermasse, mentre io ero caldamente invitato a rispettare gli orari dell’ospedale oppure ad alternarmi, dato che ero padre di Alberto, con la madre, che, però doveva uscire, quando io ero dentro la stanza. Intorno alle 10, 30 del giorno 6 Dicembre, a distanza di meno di 48 ore dall’intervento, mio figlio era già in dimissioni. Prima di salire al reparto, mi portavo dai Servizi Sociali, come d’accordo, trovando la sig. xxxxxxe la segretaria, che prontamente affermavano che non avevo alcun diritto di vedere mio figlio, poiché non ho l’affido esclusivo. Al che mi opponevo fermamente, spiegando che la legge 155 c.c., vecchia e nuova, mi da il diritto e, soprattutto, il dovere, sempre, di vigilare sulla salute del figliolo e che loro non conoscessero la legge.Molto prevenuti e pronti ad aspettarmi con la sentenza dentro ad un fascicolo, senza nemmeno rispondere e con fare provocatorio, come se non avessi alcun diritto di niente, hanno chiamato una guardia privata, la quale, senza chiedere spiegazioni alcune, si è unita al coro, ripetendolo infinite volte, che io non potevo stare in quel ospedale, poiché non avevo l’affido esclusivo e non avevo il diritto a vedere il figlio, non avendo questi alcuna competenza per dire questo. Al che, indignato, tiravo fuori un registratore, per cercare di difendermi, chiedendo di ripetere, se fossero certi di quello che affermassero, non conoscendo la legge. A quel punto c’era un mutismo generale. La guardia privata si rifiutava da subito di fornire alcuna generalità e mi minacciava in modo terroristico, dicendo e seguenti parole: “Spegni quel registratore, altrimenti te lo spacco e lo butto dalla finestra e ora tu esci da questo ospedale e non ci entri più! Ora ti arrestiamo! Collega, prendi le manette, che a questo signore lo portiamo in prigione!”. In pochi minuti, infatti, erano arrivate altre due o tre guardie, che mi costringevano, davanti alle assistenti sociali, di peso, ad uscire, usandomi violenza con le mani addosso, mentre la mia mente correva ad Alberto che si era risvegliato dall’anestesia da poco più di 24 ore, e chiamavo in quel istante la Polizia di Stato di Trastevere, la quale interveniva in pochi minuti. Intanto le tre o quattro guardie mi portavano nel gabbiotto principale dell’Ospedale, privandomi della libertà di movimento, come fossi preventivamente in arresto, ordinandomi di non uscire di lì, in attesa della Polizia, che arrivava rapidamente chiedendo spiegazioni. Ero visibilmente alterato e scosso. La sorpresa incredibile fu che il Poliziotto chiedeva di entrare nell’Ospedale per accertare le violazioni. La guardia prontamente gli impediva di farlo, rivolgendosi così al Poliziotto: “Qui lei non può entrare, poiché non è di sua competenza. Questo è un’ospedale che cade in un territorio del Vaticano.” Il poliziotto sbigottito affermava che era sempre entrato fino a quel momento e che avrebbe verbalizzato quanto affermato dalla guardia, sempre la stessa che non voleva assolutamente fornire alcuna generalità, poiché diceva di non essere tenuto a farlo, compiendo, a mio avviso un abuso di potere. Prime domande:  Possibile che, il fatto di trovarsi in un territorio gestito dal Vaticano dia diritto ad una guardia di rifiutarsi di dare le proprie generalità, cercando subito di limitare la libertà di un genitore che deve pensare alla salute di un figlio? Ritengo che codesti comportamenti del personale dell’Ospedale siano stati indotti da false e distorte informazioni che la Le Donne ha fornito al personale dell’Ospedale, il quale, paradossalmente, subisce la volontà di un’A.G. dello Stato Italiano apposta su un decreto del Tribunale dei Minori di Messina, ma non intende riconoscere la forza pubblica intervenuta su mia richiesta per sciogliere ogni dubbio in merito ai concetti del predetto decreto e a quanto la legge dispone in materia, in particolare quelli che sono considerati non facoltà, ma obblighi a cui scrupolosamente il genitore deve attenersi. Avrebbe la sig. xxxxx  dovuto esibire passaporto per lei e per il minore al momento del ricovero in un ospedale extraterritoriale?Perché non mi hanno chiesto il passaporto allora, su cui è inserito il minore?Possono queste persone consentire il riconoscimento di uno pseudo diritto della madre essendo loro stessi cittadini italiani e non dello Stato Città del Vaticano?Possibile che in tal modo i Servizi Sociali agissero nell’interesse preminente di un minore? Debbo ritenere necessario da oggi essere scortato da testimoni e avvocati per presentarsi al cospetto di un figlio? Mio figlio crescerà dunque con l’idea di un padre inavvicinabile?Come mai non è stato fermato pure un mio amico che si era presentato per una visita in mattinata, portando un regalino a mio figlio? Come mai si dimette in fretta e furia mio figlio, dopo un’operazione così importante, impedendo al padre persino di salutarlo prima del rientro? Non è assurdo che mio figlio riprenda un viaggio di 700 km dopo così poco tempo? Perché tanta fretta? Intorno alle 12.00 la Polizia di Trastevere se ne andava confermandomi la verbalizzazione, mentre io rientravo tranquillamente dall’altra porta, salendo al reparto per vedere come stesse il figlio. Poi scendevo al seminterrato, dove vedrò anche il figlio, per incontrare il dott. Drago, responsabile dell’intervento, il quale affermava: “Vede, io non potrei darle alcuna spiegazione in merito a suo figlio, perché così mi è stato detto da qualcuno, ma dato che sono solito avere un rapporto diretto con il cliente, mi prenderò tutta la responsabilità e le spiegherò come sta suo figlio e poi le chiedo cortesemente di uscire dall’ospedale onde evitare altre discussioni”. Chiedevo chi fosse a ordinare tutto questo e mi diceva che questo non poteva dirmelo. Sembra proprio che ci sia un muro di omertà capziosa intorno all’affido di mio figlio Alberto, come se di fatto ogni singola persona rispettasse ordini fuori dalla legge, sia a Messina che a Roma.  E pensare che l’art. 4 comma 2 della legge n. 54/2006, "procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati", esprime la volontà del legislatore, in subiecta materia, di garantire una tutela unitaria in favore della prole, indipendentemente dal rapporto coniugale o, di fatto, ovvero dall'inesistenza di un qualsiasi rapporto tra i genitori. Ebbene, io non sono a conoscenza di alcun provvedimento restrittivo nei miei confronti, e mai credevo che un padre potesse perdere il diritto persino alla cura del figlio, per il fatto di non essere affidatario. Le guardie dell’Ospedale erano tutte in allerta, come se fosse entrato un delinquente con la pistola all’interno dell’Ospedale, e mi tenevano sotto controllo ovunque io andassi, compreso quando mi sono recato all’Ufficio Relazioni col Pubblico, per esporre il caso. Mi sono persino sentito dire dall’U.R.P. che la guardia in questione, impossibile da identificare, comunque in servizio attorno alle 10.30, era un brav’uomo.  Mi sono visto privare della mia personale libertà, in nome di un affido esclusivo, nel nome di un potere assoluto e primitivo su di un minore, appoggiato da medici d’ospedale e guardie private. Questi sono PRINCIPI INSANI E IMMORALI che porteranno alla rovina di un figlio minore, assegnando STRANI poteri incontrastati a un solo genitore, senza accertarsi di dove sia il buon senso e l’amore. Si preferisce dare un potere ad una donna che si rifiutava di ricoverare il figlio quando ero io ad affermarlo, sottraendolo a cure CHE GLI AVREBBERO SALVATO LA VITA, cercando di perseguitare il padre che si INTERESSA al figlio. Alla luce dei fatti esposti, lo scrivente chiede espressamente che si proceda a norma di legge per tutti i resti ravvisabili dall’A.G. contro le persone in oggetto, per aver collaborato al malessere di un figlio già penalizzato dalla nascita, restando a disposizione dell’A.G. per qualunque dichiarazione, prova od assicurazione richiesta.