Arrotondare o campare sottoponendosi volontariamente alla somministrazione di farmaci da testare è un espediente lavorativo che pare richiami molti italiani, soprattutto studenti universitari, verso le cliniche della Confederazione Elvetica, a un passo dal confine italiano. I 1200 euro offerti in cambio di 6 giorni di ricovero attirano ogni anno 750 italiani provenienti soprattutto dal Nord della Lombardia.Sarebbero questi i dati salienti, negli attuali tempi di crisi, di un mercato che per quanto oscuro è stato scoperto da almeno un decennio. Il che la dice lunga sulla sua pre-esistenza. Un mercato che non sarebbe confinato tra i confini svizzeri, né solo europei, ma che sfrutta sempre chi è mosso dal bisogno, dall'ignoranza o dalla sete di un guadagno facile e innocuo, almeno nel breve periodo. Non sono nuove le denunce mosse alle multinazionali dei farmaci di eseguire più della metà dei loro test nei paesi del terzo mondo, complici le amministrazioni e le autorità locali.La persistenza di un siffatto mercato coi relativi rischi scuote l'ingenuità generale di tutti noi, quando in qualità di consumatori (occasionali o abituali) di farmaci di cui magari contestiamo la sperimentazione farmaceutica sugli animali, non verifichiamo in che misura la stessa passa sull'essere umano, in quali stadi e con quale trasparenza. Ancor prima che la farmacopea, la fitoterapia è nata dall'auto-somministrazione e osservazione degli effetti sull'uomo, poi tramandati da una generazione all'altra.Balzato di recente alla ribalta, e documentato dalle inchieste condotte da giornalisti (vedi Il Fatto Quotidiano, le Iene) che hanno fatto in prima persona da degenti per testimoniare le modalità d'arruolamento e il decorso dei test, il mercato delle cosiddette cavie umane denuncia un incremento degli italiani che volontariamente si offrono, a fronte di una bassissima percentuale di svizzeri che rifuggono da questa pratica pur avendola a portata di mano.
Svizzera: la sperimentazione sui farmaci si fa con le cavie umane
Arrotondare o campare sottoponendosi volontariamente alla somministrazione di farmaci da testare è un espediente lavorativo che pare richiami molti italiani, soprattutto studenti universitari, verso le cliniche della Confederazione Elvetica, a un passo dal confine italiano. I 1200 euro offerti in cambio di 6 giorni di ricovero attirano ogni anno 750 italiani provenienti soprattutto dal Nord della Lombardia.Sarebbero questi i dati salienti, negli attuali tempi di crisi, di un mercato che per quanto oscuro è stato scoperto da almeno un decennio. Il che la dice lunga sulla sua pre-esistenza. Un mercato che non sarebbe confinato tra i confini svizzeri, né solo europei, ma che sfrutta sempre chi è mosso dal bisogno, dall'ignoranza o dalla sete di un guadagno facile e innocuo, almeno nel breve periodo. Non sono nuove le denunce mosse alle multinazionali dei farmaci di eseguire più della metà dei loro test nei paesi del terzo mondo, complici le amministrazioni e le autorità locali.La persistenza di un siffatto mercato coi relativi rischi scuote l'ingenuità generale di tutti noi, quando in qualità di consumatori (occasionali o abituali) di farmaci di cui magari contestiamo la sperimentazione farmaceutica sugli animali, non verifichiamo in che misura la stessa passa sull'essere umano, in quali stadi e con quale trasparenza. Ancor prima che la farmacopea, la fitoterapia è nata dall'auto-somministrazione e osservazione degli effetti sull'uomo, poi tramandati da una generazione all'altra.Balzato di recente alla ribalta, e documentato dalle inchieste condotte da giornalisti (vedi Il Fatto Quotidiano, le Iene) che hanno fatto in prima persona da degenti per testimoniare le modalità d'arruolamento e il decorso dei test, il mercato delle cosiddette cavie umane denuncia un incremento degli italiani che volontariamente si offrono, a fronte di una bassissima percentuale di svizzeri che rifuggono da questa pratica pur avendola a portata di mano.