Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009 |
Racconti&altro
Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.
Quando mi innamorai di Te Quando mi innamorai di Te
Alberto Guarneri Cirami - I Versi Perduti
|
Dulcinea l’avevano scritturata per un film, attraverso i buoni uffici di Valter Nobile. Era una cosa che sognava sin da ragazzina, quando guardava incantata il cinemascope e collezionava le locandine dei film. Immaginava i suoi occhi espressivi e dolci su quelle locandine e sullo schermo gigantesco del cinematografo, adorati da milioni di fan, subito dopo il ruggito del mitico leone della Metro Goldwyn Mayer. Si raccontava nell'ambiente che il regista, un giovanotto milanese della Bovisa, fosse un autentico genio ribelle. E forse era vero. Il suo looch estroso, il suo naso, le sue braccia sembravano, infatti, deporre per l’avanguardia assoluta. Un enfant prodige, un poeta maledetto donato da Lucifero al cinema d'autore. C’era anche la possibilità che il film (grazie ad un produttore di Varese) potesse essere presentato alla Mostra del Cinema di Venezia ed anche a Cannes. Ecco la gloria che essa sognava! Ci mancava solo questo per il cuore tormentato di Eugenio. La donna di cui si era perdutamente innamorato sempre più lontana da lui…lontana come una stella…”Sei invidioso per caso..?” fece lei permalosa e nervosa come mai l’aveva vista. Si erano incontrati per caso, e stavano prendendo un caffè al Bar dell'antica Galleria. “ Ma come puoi pensare una cosa simile? Tu sai che ti voglio bene…” si difese, già ferito dal tono della giovane, Eugenio. “ Senti, taglia…Mi avevi promesso, in una delle tue tante lettere, che non avremo mai più parlato di questo! Ed ora mi vieni a fare il geloso!” “ Hai ragione, come sempre, scusami! Ma sono preoccupato!” “Preoccupato? Preoccupato di che?” “ Non mi convince quel copione…” “ Ma chi ti credi di essere? Forse mio padre? Neanche mia madre mi fa simili paranoie! Solo che loro mi conoscono meglio di te, e sanno che me la so cavare benissimo da sola. Non si immischiano in queste cose! So fare bene le mie scelte io…” “ Vuoi dire che non mi devo intromettere…” “ Appunto! Non ne hai alcun diritto! Non lo avresti neanche se tu fossi il mio ragazzo! Nessuno può possedere la mia anima! Lo sai, ne abbiamo parlato! Sono libera io, indipendente, come la mia gatta…” “ Va bene! Sai che ti ho sempre rispettato per come sei. Ma non posso darti nemmeno un consiglio..?” La tazzina del caffè, nel frattempo, faceva pericolosamente la spola tra le labbra di Dulcinea ed il piattino, senza che lei si decidesse a sorbire la bevanda.“ Eugenio, ascolta, non ho nessuna voglia di litigare con te. Forse sarebbe meglio lasciarci col sapore buono del caffè…ma via, se proprio lo desideri…facciamoci male, spara! Che c’è di sbagliato nel fatto che io possa fare un film…?” “Niente! Ma come ti dicevo: il copione non mi convince!” “ Perché lo hai letto forse..?” “ Uno dei nostri colleghi di palcoscenico me lo ha mostrato…” “Ebbene..?” “Vedo che tu sarai la protagonista di una cosa davvero assurda…” “ Ed allora? A me piace!” “Contenta tu! Ma da un regista che ha firmato opere come “Strafatti” “Strafighe”, “Cazzeggiare” o “Colon Spastico”, non mi aspetto molto!” “Sei cattivo! Ed invece ti dico che il copione è interessante! Solo che tu non riesci a comprenderlo...” “ Non vorrai mica girare quelle scene di intimità e di nudo..?” “ Ah, è questo che ti brucia! Sei semplicemente geloso! Uffa, mi hai stancato. Neanche Valter mi fa tutte queste paranoie! E lui è il mio ragazzo!” “ Lui non ti ama, io si e non voglio, non voglio che sprechi il tuo talento con della gente depravata...” “Ma che dici! Sei pazzo! E' tutta gente di cinema. Poi lui, Gastone Padoin, è un vero artista...” “ Con la scusa dell'arte , vuole fare di te l'incarnazione della sua anima oscena...” “ Stai esagerando! Sei solo un moralista, un ipocrita! Finiamola qua! Farò quel film! Hai capito? E tu non potrai farci niente!” “ Brava! E i tuoi sani principi, i tuoi valori morali, tutto ciò che ti hanno insegnato i tuoi genitori, non hanno più importanza per te? Sono solo parole? Bla...bla...bla! La tua ambizione, la tua voglia di apparire ha la meglio anche su di essi? Se tu farai quel film, non capisci che tradirai la tua anima sognatrice?” “ E' a causa di questa anima sognatrice che io faccio il film, Eugenio” “No, così sarebbe troppo alto il prezzo che devi pagare per il tuo sogno. Proprio tu, che mi hai sempre ricordato di “fare la cosa giusta” non quella che può renderci dannatamente felici...?” “ E allora” “Allora tu devi fare la cosa giusta. Pazienza farai ancora teatro, il cinema può aspettare...Telefona ai tuoi genitori e vedrai che ti daranno il mio stesso consiglio!” Ella bevve allora tutto d'un fiato il suo caffè ormai freddo si alzò dal tavolo. Era solo una farfalla il suo grande amore, una farfalla bellissima capace di mimetizzarsi ogni volta con il luogo dove andava a posarsi dimenticando le mete precedenti del suo viaggio. Dulcinea salutò Eugenio, così che il mondo che lei aveva illuminato coi suoi occhi scintillanti, tornava ad oscurarsi, mentre crollavano anche le ultime illusioni su di lei. “Non sono così nobile come credi tu! Sono una donna, non un angelo del paradiso! Tu non sei innamorato di me, ma dell'idea che ti sei fatto di me! Se mi conoscessi davvero, non ti meraviglieresti così...Ed ora, scusami, devo andare! Ho le prove del film...” “Traviata, questo è il titolo del tuo film? Cos'è la storia moderna di Violetta?” “ Oh, come sei scontato! Quello, il Gastone, è un genio. Ha scritto lui il soggetto. E' la storia di una ragazza che si prostituisce...” Eugenio così, per l'ennesima volta, la vide andar via da lui, salvo a sorprendersi quando Dulcinea si fermò all'uscita del locale per chiamarlo a sé. “Cosa c'è...?” “Volevo dirti che anch'io ho qualche dubbio su alcune scene che mi riguardano...Vediamo, ne parlerò col regista! Ma se tutto va bene, ti manderò l'invito per la prima!” “Scusami, ma non verrò. Non voglio vederti! Ci starei male credimi! Non ti riconoscerei.” “ Io per te sono solo Dulcinea...” “ Tu sei il mio sogno, sei la donna che ho sognato da tutta una vita! Sei la cosa più bella che io abbia mai visto!” “Eugenio!” “Scusami...ciao allora! Abbi cura di te! |
Lo avevano trovato i Carabinieri, all’alba, vicino al mare, lontano dal luogo della strage, in evidente stato confusionale. Ivan Ruggeri era all’interno della sua macchina, con le sicure chiuse ed un tubo di gomma a collegare lo scarico all’abitacolo della vettura ancora spenta. Dopo avere, infatti, realizzato l’efferatezza del suo gesto, egli aveva deciso di suicidarsiCosì dichiarò al maresciallo, che lo aveva arrestato dopo una notte di ricerche ed avvistamenti. Il ragazzo si era arreso subito senza opporre resistenza, alzando le mani di fronte alle mitragliette spianate dei militari. Si era arreso, alzando le mani ancora insanguinate della giovane vita di Fede, la sua ex ragazza. Le stesse mani con le quali - più tardi, tra due ali di folla inferocita – avrebbe coperto il suo viso di “angelo del male”. “Ricordo tanto sangue…tanto sangue mio Dio!” continuava a ripetere, come inebetito, strascicando parole che faticavano a venire su, perché il suo petto era come schiacciato dall’orribile ricordo del suo delitto. “ Ricordo tanto sangue…ma no ero io! Credetemi, non ero io!” continuava a ripetere, stretto tra i due carabinieri che lo portavano in caserma; e poi in carcere, dinanzi al giudice per le indagini preliminari. “Io amavo Federica! L’amavo più della mia stessa vita!” Tuttavia quelle mani – che osservava incredulo - e lo stesso maglione che portava in dosso – e a cui lei si era aggrappata, prima di cadere agonizzante - continuavano ad accusarlo, prima ancora della gente lì fuori. Quel maglione ora lordo di sangue, gliela aveva regalato Fede, il natale precedente…Sembrava passato un secolo!E le sue mani – le sue mani assassine – erano le stesse con le quali aveva amato Fede. Dio cosa gli era successo! “Ma perché, Ivan,” gli chiese il padre, in uno dei loro primi colloqui avvenuti in carcere, “perché? Tu amavi Federica…” “ Si, papà, l’amavo, l’amavo troppo…” “Allora, Ivan, non capisco…” “ Federica era cambiata…voleva lasciarmi! Diceva di farmene una ragione! Farmene una ragione! Non ci riuscivo! Stavamo insieme da così tanto tempo! Eravamo dei ragazzini… Lei era tutto per me! Era la mia vita! Non ci poteva essere nessun’altra! Ma per Fede non era più così…” La gelosia di Ivan faceva paura a Federica; così come il suo amore, diventato qualcosa di “patologico e ossessivo”…Così diverso dal sogno che un tempo li aveva uniti. “Credo si fosse innamorata di un altro!” mormorò Ivan con la testa tra quelle mani… “Capisci..? di un altro!Papà non potevo permettere che lei fosse di un altro; non potevo perderla…” “Ma non capisci, figlio mio che, uccidendola, l’hai perduta lo stesso, l’hai perduta per sempre? Poteva esserci ancora una speranza di riconciliazione per voi…” “No, papà, non c’era nessuna speranza. Federica era decisa a lasciarmi….l’ho capito quel pomeriggio…” Si riferiva al tragico giorno del delitto, che adesso scorreva nella sua mente come un film dell’orrore. Era il 22 dicembre, e la ragazza aveva telefonato ad Ivan perché passasse da casa sua. Egli, anche illuso da quella chiamata, era più che mai deciso a riconquistarla. Così, grande era stata la sua delusione quando capì il vero motivo per cui Federica lo aveva chiamato. Voleva solo restituirgli l’anello che egli le aveva regalato anni prima, chiedendogli di ridarle le sue foto e le sue lettere. Ivan, allora, esasperato per la decisione della ragazza – raccontava uno dei tanti cronisti che in quei giorni si erano occupati della tragedia – aveva approfittato dell’occasione, che lei stessa gli aveva dato, per ucciderla, insieme ai suoi nonni, che invano avevano tentato di proteggerla, con un piano premeditato e feroce. “Non è forse vero Ivan? In ogni caso è ciò che pensa la polizia! E quello che pensano i magistrati. Perché ti saresti portato il coltello con te, allora…?” “ Come ve lo devo dire, papà, - replicò il ragazzo tentando invano di vincere il tremore della voce e delle sue mani da pianista, “che quel giorno non pensavo affatto di poter uccidere Fede…Anzi! I due coltelli li avevo già in macchina. Li dovevo, infatti, portare ad un collezionista, per venderli e riuscire ad acquistare un brillante a Fede! Così da farle una sorpresa…per riconquistarla! “Ma lei aveva già deciso! Nel mio cuore lei ancora non era morta, nel suo io si….” Federica, infatti, era stata irremovibile! Dopo aver detto che non lo amava più, e che la lasciasse in pace, gli aveva gettato l’anello su un tavolino, perché lui se lo riprendesse. Fu in quell’istante che scese la notte nell’animo turbato di Ivan Ma non era la notte che portava buoni consigli; era una notte cattiva, una mala notte, di quelli che scatenano i mostri che per anni vivono addormentati dentro di noi. Ivan, così, invitò la ragazza a seguirlo fuori, fino alla sua macchina, con la scusa di restituirle il pacco di foto e lettere che aveva messo nel cofano. Fu doloroso per lui constatare come ella non si commuovesse neanche alla vista delle immagini felici della loro storia. E fu proprio, in quel preciso istante, che il magnifico coltello persiano brillò sinistramente nello scuro del bagagliaio e della mente di Ivan. Di fronte alla freddezza di Federica, egli non riuscì più a controllarsi. Prese il coltello, e lo puntò verso la sua ex ragazza, minacciandola che, se non fosse tornata con lui, avrebbe compiuto una pazzia. Ella, allora, buttò via il pacchetto delle foto, e tentò di sfuggire al suo aggressore, di rifugiarsi in casa. Tuttavia, con un piede accostato ad uno degli stipiti, Ivan le impedì di chiudere la porta, che poi spinse violentemente, facendo cadere a terra la ragazza. Federica, terrorizzata, si rialzò, tentando di raggiungere i nonni, che conversavano nel giardinetto interno della casa; ma Ivan svelto le precluse ogni via di fuga e, con la lunga lama del suo khanjar da collezione, la colpì violentemente alla gola e al cuore. Finché non la vide accasciarsi mollemente a terra, fissandolo incredula, mentre dei rivoli di sangue le uscivano tra le belle labbra color corallo che tante volte aveva baciato. “Ma io l’amavo papà, te lo giuro! E l’amerò per sempre…” disse Ivan, mentre la sua voce sembrava anch’essa morire col giorno, che si spegneva tra le sbarre della sua eterna prigione. Il padre era andato via sgomento. Avrebbe voluto gridare al figlio “Ma che amore era il tuo…? Cosa c’entra l’amore con la carneficina che hai fatto? L’amore è rispetto, è tenerezza, è cercare di far felice chi è oggetto del nostro sentimento; è, semmai, morire per chi si ama….non certo uccidere!” E mentre i giornali vendevano alla curiosità della gente il mostro, in cui si era trasformato il figlio, e i genitori di Federica, straziati, reclamavano giustizia per la figlia uccisa, il padre di Ivan si chiedeva in cosa avessero sbagliato lui e la moglie.…Se per loro e per il figlio – condannato all’ergastolo – ci potesse essere una speranza di resurrezione da quel regno di “morti viventi” in cui sarebbero stati esiliati per sempre. Ma il corpo di sua moglie - da giorni chiusa in casa per la vergogna -, che penzolava da una trave del soppalco di legno nel garage, gli fece capire che anche per loro era impossibile uscire indenni da quella tragedia…
Alberto Guarneri Cirami |
Inviato da: guarneri.cirami
il 19/03/2016 alle 09:17
Inviato da: Afroditemagica
il 18/03/2016 alle 03:18
Inviato da: I_Scuby023
il 19/07/2012 alle 09:29
Inviato da: guarneri.cirami
il 30/10/2011 alle 09:39
Inviato da: MarchesaDumas
il 29/10/2011 alle 23:43