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Pietro Civitareale: “Mitografie e altro”

Post n°53 pubblicato il 04 Agosto 2008 da alfredofiorani
 

di: Alfredo Fiorani

Una nuova raccolta di versi del poeta abruzzese che vive a Firenze.
Quest’ultima impegnativa raccolta di Pietro Civitareale “Mitografie e altro” è il resoconto minuzioso di una “contemplazione esistenziale”, come non mai rispetto alle raccolte precedenti, avvolto da un tramato velo di malinconia e tristezza per quel fluido ed inesorabile andare del tempo a cui il poeta oppone la solidità della meditazione nel mero tentativo di arginarne lo strapotente dilagare.
«Non vogliamo che la vita passi» è il verso che sta dietro ogni altro, quasi impigliato fiocco di pioppo alla rete di recinzione che separa il di qua che resta da vivere dall’al di là che è stato. Incombe, insomma, una permanente linea d’ombra in questa raccolta: una linea di demarcazione a dividere le fasi della vita che solo la mente del poeta è in grado d’attraversare poiché ne conosce i punti di congiunzione, le zone di passo, i valichi, in una parola, i punti d’osservazione che gli permettono d’affacciarsi sui versanti aspri del passato di cui solo e soltanto lui ne conosce il paesaggio: solo lui ne conosce totalmente la storia e la geografia.
Gli è quasi divenuto un richiamo ossessivo tanto che vi ritorna sopra col pensiero per scrutare, per verificare dal suo privilegiato osservatorio che tutto quanto s’è compiuto si è compiuto nel modo in cui si doveva compiere, se magari qualcosa non sia stata considerata adeguatamente da determinare e condizionare il cammino, se ad altre occasioni non si sia mancato di riservare la giusta attenzione, perché «fummo indifferenti o distratti», se troppi abbandoni a scialbe astrattezze non abbiano prevalso sulla concretezza dell’agire, se non ci si è adattati alla quiete delle bonacce per paura di possibili tempeste… I sospetti si susseguono impietosi e lui vi scava dentro, come un famelico virus la carne ferita, a cercarvi la prova dell’innocenza, la prova convincente che gli facesse dire: “Non poteva andare diversamente”.
Ma è una fatica infinita, sfibrante, auto lesionistica. Eppure, non riesce a trattenersi. Così i dubbi si sommano ai dubbi, perplessità a perplessità, incertezze ad incertezze. Da assassino ad accertarsi che non ci siano indizi di sé a condannarne l’operato: «Librato sotto l’azzurro abisso,/scruto i venti,/decifro antiche visioni.»
Una speculazione non facile, giacché molto si è cancellato, alterato, altrettanto sbiadito ed eroso. Lo stesso paesaggio «non si ricorda più di noi ed a stento abbiamo/ritrovato il sentiero.»
Non gli resta che ridiscendere la china della memoria con qualche consapevolezza e molte insicurezze sull’epoca che gli è toccata, «un tempo» scrive, «così singolare,/dove le città sono fantasmi di vetro/e la gente ha gli occhi accecati/dallo splendore dell’oro»; ed ancora svariati ed irresoluti pensieri a trattenerlo su se stesso in questo autunno di vita e la méta è là, l’ultima «dimora nel cuore della terra» davanti a sé.
E’ vero, del corpo non resterà traccia alcuna, forse neppure del pensiero, a testimoniare una vita, ma questo riguarderà unicamente il destino degli uomini che non hanno voluto (potuto) parlare di se stessi o del mondo, che hanno preferito l’emenza della supina accettazione degli eventi senza la coscienza del loro compiersi all’inquieta complessità della meditazione; di certo, sarà il destino assegnato a coloro che hanno avuto paura di rischiare il giudizio di altri uomini e non quello dei poeti, non quello di Pietro Civitareale.

(Pietro Civitareale, “Mitografie e altro”, Raffaelli Editore, pref. Giuseppe Panella, pp. 102, Euro 10)

 
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