L'altra campana

L'AVVOCATO - 10


      La ricchezza di chi sta morendo di sete è un sorso d’acqua.  E un sorso d’acqua, alla fine dell’estate del 1962, mi impedì di mollare; anzi, diede un forte abbrivo ai miei progetti. Proprio quell’anno, mentre si annunciava la riforma che avrebbe soppresso le scuole di avviamento al lavoro inglobandole nella nuova scuola media, unica e obbligatoria, il boom economico e il governo di centro sinistra consentirono l’istituzione della scuola media a Monteflavio. Non potevo fare a meno di pensare quante pene mi avrebbe risparmiato, se fosse nata una dozzina d’anni prima. Il preside interessato ad attivarla riuscì ad allestire una prima e una seconda classe, chiamando a rincalzarle alcuni bambini di Moricone; affidò la segreteria all’unico laureato del paese, Checco, e le due ore settimanali di francese in seconda a me. Le dodicimila lire al mese che mi fruttava quell’incarico annuale (pari alla misera pensione di guerra della mamma) ebbero il merito della mia sopravvivenza: mi consentirono il versamento delle tasse dell’ultimo anno accademico, un paio di scarpe, qualche indumento nuovo e i viaggi in autobus, oltre quelli che mi permetteva l’aumento della motorizzazione paesana; presi perfino una inutile patente automobilistica. Come professore senza titolo penso di essere stato abbastanza bravo, a giudicare dal gradimento dei pochi alunni e dal rispetto che continuano a tributarmi. Ero rigoroso, ma tutt’altro che severo, come erano, all’inizio, i nostri prefetti, gratificato com’ero dalla “funzione”, più che dal modesto compenso. Anche la mia attività politica di militante volontario si intensificò. Spinsi lo zio Pietro a portare nel vecchio granaio di famiglia la sezione del partito e la Camera del Lavoro e a gestirvi lui stesso una piccola mescita. Quando l’idea mostrò di funzionare cominciai anch’io a trascorrervi quasi tutte le mie serate, mentre nel pomeriggio vi tenevo una specie di scuola di politica per i ragazzini interessati e vi svolgevo le pratiche del Patronato. Vi feci intervenire inoltre, attraverso il sindacato, qualche esperto per organizzarvi corsi di potatura o d’innesto e per informare i paesani delle opportunità che con la lotta si andavano conquistando, come i contributi della “legge montana” e i finanziamenti per la riattazione delle abitazioni, oltre all’indennità di disoccupazione e agli assegni familiari.  Tra covo politico e centro di assistenza sociale, il granaio dello zio Pietro diventò il mio rifugio. Solo una gratuita occupazione in più. Ma ci scappava il bicchiere di vino, la partita a carte e la cantata.