L'altra campana

TATA GIOVANNI - 2


     Qualche giorno prima della mia partenza i fratelli della mamma, che erano tornati dalla guerra, e gli amici del babbo vollero salutarmi portandomi all’osteria di Beniamino.      “Te lo fa bere, il vino, tua madre?”     “Sì, ma lo compriamo soltanto per le feste, da sor Gigi”.     Sor Gigi, il gerarcuccio fascista ora democristiano, era l’oste più vicino a casa; e la mamma non gli serbava rancore. Egli aveva una clientela particolare, perché suonava l’organetto e insegnava a ballare agli scapoli del paese. Un giorno Giovanni ‘e Cavaterra, che era tornato dalla guerra, vi lasciò da cuocere una novità assoluta, gli spaghetti (al paese si mangiava solo pasta fatta in casa: più tardi entrò inuso la “pasta compra”, per la festa). Gli amici di Giovanni, per fargli uno scherzo, li mangiarono prima che lui rientrasse. Lui tacque. Andò a casa e tornò con una bomba a mano:     “Avete mangiato bene? Adesso digerite!”Come la disinnescò, tutti gli amici finirono in fondo alla grotta dell’osteria; e sor Gigi, caduto in ginocchio, se la fece addosso per la paura.     Lo raccontavano, quella sera, da Beniamino, aggiungendovi la comicità del paradosso: soltanto ‘Mberto ‘u cioppu (lo zoppo) si era dato alla fuga, ticchettando con la stampella per la contrada.      Tra risa e canti  presi la più sonora sbronza della mia vita; e non fui il solo a lasciare insalutata la brigata. Mi portò a casa sulle spalle, a notte alta, il nostro vicino di casa, zio Gigi detto Busellino. Mia madre,che se n’era stata tranquilla, sapendomi in fidata compagnia, ci trovò all’alba, entrambi stesi addormentati per la via, davanti all’uscio di casa.     E fu l’ora di andare.      Il postale che collegava Monteflavio a Roma partiva all’alba e tornava al paese a notte. Ho ricordato per anni (ora non più) il giorno preciso di settembre che vi montai per la prima volta, con celata trepidazione, dopo aver lasciato casa senza svegliare i fratelli, tenuto per mano da mia madre, più emozionata di me.     Credo che sia stato il mio giorno più triste.