L'altra campana

L'AVVOCATO - 12


 Il senatore fu palesemente sorpreso di vedermi così giovane. “Come hai potuto fare uno studio del genere, alla tua età?” mi chiese.  “Per conquistarmi il diritto allo studio”, risposi, “ho dovuto seppellirmi per tredici anni in istituti religiosi. Da ciò derivano anche i miei accenti polemici”. Le sue riserve sul mio metodo investivano in realtà il mancato ossequio preliminare a un paio di teoremi marxisti: il materialismo storico escludeva che fosse la religione, e non unicamente l’interesse economico, la causa di orrori come crociate, guerre di religione, colonialismo; l’altro teorema, di alcuni marxisti, non di Marx, decantava il preteso carattere rivoluzionario e paleosocialista del cristianesimo primitivo, che io smentivo con le mie risultanze: “Il cristianesimo seguiva tutte le religioni misteriche dell’epoca…”  “Ma aveva un carattere assolutamente originale”. “E’ il suo vanto. Ma di originale, rispetto alle religioni da cui rubava riti e messaggi, aveva solo l’intolleranza. Io credo (purtroppo non sono ancora in grado di dimostrarlo) che perfino il simbolo della croce, come l’epiteto di dioniso messia (Gesù Cristo), l’abbia sottratto a Serapide, il gesucristo degli ebrei di Alessandria, che per Tacito era il culto più diffuso; se sparì rapidamente, fu perché assimilato al cristianesimo e da questo fagocitato”. “Comunque soppresse la differenza tra schiavi e liberi…” “Era la religione degli schiavi. Ma li riscattava in paradiso, mentre ne perpetuava la schiavitù sulla terra”.  “Sappiamo però che i primi cristiani si costituivano in comunità dove era soppressa la proprietà privata. Ti pare poco?” “Come gli Esseni e come altri cenobi. Non si trattava di socialismo ma di pauperismo, tra l’altro gonfiato dal pauperista Luca. In realtà tutta la letteratura paleocristiana invitava le masse dei servi alla rinuncia e al sacrificio, a rispettare le autorità e i padroni, ad accettare il sistema che li schiacciava in attesa della città celeste, come intuì perfettamente quel mostro di Costantino”. Non pretendevo che capovolgesse uno dei capisaldi delle sue opere. E ci lasciammo con reciproca ammirazione, ma con poche speranze che quell’enorme lavoro potesse trovare un editore, nel clima politico del “dialogo con i cattolici”; che si traduceva poi in un atto unilaterale di desistenza da parte del laicismo, del dialogo non possedendo un requisito essenziale: il confronto dialettico. Credo che le due copie del Processo siano andate completamente perdute o quasi, passando per le mani di vari curiosi.