Creato da ritacoruzzi2 il 08/04/2011
 

ARCOBALENO

blog di Marta Martelli

 

 

« RAGAZZO TREDICENNE INVEN...REFERENDUM: ALTA LA PERC... »

REFERENDUM: COME E PERCHE' VOTARE

Post n°25 pubblicato il 08 Giugno 2011 da ritacoruzzi2
 

Alla vigilia del voto per i referendum, ancora molti sono indecisi o non hanno chiare le motivazioni per fare una scelta ponderata. Ho trovato un interessante articolo che spiega le ragioni del sì e del no riguardo al voto sull'acqua.

Referendum sull'acqua: ecco le ragioni del sì e del no

Mercoledí 08.06.2011 15:45

FORUM/ Referendum sull'acqua: tu come voterai?

Si avvicina il referendum sull'acqua e si moltiplicano le campagne di sensibilizzazione al voto e non. Per capire meglio il tema oggetto della consultazione Affaritaliani.it ha chiesto a due esponenti dei due comitati, quello del sì e quello del no, di spiegare ai cittadini i quesiti sui quali sono chiamati a esprimersi.

Ecco le risposte di Valter Bonan, esponente del Comitato promotore del referendum "Due Sì per l’Acqua Bene Comune" (www.referendumacqua.it), e Walter Mazzitti, presidente del Comitato nazionale per il no ai referendum sui servizi pubblici locali e tariffa dell'acqua (www.acquabenepubblico.it).

acqua igiene

Qual è l'oggetto del referendum?

Valter Bonan - Comitato sì: "Fermare, attraverso l’abrogazione di puntuali norme legislative, l’obbligatorietà della privatizzazione del servizio idrico integrato e impedire la mercificazione, tramite il profitto, dell’acqua, un bene comune essenziale per la vita. In sintesi una iniziativa di legittima difesa dei cittadini su fondamentali diritti e servizi di interesse generale, praticata coerentemente attraverso lo strumento di democrazia decisionale diretta qual è il referendum".

Walter Mazzitti - Comitato no: "Sono due i quesiti referendari sui quali i cittadini saranno chiamati a votare. Il primo quesito riguarda le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. I referendari, in maniera mirata hanno fatto passare il messaggio che il quesito riguardi solo l’affidamento della gestione dell’acqua, mentre lo stesso quesito è relativo a tutti i servizi pubblici locali e quindi anche al ciclo dei rifiuti e al trasporto pubblico locale. In questa situazione i cittadini rischiano di esprimersi sull’onda della emotività provocata dagli slogan fasulli dei referendari senza accorgersi che votando si rinuncia all’avvio di un grande processo di ammodernamento, attraverso l’apertura al mercato di servizi essenziali per il cittadino. Il secondo quesito è relativo all’eliminazione o meno di una componente della tariffa e cioè la remunerazione del capitale investito. Si tratta di un quesito assolutamente fuorviante richiesto dai referendari per eliminare i privati dalla gestione. Difatti eliminando la remunerazione del capitale, ovvero l’utile d’impresa, nessun imprenditore privato rischierebbe l’investimento. Anche in questo caso i cittadini ignorano che la remunerazione del capitale è tuttora ricompreso nelle tariffe dell’acqua gestita dal settore pubblico e che se dovesse vincere il si il pubblico non avrebbe altra scelta se non quella di ricorrere al credito bancario con la conseguenza che i relativi interessi sarebbero posti al carico del cittadino utente".

 

L'acqua rischia di passare da bene pubblico a bene privato?

Valter Bonan - Comitato sì: "L’acqua formalmente rimane bene demaniale e quindi bene pubblico, nella sostanza è bene 'proprio' di chi attraverso concessioni pluridecennali ne detiene e ne deterrà la gestione e con essa le conoscenze, le informazioni, le modalità di utilizzo e i finanziamenti correlati".

Walter Mazzitti - Comitato no: "É prioritario fare chiarezza su un fattore d’indiscutibile rilevanza e porre un punto fermo: l’acqua è un bene pubblico non alienabile. L’ordinamento giuridico nazionale ha scelto l’opzione della proprietà pubblica dell’acqua allo scopo di salvaguardarne l’uso entro limiti di sostenibilità sociale e ambientale. Quando l’ente pubblico affida la gestione del servizio idrico a un soggetto pubblico o privato, non vende l’acqua ma ne affida la sola gestione attraverso il mantenimento delle reti e degli impianti. È scandaloso che si consenta ancora ai referendari la diffusione sull’intero territorio nazionale assolutamente falsi quali: no alla vendita dell’acqua".

 

Attualmente il servizio di distribuzione dell'acqua da chi è gestito?

Valter Bonan - Comitato sì: "Dei 92 Ambiti territoriali ottimali (Ato) previsti dalla normativa, al momento sono 69 quelli che hanno effettuato l’affidamento della gestione dell’acqua (secondo la relazione della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche). Risultano essere 114 i soggetti affidatari (sono presenti più affidamenti nello stesso ambito territoriale); di questi, 7 sono società private, 23 a capitale misto con partner selezionato con procedura a evidenza pubblica; 9 quotate in borsa; 57 S.p.A. a totale capitale pubblico. In 18 casi non è stato segnalato il tipo di
gestione o si fa riferimento a leggi regionali".

Walter Mazzitti - Comitato no: "L’affidamento in house riguarda 22.990.000 abitanti residenti negli ATO pari al 41%, mentre la gestione tramite società quotata riguarda il 19% della popolazione per un totale di circa 10.500.000 di abitanti, l’affidamento in S.p.A. riguarda il 17% per un totale di circa 10.000.000 di abitanti e infine la concessione a terzi riguarda il 5% per un totale di 3.000.000. C’è ancora un 13% che riguarda circa 7.000.000 di cittadini che non hanno ancora affidato il servizio e infine un 5% pari a circa 2.000.000 di cittadini che hanno affidamenti transitori. Gli ATO sono gli ambiti territoriali ottimali, ossia dei territori sui quali sono organizzati i servizi pubblici integrati, come acqua, rifiuti, trasporti. In altre parole sono le zone di appartenenza in cui è diviso il territorio italiano. All’interno dei singoli ATO, i servizi sono affidati a delle società suddivise in due tipi principali: in house, società a partecipazione totalmente pubblico o SpA pubbliche; società miste pubblico–private (sono le aziende a cui si fa riferimento per la gestione tramite società quotata) che si dividono in società ad affidamento diretto (l’ente pubblico affida il servizio direttamente a una società senza passare tramite una gara) e in società senza affidamento diretto (l’ente pubblico affida il servizio a una società individuata con una gara). L’obbligatorietà della gara per l’appalto è stata introdotta dall’art. 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 (l’articolo che si vuole abrogare con il referendum). Quindi questo articolo prevede per le sole società in house e ad affidamento diretto la cessione del 40% delle proprie quote a società private (sottoposte a gara)".

 

Nel caso di vittoria del sì la rete di distribuzione dell'acqua da chi sarà gestita? Con quali conseguenze?

Valter Bonan - Comitato sì: "Noi chiediamo che la gestione del servizio idrico integrato sia attuata da soggetti di diritto esclusivamente pubblico, in forme partecipative e con una modalità tariffaria modulata per condizioni socioeconomiche, per consumi/ riduzione degli sprechi, con il riconoscimento della gratuità del minimo vitale di 50 litri persona-giorno quale diritto universale di accesso. Queste ed altre norme innovative sono per altro contenute nella nostra proposta di legge di iniziativa popolare già depositata in Parlamento e che ha ottenuto una straordinaria adesione di firme a sostegno".

Walter Mazzitti - Comitato no: "In caso di vittoria del sì, la gestione della distribuzione idrica tornerebbe all’amministrazione clientelare delle ATO, annullando totalmente i segnali di miglioramento del servizio intravisti dopo l’introduzione dell’articolo 23 bis. Quando gli ATO affidano i servizi ad aziende totalmente pubbliche, si espongono a gestioni che hanno le classiche problematiche delle gestioni pubbliche (spese senza controllo, inefficienze, ritardi, assunzioni smodate, ingiustificate e clientelari…) L’ingresso di capitali privati in queste aziende comporta un cambio di tendenza, perché le società dovrebbero rispettare le leggi di mercato per rispettare e proteggere gli investimenti privati (assunzioni con logica manageriale, rispetto dei bilanci, efficienza). Il 41% corrisponde alla percentuale di cittadini (sul totale dei cittadini residenti negli ATO) che riceve i servizi idrici da società in house (ossia totalmente pubblico). L’articolo 23 bis prevede che queste società il 31 dicembre 2011 debbano cedere il 40% delle proprie quote a società private. Il NO lascerebbe in vigore questo articolo, il Sì, invece abrogherebbe questo termine e permetterebbe alle società in house di continuare con la gestione inefficiente del pubblico. Possiamo quindi dire con buona coscienza che il successo del referendum rischierebbe di riportarci indietro di venti anni, quando i servizi idrici erano gestiti fuori dalla concorrenza con una forte ingerenza della politica. Ma soprattutto con una scarsa attenzione per i diritti del cittadino-utente che, rimasto escluso per decenni dal processo, ha vissuto in uno stato pressoché confusionale, frutto di un’ informazione del tutto inadeguata".

 

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/alidiangelo/trackback.php?msg=10297606

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
Nessun commento
 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

jara.80quartucciofrancescosilaldglbianchidan675paolo.lovatocoram1focus001ae.studiociabbasalvobortgiapedotep.schiazzaenricovivian1toni.pisapia
 

ULTIMI COMMENTI

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
Template creato da STELLINACADENTE20