fabbrico ali usate

la scoperta


Esco di casa e vado al lavoro. C’è un po’ di umidità.  Non troppa. Quel tanto che mi fa tenere le mani in tasca. Non c’è un alito di vento. Il viale è delimitato da alberi e giardini. Vengo abbagliato da tutto quel colore primaverile che è esploso negli ultimi giorni. Ne respiro anche l’odore, perché i colori ce l’hanno e non date retta a chi dice il contrario. Mi sento in pace col mondo. Poi tutto scompare. E’ un attimo. Un cagnolino scappa dal suo padrone che lo chiama ansioso. Mi sposto di lato (che coglione che sono, il cane ci vede bene e mi avrebbe evitato!) e colpisco una sporgenza di cemento nascosta da un ciuffo d’erba. Le mani in tasca non aiutano a ritrovare l’equilibrio. Il botto non è violento.  Mi ritrovo solo i pantaloni sporchi di nero scuro. Così mi devo ricredere. Pensavo che in primavera esistesse il giallo. Il rosso. Il rosa. Il verde chiaro. Il blu del cielo. Non avevo preso in considerazione il color miele di un cagnolino ed uno strano nero all’altezza delle ginocchia. Beh c’è di che essere felici nonostante tutto: una scoperta è sempre qualcosa che entusiasma.