L'altra campana

VENERABILIS BARBA - 11


 Camino 10-III-’58 Cara Vanda, ti confesso che la notizia della tua maternità mi ha commosso un poco. E provo molto piacere nel sapere che già sei mamma. Per la nuova creaturina che è venuta a godere del tuo amore e di quello di tutti noi, ho un affettuoso “Benvenuta Ottavia!”…  Una circostanza insperata mi riportò, appena maggiorenne, per un solo giorno al paese nella primavera del ’58: le elezioni politiche.  Non avevo la minima cognizione delle dottrine politiche, materia tabù. Erano risuscitati i Radicali, in lista con i Repubblicani; e sentii alla radio un radicale parlare del sistema confessionale democristiano e della necessità di riaffermare la laicità dello Stato. Votai per lui.  Così forse sprecai il primo voto. Ma resi felice Vittorio Perugini, il calzolaio che abitava sotto casa. Repubblicano alla Mazzini, vedendo uscire dall’urna ben due voti su ottocento per il PRI, pensò che finalmente la moglie Gina avesse assecondato i desideri del marito. Né fui tentato di disilluderlo, se non molti anni dopo. Quella scelta, però, superficiale sul piano politico, era stata per me tutt’altro che insignificante. Non per il contributo inconsapevole alla successiva nascita del primo governo di centro-sinistra; né perché mi avesse reso cosciente di vivere al di fuori del mio tempo (quell’anno nasceva la Comunità Economica Europea e per la prima volta le statistiche registravano un numero di addetti all’industria superiore a quello dei lavoratori agricoli). Per me quel voto significava passare dalla parte di Dio a quella del diavolo. Occasione per meditare sul mito di Lucifero e della contrapposizione tra Bene e Male. Una volta ammessa l’esistenza di un Dio perfettissimo, quindi buono e onnipotente, come è possibile, mi domandavo, spiegarsi l’esistenza del male senza  chiamare in causa la volontà di Dio? Il diavolo? Ma chi l’ha creato? E come accettare, sia pure nella favola, che fosse stato l’angelo più intelligente a ribellarsi a Dio? Per superbia? La sua superbia doveva essere pura stolidità, se l’aveva mosso contro la Somma Bontà e Onnipotenza, in una lotta tanto sbagliata quanto perduta in partenza. A meno che non avesse percepito il suo dio come il tiranno e avesse capito che nessun tiranno è buono e nemmeno onnipotente. Se per comodità dialettica o per paura avevo ammesso l’esistenza di una Mente ordinatrice dell’universo, acquisita la consapevolezza che non i barbari ma i cristiani avevano distrutto la civiltà greco romana, ora toccava a Dio stesso essere in discussione.