Tokio Hotel

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Parte 1PER GLI AMICI: TH Sebbene sia molto lontana dall’arrivare al suo epilogo, la storia dei Tokio Hotel è già esemplare. “Siamo in questo mondo da molto tempo perché viviamo per e con la musica” proclama Bill, il cantante dal “look androgino”. La situazione: due fratelli gemelli, insieme a due compagni e ai produttori che credono in loro. Il successo dei quattro di Amburgo (dove adesso risiede il gruppo e dove abbiamo scattato la maggior parte delle foto di questo speciale) è stato fulmineo, prima in Germania e poi in tutta Europa. Sei vittima della Tokiomania? In tutti i casi, in Spagna, gli affezionati rispondono senza dubbio con tutta la posta, le lettere e i commenti che hanno bloccato il nostro sito web: a partire da questo ci siamo messi all’opera. Perché è il momento giusto per il rock tedesco (vedi il dossier alle pagine 25-28) e il meraviglioso racconto di Bill, Tom, Georg e Gustav è senza dubbio la storia rock più bella di quest’anno. Per questo valeva la pena fare uno speciale su questo gruppo. Speriamo che a tutti voi piaccia leggerlo.TOKIO HOTEL, BAND DI FRATELLI Amburgo, martedì 21 novembre. Siamo con i Tokio Hotel in uno studio fotografico vicino a casa loro. Regna il buonumore e le quattro nuove megastelle del rock tedesco sono finalmente pronte a rispondere alle nostre numerose domande. Prima parte di un’intervista esclusiva. Avete fatto un concerto a Mosca. E’ stato un giorno speciale per voi? Bill Kaulitz (cantante): Mosca ci è piaciuta molto: è stata un’esperienza che ci ha portato sorprese ed emozioni. Ne abbiamo un ricordo meraviglioso perché è da molto tempo che non suonavamo insieme e alla fine eravamo davanti a migliaia di persone. E’ stato incredibile. In Russia, è stato come in Francia? Deve essere strano sentir cantare le vostre canzoni in tedesco fuori dalla Germania.Tom Kaulitz (chitarrista): Proprio così, questo ci ha sorpreso molto ma ci è anche piaciuto. Quando abbiamo suonato a Parigi, non c’è sembrato vero di sentire il pubblico di cantare le nostre canzoni in tedesco. Per Mosca abbiamo pensato esattamente lo stesso. Le nostre fan si sono messe a cantare i ritornelli in tedesco e per noi è stato qualcosa di fantastico!ORGOGLIOSI DI CANTARE IN TEDESCO Siete orgogliosi del successo che avete ottenuto fuori dalla Germania? Bill: Sì, senza dubbio. Ne siamo molto orgogliosi, soprattutto di poter realizzare il sogno che avevamo quando abbiamo cominciato: viaggiare insieme e dare concerti in Paesi stranieri. Prima di tutto perché è molto raro che un gruppo rock tedesco possa ottenere un risultato simile in altri Paesi con canzoni nella nostra lingua madre. Quando ci penso, mi sorprendo molto e mi entusiasmo a vedere dove siamo arrivati con la nostra musica. Vi ricordate i vostri primi contatti con la musica? Bill: Sono pronto a cominciare! (Ride) Avevo appena sei anni quando ho sentito una necessità enorme di far musica, soprattutto rock. Avevo delle idee per delle canzoni e con Tom, mio fratello, ho pensato di fare delle brevi melodie guardando musicisti in televisione o ascoltando dischi rock che avevamo in casa. Prima di immaginarmi davanti a un pubblico a cantare, volevo scrivere i miei testi e la mia musica. Tom: Lo stare sempre insieme ha formato in noi una speciale attitudine per fare musica e ci ha motivato a migliorare. Georg e Gustav, è lo stesso per voi? Georg Listing (bassista): Sì, è molto simile, in quanto sono sempre cresciuto con la musica e in questo mondo sono maturato. Mi ricordo che avevo 8 anni quando andai ad un concerto dei Rolling Stones. Per me fu un’esperienza importante. Da quel momento per me è stato chiaro che il mio sogno era quello di suonare davanti ad un gran numero di persone e di vivere la mia musica. Fin da quand’ero molto giovane, i miei genitori mi hanno spinto verso questa musica. Non avrei mai pensato di battermi per questo, tanto meno con gli altri.Gustav Schafer (batterista): Uguale per me. Sono sempre cresciuto con la musica. Mi ricordo che guardavo incantato un video dei Pink Floyd. Avevo 5 anni. Credo che questa fosse la prima volta che ascoltavo del rock. Per me fu speciale. Quel giorno compresi quello che avrei fatto della mia vita. Di colpo, quella stessa notte, mi vidi che suonavo con la batteria e continuavo a tamburellare sulla tavola durante i pasti. Suppongo che questo desse fastidio ai miei genitori, però mi permise di familiarizzare col ritmo. Mi serviva anche da sfogo. Quanto ha aiutato i Tokio Hotel crescere in famiglie dove il rock era ben accolto? Bill: Il mio patrigno è un chitarrista. Ci ha portato a un sacco di concerti e ci ha fatto girare per gli studi. Ciò ci ha portato a desiderar di fare lo stesso. In ogni caso, la sua influenza è molto forte nella musica dei Tokio Hotel. DIVENTARE UN MUSICISTA FAMOSO All’inizio, come vedevano il gruppo i vostri genitori? Tom: Di fatto, i nostri genitori ci hanno sempre sostenuto molto. Ci hanno appoggiato sia moralmente che economicamente. Bisogna dire che all’inizio non era che un hobby. I nostri genitori non pensavano che sarebbe finita così, e nemmeno noi. Siccome il mio padrino sognava di diventare un musicista famoso, è stato il primo a capire la nostra scelta. Ci siamo sempre sentiti davvero sostenuti. Dopo, mentre il gruppo progrediva, si è aggiunta fiducia e orgoglio. Mi ricordo che, per i nostri primi concerti, i nostri genitori caricavano gli strumenti in macchina. Noi potevamo rimanere alzati fino a tardi alla fine dei concerti e apprezzare la musica al massimo. Che fortuna che abbiamo avuto! Che sentimenti provate a ricordare i primi incontri del gruppo? Nostalgia, tenerezza? Bill: Ripensiamo al percorso e a tutte le cose che abbiamo fatto col gruppo e grazie ad esso. Dato che è trascorso appena un anno mezzo, ciò che abbiamo vissuto è stato un autentico miracolo. E’ successo tutto molto in fretta. Non siamo più in grado di valutare quello che abbiamo davvero perso, siamo euforici per tutto ciò che siamo riusciti ad ottenere. E’ incredibile e un po’ strano il fatto di vivere grazie al gruppo. Viaggiamo molto e non abbiamo molto tempo per lasciarci andare alla nostalgia. Sì, oggi siamo un po’ più vecchi, abbiamo cambiato la voce (Ride) e adesso è un po’ più bassa. Può essere che abbiamo un po’ di nostalgia della vita che avevamo prima perché tutto è cambiato molto in fretta con il successo del nostro primo disco. La nostra vita privata non è cambiata tanto. Continuiamo a studiare, ma facciamo più concerti. Oggi suoniamo anche durante la settimana, mentre all’inizio lo facevamo solo nel week-end. Per noi è cambiato tutto e di fatto siamo più ambiziosi. Di colpo, in un modo o nell’altro, non ti sappiamo dire cosa abbiamo perso sulla nostra strada, ma preferiamo concentrarci su quello che abbiamo guadagnato. In ogni modo, quando ci accorgiamo di questa nostra evoluzione, possiamo dire che abbiamo fatto molta strada in quello che abbiamo sempre desiderato. OGNI GIORNO IN UNA CITTA’ DIVERSA! Ora vivete ad Amburgo. E’ diverso da Magdeburgo dove avete passato la maggior parte della vostra infanzia? Bill: Effettivamente è diverso, molto più grande. Però, dal momento che continuiamo a cambiare posto, abbiamo l’impressione di non avere una casa fissa. A forza di viaggiare tutti i giorni è come se vivessimo di volta in volta di città in città. Abbiamo la sensazione di essere sempre in giro. Ogni giorno in una città diversa! Di fatto non viviamo a casa nostra, ma più negli hotel che stanno vicino alle sale da concerto (Ride)! La verità è che questa cosa è piuttosto destabilizzante, perché veniamo da un paese molto piccolo: è incredibile, se ci penso! Il fatto di venire da un paesino e vivere questo cambiamento, non vi spaventa un po’? Tom: Sì, un po’. A volte è difficile stare lontani da casa, sentiamo di meno gli amici e la famiglia, comunque siamo sempre in contatto. D’altra parte, siamo talmente immersi in quello che facciamo da non avere tempo di lamentarci o di sentire nostalgia. Per adesso, quello che ci importa è proprio fare quello che desideriamo e registrare ciò che suoniamo. ORRORE A SCUOLA, ORRORE A SCUOLA Torniamo al vostro disco e alla prima canzone, “Schrei”. Parlate della scuola come se la odiaste. Perché? Bill: Sì, abbiamo passato dei bruttissimi momenti a scuola. E’ chiaro che ne abbiamo solamente cattivi ricordi. Soprattutto dei professori. Non abbiamo alcuna voglia di ritornarci! Per colpa di qualcuno, potremmo dire che è stato davvero orribile. Era tanto orribile che l’unico bel ricordo che ho è quello di quando ci incontravamo con gli amici per andare a scuola (Ride). Eravate molto propensi a creare le vostre canzoni, era per voi una sorta di “scuola alternativa”? Tom: Non saprei, non direi “scuola alternativa”, però qualcosa di vero c’è. Fare musica era innanzitutto un modo per disconnettersi totalmente dal mondo della scuola che ci asfissiava. Nel suonare, ci dimenticavamo dei nostri problemi quotidiani, soprattutto dei nostri problemi in classe. Gridare è un segnale di ribellione. In “Schrei”, con chi ve la prendete? Bill: La canzone non evoca niente di concreto, come una ribellione contro la scuola, gli adulti e cose del genere. E’ più generale. E’ contro tutto ciò che ci impedisce di vivere i nostri sogni, essere se stessi. “Schrei” non si concentra solo sulla scuola, ma è un grido contro la monotonia quotidiana, un grido contro chi ci fa rinunciare ai nostri sogni più folli. In ogni modo, ho scritto questo testo per battermi contro tutti quelli che ci hanno ostacolato, che incontravamo a scuola o altrove. Nel registrare “Schrei”, pensavate che avrebbe avuto un successo così grande? Georg: Di fatto, non abbiamo immaginato nemmeno un momento di poter ottenere tanto successo con questa canzone o con qualcun altro. La nostra casa discografica non dava più importanza ad una canzone piuttosto che a un’altra. Questo è raro: abbiamo la fortuna di avere un pubblico a cui piacciono tutte le nostre canzoni, non solo una.Bill: In ogni canzone cantiamo un po’ della nostra storia e pensiamo sia questo ciò che piace. E’ certo che “Schrei” è una canzone che c i definisce bene, che corrisponde esattamente dove siamo. La prova è che il nostro pubblico si identifica. COMBATTERE PER NON RINUNCIARE In “Durch den Monsun” si evoca una tormenta naturale per parlare di amore. E’ il vostro lato romantico? Bill: No, uso immagini per raccontare delle cose, sono solo un’allegoria. Si concentra su temi molto più generali come l’amore e l’amicizia. Parla della tormenta, della tempesta per sottolineare il fatto che nella vita ci sono cose buone e cattive e che uno deve aggrapparsi a ciò che crede e ai suoi sogni. Attraversare il Monsone significa che si deve combattere per non rinunciare alle nostre speranze. Io gioco solo con le immagini. In ogni modo, io creo un mio immaginario e ognuno può interpretarlo a modo suo.
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