fabbrico ali usate

la decisione del sabato sera


Cammino veloce seguendo la riga del porfido del marciapiede come fosse la linea delle calze di una donna, che le fa più dritte le gambe. La fretta mi impregna, martellante e impetuosa, ma mi protegge e mi rende quasi invisibile a chi vorrebbe scambiare due parole con me. Sarebbe tempo perso cercar di spiegargli che è primavera e che mi aspetta una donna che sa di sole e di caldo. Una donna che usa la lingua come un coltello che ferisce e fà schizzare sangue e passione. Porge i suoi seni dai capezzoli duri per nutrirmi di voglia e poi apre le sue cosce per bagnarmi di umori.  Qualcuno urla da una finestra. Sembrano grida di cuore e castigo, di amore e gelosia che cercano una vendetta plateale. L’essenza della disperazione di un uomo turbato, impazzito quasi stesse guardando la sua donna tra le braccia di un altro. Cammino veloce pensando a lei che mi aspetta, alle sue labbra gonfie di lussuria e di nuove promesse. Ai suoi baci. Al suo odore di femmina. Al suo ventre che ruota. L’erezione spinge. Tenta. Riempie la stoffa e diventa palese. La voglia di lei s’infila violenta e afferra la carne, la pelle e lacera il respiro di questi ultimi metri. E il solo pensiero mi intossica il sangue e mi gonfia le vene. Lei è come l’amante di una notte: io valgo soltanto per quanto la faccio godere. Cammino veloce e calpesto la terra, continuo ad accelerare come se da lontano sentissi il suono della sua voce irritata, replicata in un’eco che percorre, rimbalza sulle case e i muretti di cinta che custodiscono verdi giardini. Lei sa far bene la preda. Si offre come fosse un bottino di guerra. Ma poi quando tutto finisce, torno indietro e attraverso solo terre bruciate e fumi di sterpi ancora fumanti. Dalla finestra di un’osteria esce il suono greve di voci stonate che intonano una canzone, di guerra e di alpini. Si sparge un profumo di griglia che cuoce e l’odore della semplicità ravvivato dall’essenza di vino. Un’idea improvvisa mi blocca. La battaglia che mi divide dura soltanto un attimo e subito dopo sto alzando un bicchiere di rosso e mastico un pezzo di salsiccia arrostita mentre sorrido all’omone dietro al banco soddisfatto del mio “è proprio buonissimo!”. In lontananza la visione di lei, ansiosa e ossessiva, che continua a chiamare. Ed io, qui, sfinito che non voglio più andare.