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LA TASCA DI STEVE JOBS parte prima

Post n°119 pubblicato il 02 Maggio 2014 da alex.canu
 

   Xin Li, ha occhi piccoli e capelli neri. Come la notte buia della città rurale da cui proviene. L'unica risorsa sono i giovani che, come lui, sempre più numerosi e a buon mercato, le abbandonano, preferendo il caos distruttivo delle città in costruzione.                               

Xu Tien ha due anni più di Xin Li, e lo tiene stretto al collo, mentre con l’altra mano, chiusa a pugno, gli da dei colpi affettuosi sulla testa.                                                                     

- Lasciami, - gli grida Xin Li, ridendo e godendo dell’amicizia di Xu Tien. Ha un paio di occhiali rettangolari, con la montatura in metallo grigio che gli fanno sembrare gli occhi ancora più piccoli. Indossa una maglia a righe, col numero e il nome di un calciatore che gioca in un club europeo stampato sopra. E` lui che ha convinto Xu Tien ad abbandonare la città rurale, per andare insieme a Beijing a cercare nuove opportunità di lavoro.

 

 

   A Cupertino, nella calda contea di Santa Clara in California, un uomo alto e magro, con occhiali rotondi, si gratta la barba diventata ormai grigia. I capelli si sono fatti radi e non accolgono più il gesto imperioso delle dita che scavano fra le chiome alla ricerca di impossibili risposte. Tutte le domande che si era posto sono state soddisfatte, alcune addirittura prevenute. Il sacro terrore che destava fra i suoi collaboratori era pari solamente alla loro adorazione. Si muove a suo agio sul palcoscenico dove prova il discorso che dovrà tenere ad una platea di centinaia di investitori e addetti ai lavori. In mano stringe un nuovo telefono cellulare. Slide, presentazioni, collegamenti e poi il momento cruciale, quando mostrerà, a tutto il mondo, il nuovo oggetto che ridisegnerà la mappa dei desideri e che sposterà, di parecchi centimetri in alto, l’asta per una concorrenza da sempre priva d’immaginazione.

 

  Xu Tien si pizzica il lobo dell'orecchio, su cui è infilzato un orecchino che ha la forma di una piccola lancia, mentre si lascia convincere facilmente da Xin Li ad andare insieme a Beijing. Riempiono in un pomeriggio due zaini, con poche cose prese in casa, caricano le tasche con qualcosa da mangiare per i primi giorni e con un camion scoperto, affollato da tanti altri Xin Li e Xu Tien come loro, partono la mattina presto per Beijing.                                             

- Dicono che sia molto grande, - dice Xin Li, - troveremo un lavoro qualsiasi che faccia per noi, tanto per iniziare, poi sicuramente le cose miglioreranno e quando avremo guadagnato un po’ di soldi apriremo un negozio nostro. Al loro arrivo a Beijing però, i camion non si fermano davanti alle fabbriche, ma vengono inspiegabilmente dirottati verso una delle stazioni secondarie, dove un lungo treno, in partenza per Zheng Zhou, nella provincia centrale dell’Henan, aspetta di completare il suo carico di giovani come loro.                        

- Salite, presto, andate li, il lavoro non manca di certo, - gli dicono. - Guadagnerete fino a cinque volte di più, e la paga è in yuan che potrete, fin da subito, convertire in dollari sonanti.                                                                                              

I due amici non se lo lasciano ripetere due volte e gettano i loro zaini nel primo scompartimento, sognando dollari verdi, anziché rosa yuan. I progetti dei giovani cambiano rapidamente, sono plastici e adattabili. Aderiscono pienamente alla vita, nel suo scorrere disordinato e tumultuoso e ogni novità pizzica la loro curiosità, come l’amore, quando solletica alla radice dei capelli.

 

 L’uomo alto e magro, con i capelli grigi e radi, indossa un paio di blue jeans sbiaditi e non appare per nulla tranquillo. Ha la faccia scavata, come di chi ha fame, e lo sguardo da folle. Forse per quello che, alcuni mesi prima, dopo un normale controllo, i suoi medici, con molto tatto, gli hanno detto. Un cancro al pancreas se lo sta portando via. Non un “normale” tumore al pancreas, ma un carcinoma delle cellule neuroendocrine pancreatiche. Solamente 5 casi su cento di tumore al pancreas presentano questa anomalia, e lui è uno di questi cinque casi supersfortunati. Non è mai stato nella media, d’altra parte, neppure adesso nella malattia più crudele del mondo. Ora passa metà del suo tempo a studiare la forma e la possibile origine di questa patologia. Analizza decine di casi simili al suo. Trova un conforto sordo e impotente nel passare ore davanti al computer, ordinando in rassegna le immagini di uomini ben pettinati e di donne con fragili e patetiche messe in piega che, sorridenti e probabilmente già morti, lasciano le loro foto in formato passaporto, commentate da post, carichi di parole di speranza, della loro angosciata agonia.

 

 Xin Li e Xu Tien partono finalmente con quel treno speciale che, lentamente e a scossoni, li porta nella fabbrica di Zheng Zhou, nella lontana provincia dell’Henan, di cui fino a quel momento non avevano mai sentito neppure parlare. Ridono e fanno progetti per il loro futuro, insieme a cento altri giovani che con i loro zaini disordinati riempiono lo scompartimento. Accanto hanno preso posto alcune ragazze di Beijing, molto disinibite e allegre, salite all’ultimo momento, che mettono in imbarazzo i due giovani contadini. Xin Li ha afferrato al volo i loro bagagli facendogli spazio accanto ad essi.                                      

- Guadagneremo 2550 yuan al mese, che saranno circa quattrocento dollari americani, e con quelli ci potremo comprare tutto quello che vorremo. - Dice Xin Li a voce alta, sognando a occhi spalancati.                                                                                                           - Manderemo una parte dello stipendio alle nostre famiglie. - Risponde allegramente Xu Tien, partecipando all’entusiasmo contagioso dell’amico.                                                       

- Non credo proprio, - risponde con una risata di scherno una delle ragazze che divide il loro stesso scompartimento. - 1800 yuan completamente rosa, questa sarà la nostra paga, 285 dollari al mese, che sono molto al di sotto dei 2700 yuan pagati regolarmente ai quattrocentomila operai di Beijing. Non manderete niente alla mamma, ci dovremo comprare da mangiare nei Loro spacci e pagare l’affitto della stanza che Loro ci daranno e dove andremo a dormire dopo 12 ore di lavoro. Non vi rimarrà niente da mandare a casa, belli. Morirete di fatica come tutti gli altri o diventerete duri come le pietre del fiume e neppure allora vi rimarrà nulla, neppure per piangere per voi stessi. Io me ne andrò via molto presto, un anno al massimo, non spenderò niente di quello che guadagnerò. Se i miei genitori si aspettano che gli mandi qualcosa, stanno freschi quei due. Ogni giorno, dopo il lavoro, frequenterò un corso serale da estetista e aprirò una mia attività e sarò io a far la padrona. Xin Li osserva le due ragazze e pensa che sono matte, ma una delle due, l’estetista, gli piace subito e la tocca sulla schiena, quella si gira e gli ricambia il sorriso, ma stavolta un’ombra oscura la sua acerba bellezza.                                                                

- Come ti chiami? - gli chiede, con una voce fattasi d’improvviso dolce e accogliente.           - Xin Li, - le dice, - e lui è Xu Tien, il mio migliore amico. Tu come ti chiami?                       - Niu Xiaobei, - risponde la ragazza, mentre il treno corre rapido da Beijing verso la lontana provincia di Zheng Zhou, che nessuno di loro ha mai visto.                                                 - Ti piacciono i miei capelli? - dice Xin Li, facendosi più audace, avvicinandosi alla compagna di viaggio.                                                                                                                       - Non tanto, ragazzino, - risponde con una risata Niu Xiaobei. - Quanti anni hai? si può sapere.                                                                                                                           - Io ne ho diciannove. Tu come me li faresti allora?                                                             - Te li tirerei su, portando avanti delle ciocche sulle orecchie. Sembreresti più grande. Non li hai mai visti i ragazzi di Beijing? Hai da fumare?

 

   L’uomo alto, con gli occhiali dalla montatura rotonda, mangia strane erbe che, qualcuno gli ha detto, riportano il suo magro corpo ad uno stato alcalino accettabile. Combatterà così la terribile malattia che inizia già, rabbiosa, a ruggirgli dentro. Non ha accettato di sottoporsi a nessuna operazione chirurgica. La sua guida spirituale vegana gli ha detto che non dovrà far altro che mangiare delle erbe che lo strapperanno all’acidità dell’incubo nel quale è precipitato, gli ha detto.                                                                                                   - Il segreto di tutto sta nella parola ‘alcalino’. Ripeterla spesso, come un mantra: Al-ca-li-no, Al-ca-li-no. Passerà tutto. Da quando si è diffusa la notizia della sua malattia, le azioni quotate in borsa della sua azienda sono calate. L’uomo alto, col maglione scuro, i jeans sbiaditi e le scarpe da ginnastica, mostra un volto smagrito, spaventato, il suo mostro personale si chiama ‘metastasi al fegato’, ma questo è bene non pronunciarlo come il mantra dell’alcalinità. Le cellule impazzite del suo pancreas si spostano senza documenti, da una regione all’altra del suo corpo, mentre lui sale sul palcoscenico, stringendo in una mano il suo piccolo telefono inutile. Quando infila il cellulare nella tasca posteriore dei blue jeans, la platea, colma di invitati in abito elegante, applaude e lui con la voce stanca, appena riscaldata da un sorriso tirato, annuncia la più grande rivoluzione della storia delle comunicazioni via web. Cammina nervosamente davanti al grande schermo alle sue spalle, mentre osserva le persone sedute sulle prime file. Molti di loro hanno affittato per l’occasione giacca e cravatta abbinati, a prezzi ragionevoli, da restituire il giorno successivo.

 

  Alla stazione di Zheng Zhou, migliaia di formiche operaie scendono dai vagoni, lanciando dai finestrini, borse e sacche piene di pane sbriciolato e ingenue illusioni, ancora prima che le loro antennine percepiscano il lento rallentare del treno. Quando le lamiere degli scompartimenti si aprono, tonnellate di carne in scatola con occhi come fessure e braccia strette a sopportare il freddo ghiaccio del mattino, si riversano nelle strade e nei cavalcavia. A migliaia si toccano gomiti e ginocchia senza conoscersi affatto, tutti uguali, drammaticamente giovani. Tutti verso un’unica direzione, tre ore di lavoro, pausa di un’ora, dalle undici a mezzogiorno, per il pranzo nella mensa aziendale, poi una volata fino alle cinque del pomeriggio; più almeno due ore di straordinario, sempre. Sono tutti ragazzi, ridono e gridano migliaia di nomi contemporaneamente. Giacche, maglioni, giubbotti jeans in disordine e capelli tenuti su dal gel. Altri, nelle banchine delle stazioni accolgono i nuovi arrivati, stupiti e felici di ritrovare amici e parenti che avevano lasciato mesi prima, sepolti in chissà quante zone rurali e inaccessibili di quell’immenso Paese.                                       

Xin Li afferra la mano di Niu Xiaobei e grida qualcosa al suo amico Xu Tien. Si ritrovano, tutti insieme, a camminare in una gigantesca piazza sterrata, dove palazzine di sei piani, costruite come alveari dormitorio, crescono così rapidamente che, man mano che i lavori vanno avanti, le persone già abitano i piani finiti. Alle pareti enormi neon colorati riproducono i nomi dei nuovi totem dell’era capitalista, Nokia, HP, Apple, Samsung, Dell. Dalle finestre, chiuse da grate in metallo, panni di ogni colore stesi sui riquadri delle inferriate ad asciugare, volano strappati dal vento, come a salutare festosamente i nuovi operai, i nuovi schiavi di quella macchina dell’inferno, come nelle carceri di ogni parte del mondo. Qualsiasi essere umano appare come un puntino infinitesimale, un pixel neutro, insignificante ma necessario, un abbozzo primitivo di quella che potrebbe essere considerata la cellula base della vita umana, se non servisse esclusivamente come manodopera per produrre merci a basso costo.                                                                                             I tre amici salgono sopra un ponte provvisorio di metallo che, con una serie di angoli e serpentine improvvise, porta sull’altro lato della piazza polverosa, scavalcando i camion e le betoniere che scaricano calcestruzzo, dentro capaci gabbie fatte di tubolari di ferro che saranno i pilastri su cui si reggeranno quegli immensi alveari di esseri umani. Il clima che respirano è di attività frenetica e follia collettiva. Sull’altro lato del grande sterrato, decine di camion raccolgono tutti quei giovani. Una voce che grida da un altoparlante li informa che possono raggiungere gratuitamente le fabbriche, salendo ordinatamente sui camion. Si raccomanda di tenere stretti i bagagli e di avere particolare cura per i documenti. Niu Xiaobei ride, felice di quella confusione. Ha trovato il luogo ideale dove nascondere le sue insicurezze. Di Beijing si è già dimenticata, ha trovato un nuovo fidanzato, ingenuo e bello, pensa. Dormiranno insieme e lavoreranno in una fabbrica che produce componenti per quelle famose multinazionali occidentali, di cui ha visto i neon illuminati sui muri dei palazzi. Quando il camion dove i tre amici hanno trovato posto riparte, Xin Li abbraccia Niu Xiaobei e ha ormai un vago ricordo della campagna dei genitori che si è lasciato alle spalle. Xu Tien sorride, osservando con un po’ d’invidia il nuovo amore del suo amico, hanno diviso sempre tutto, pensa, divideranno anche quello.

 

  L’uomo alto e magro, nella sua lussuosa casa in California, guarda per la centesima volta un video scaricato da You Tube. In queste immagini, vestito con una toga nera, parla ad un gruppo di studenti dell’ultimo anno alla Stanford University. Sta dicendo della sua lotta al cancro che lo divora, mangiandogli la carne, pezzo a pezzo, come un raffinato gourmet impazzito.                                                                                                                       - I medici mi avevano dato appena tre o sei mesi di vita, - dice, con un sorriso tirato, fissando un ragazzo delle file centrali. - Mi hanno infilato un tubo dritto nella gola e poi nella pancia e fino al pancreas. Non sapevo neppure cosa fosse, il pancreas, fino ad allora. Hanno fatto una biopsia e quando i medici hanno visto i risultati si sono messi a piangere per me. Mi hanno detto di mettere ordine nei miei affari e salutare i miei figli. Il cancro si è poi rivelato di una forma curabile con un'operazione, e ora sto bene. 

Applausi dei giovani studenti americani. La, tutto finisce sempre bene. 

Quando spegne il televisore, prende in mano alcune foto sbiadite e le avvicina, sovrapponendo i lembi inferiori. Vi compaiono due giovani, un uomo e una donna. Lei ha già l’aspetto di una signora, è svizzera. Lui è invece uno studente siriano di scienze politiche dall'aria sonnacchiosa. In un’altra foto, un signore con i capelli pettinati, una camicia bianca a maniche corte e la cinta dei pantaloni, lava l’automobile e sorride ad una donna, forse sua moglie, che indica con evidente orgoglio la nuova casa che hanno appena acquistato. Un’altra immagine mostra una donna sorridente, capelli lunghi e naso aquilino, come il suo. E`una scrittrice di successo, ha sposato un uomo che fa Appel di cognome, non è curioso? L’uomo magro consegna la sua testa alle sue proprie mani che l’accolgono con rassegnazione. Gli occhi si chiudono, come due pixel quadrati e vedono Woody, un pupazzo di plastica vestito da cow boy, con le mani nella sua stessa identica posizione.                     

- Verso l’infinito e oltre, - mormora, e nonostante tutto, sorride.

 

 

   Nel grande edificio a sei piani della Foxconn, Xin Li e Niu Xiaobei lavorano senza sosta per 14 ore al giorno. Indossano delle magliette bianche, con la scritta, ‘I Love Foxconn’ e una fascia che gli copre la testa, per evitare che i capelli possano cadere accidentalmente nei delicati componenti elettronici che stanno assemblando. Ogni più piccolo pezzo che toccano ha una graziosa mela stampata sopra, ma loro non ci fanno più caso ormai. Xin Li si è dimostrato essere violento talvolta, Niu Xiaobei ne è rimasta spaventata. I ritmi ossessivi di lavoro non consentono a nessuno di stabilire dei rapporti sereni con i propri compagni. Appena arrivati in fabbrica sono stati aggrediti dal frastuono e dall’indifferenza dei compagni di lavoro. Oltre trecentomila giovani come loro che si alternano in turni che tengono le luci della fabbrica accese ventiquattro ore su ventiquattro, come nei pollai della sua città. Niu Xiaobei vorrebbe tornare a casa, ma il contratto in bianco che ha firmato volontariamente la obbliga a restare. Nello stesso contratto gli operai assunti liberano l’azienda da ogni responsabilità circa i disumani orari di lavoro. Si impegnano, sottoscrivendo una clausola obbligatoria, a non suicidarsi e ad essere felici. La maglietta bianca che indossano è un’assunzione d’impegno e di amore verso alla fabbrica che gli da lavoro. La Foxconn ha bisogno del loro incondizionato affetto, oltre che delle numerose ore di lavoro. Niu Xiaobei non crede più alla felicità, da quando ha visto dita tranciate di netto, da quando è costretta a lavorare, per tante ore, stando in piedi; da quando, l’unico momento di riposo è diventato il far cadere a terra qualcosa per potersi chinare a raccoglierlo. Le guardie allora, con dei bastoni, picchiano gli operai sulle gambe, ma lei sa come tenerseli buoni.

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