L'altra campana

IL NOVIZIO - 9


     Ricordo a mente questa preghiera, perché la recitavamo ogni giorno: Riprenditi, o Signore, tutta la mia libertà; prenditi la mia memoria, il mio intelletto, tutta la mia volontà. Tutto ciò che ho e posseggo me l’hai largito tu. A te restituisco ogni cosa e l’affido interamente al governo della tua volontà. Dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia; e sarò ricco abbastanza; né domando altro.      Bestiale. Tanto più che non riuscivo a togliermi dalla mente l’idea che quel Signore fosse il Padre Arrigoni.     Ancora una volta mi salvava la musica. A leggere lo spartito avevo già imparato a Pescia come cantore. Mi applicai quindi agli esercizi alla tastiera, subito emulato dal ciociaro Pacioni; che vi riusciva meglio di me, con le sue dita sciolte e affusolate.     Prima di noi strimpellava l’armonium a Somasca un vecchio padre pensionato, Padre Cortellessi, che spesso celebrava per noi nella cappella. Amavamo le sue messe perché ne saltava la metà e perché non badava a chi facesse o no la comunione. Tra le scartoffie dell’armonium Pacioni trovò una sua composizione: un inno al nostro santo fondatore Girolamo Emiliani, o Miani, che prima di diventare santo aveva combattuto per la sua Serenissima ed era finito imprigionato nel fortino di Quero sul Piave. Benché fosse più vibrante di ardimento che di fervore religioso, la imparammo tutti.     Il giorno del compleanno di Padre Cortellessi, celebrata come al solito la sua messa e voltatosi verso i banchi per l’Ite missa est, egli rimase con le braccia e con la bocca aperte, nel sentirmi intonare, invece di una delle solite canzoncine, il suo inno marziale. Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre il coro lo eseguiva con fedele slancio guerresco; e restò lì in una immobilità estatica finché non si spense l’ultima nota dell’inno:     Salve Miàn dell’itala / terra splendore e vanto!Te fra gli eroi magnanimo / esalta il nostro canto;che già pugnasti intrepido, / ebbro di patrio amor.Eran le piagge venete / meta d’ostil contesa,quando lione impavido / corresti alla difesae sorpassò la gloria / degli avi il tuo valor.          Quasi impossibile soffocare il riso, una volta arrivati con grande sforzo di serietà a quel lione impavido, aiutati dalla consapevolezza di aver fatto  al Padre Cortellessi il più bel regalo della sua vita.