Alla sera

La bicicletta


Arrivo a casa mentre la citta’ inizia a svegliarsi.Le prime autovetture sbadigliano da sotto i cofani e con fare remissivo assecondano i voleri dei rispettivi proprietari, i primi clacson iniziano a squarciare il religioso silenzio della notte.Mi siedo sulla poltrona della scrivania e osservo il mondo dall’alto.Guardo le persone camminare sul marciapiede.Una…due….tante.Tra poco diventeranno una folla e ogni singolo individuo si perdera’ in una marea umana.Chissa’ cosa penseranno? Non so ma a volte mi piacerebbe saperlo…sarebbe molto comodo per il lavoro che faccio.Sono stanco,vorrei rannicchiarmi in un angolo e concedermi il lusso di non pensare.Vorrei chiudere gli occhi e dormire, dormire, dormire.Fino a quando svegliandomi il tempo mi regalasse col suo trascorrere.solo uno sbiadito ricordo di questo giorno ancora tutto da esplorare, ancora tutto da vivere senza di Lei.Amo il silenzio…ho bisogno di un po’ di silenzio per poter ascoltare i suoni intorno a me.Sento il bisogno di chiudere gli occhi e dipingere con colori sgargianti il buio intorno a me Allungo le mani nella speranza di trovare un qualcosa nel nulla intorno a me.Mi accendo una sigaretta nella speranza di coprire con il suo aroma l’amaro in bocca con cui devo convivere da ormai troppo tempo.Inutile…troppo forte la mancanza di Lei. Provero’ a scrivere…ecco si forse tenendo occupata la mente la sua immagine non mi perseguitera’ e cosa scrivo? Scrivo di Lei.Non ricordo con esattezza quando l’ho conosciuta…ho provato e riprovato a spremermi le meningi per trovare una risposta a questa domanda che mi ha assillato per molto tempo.Lei e’ come se fosse apparsa dal nulla in un luogo senza tempo, quasi come un fantasma.E’ arrivata all’improvviso come un soffio di vento e mi ha parlato…ci siamo scambiati quattro parole ed e’ stato come se ci conoscessimo da sempre, come se avessimo vissuto mille e piu’ vite passate insieme.Eppure io l’avevo gia’ vista quando ero un bambino…Per Angela i pomeriggi d'agosto erano lunghi e noiosi da trascorrere nel cortile della grande casa colonica dei nonni ,specie se a farle compagnia c'era sua cugina Adelaide...Erano cosi’ diverse le due bambine che i parenti stentavano a farle coetanee ,tanto erano dissimili.Entrambe avevano dieci anni ma le somiglianze si fermavano qui,perche’ per il resto erano diversissime.Angela era alta come un pino marittimo e magra come un manico di scopa,piatta come una tavola da stiro e scialba come il fondo di una padella.Gli occhiali le conferivano uno sguardo da pesce lesso e la macchinetta ai denti la sottoponeva a umilianti remissioni di sorrisi,pena lo scherno generale.Il naso un po’ troppo lungo,le orecchie a sventola e i capelli indomabilmente ricci completavano il quadro generale della fanciulla.La sua mamma la vestiva come un quadro antico e goffa com'era camminava senza badare troppo alle movenze femminili.Adelaide,invece ,era una piccola perla di donnina:altezza media,proporzionata,ben fatta,occhi da cerbiatta,una fila di dentini allineati,nasino piccolo e orecchie incollate alla testa,capelli lunghi e morbidamente appoggiati sulle spalle,trucco leggero stile Debby,vestitini da piccola donna...Quel che si dice una bella e brava bambina..Quel giorno Angela era riuscita a coinvolgere la cuginetta nel suo gioco preferito: catturare lucertole e privarle delle code.Adelaide strillava a destra e a manca non appena Angela le porgeva la lucertola da "scodare" ma s'era mestamente piegata all'ingrato compito di contare le codine mozzate su un piatto di plastica pur di toccarne mezza.La voce dell'anziana nonna le richiamo’ entrambe,era agitata e cercava di sedare con la sua dolcezza la voce stridula della madre di Adelaide che diceva :"Vedremo...vedremo chi delle due si sposera’ prima...se la tua Angela o la mia Adelaide...E' talmente brutta tua figlia che nessuno se la prendera’ in moglie"...All'udire quelle parole le due bambine si guardarono per un attimo e capirono solo allora di essere diverse.Fino ad allora non avevano mai pensato di esserlo...La madre di Angela disse qualcosa ,ma qualcosa di cosi poco importante che Angela neppure capi’, tanto era presa dalla frase maledizione della zia....Io ero la’ a pochi metri da loro, invisibile al loro sguardo.Stavo giocando con la mia bicicletta lungo le stradine del paese, correvo su e giu’ immaginando di essere un poliziotto in sella alla propria moto sulle autostrade americane.L’avevo vista con la coda dell’occhio e il cuore aveva iniziato a battere forte forte.Non sapevo cosa fosse questa strana sensazione, solo molti anni dopo capii che si trattava di una cotta, della mia prima cotta per una ragazza ma sentii il bisogno di fermarmi e di contemplarla attentamente per fissare nella mia mente la sua immagine.Fui spettatore involontario di tutta la scena…udii quelle parole provenire dalla finestra della casa…vidi quella ragazza esile con gli occhi lucidi ma non feci nulla.Sbagliai…ora me ne rendo conto…avrei dovuto seguire il mio istinto che mi spingeva a saltare oltre la siepe di lauro profumato, a correre da lei e a urlare alla volta della finestra"La prendo io…Voglio io Angela.Mi prendero’ cura di lei per sempre"Invece raccolsi la mia bicicletta da terra e iniziai a pedalare come un forsennato con un mare di lacrime negli occhi…ignaro che avrei pedalato per tutta la vita.