L'altra campana

IL VENTO DEGLI ANNI SESSANTA - 5


  “Questa gente non ha rispetto per me e non vuole bene a te: gode nel vederti delusa, perché eri insuperbita per me; e monta la tua delusione per vederti scendere dal tuo piedistallo”. “Tutto il paese ti critica, figlio mio”. “Perché? Che cos’ha Antonietta, che non va?” “Non ha niente. E’ appunto questo, che dicono, che non ha niente: non è per te. E finché starai a casa mia devi darmi retta”. “Non ci starò ancora per molto. E se pensi davvero di dover decidere tu della vita mia, me ne vado subito e non mi vedrai più”. Solo con quella minaccia riuscii a ottenere la sua astensione. Non la sua approvazione: ripeteva anzi che quel mio fidanzamento era la più forte pena dopo la morte di Ottavio. Terribile, per Antonietta; e terribile per me, se fosse stato vero che non avesse sofferto altrettanto per il mio abbandono. Ma forse la mamma era soltanto invecchiata, incatenata allo spettro delle sue croniche frustrazioni. Da allora Antonietta diede prova di quanto valesse: capiva mia madre, benché soffrisse più di me della sua diretta ostilità. “Sono state le eccessive privazioni subite a rendere tua madre desiderosa di vederti volare al di sopra di tutto, e quindi con una donna meno umile…”   “Non posso credere che sia amore quello di una madre che vuole impossessarsi della tua vita”. “Ma no!” Antonietta sembrava spalleggiarla: “Vorrebbe soltanto realizzare qualche sogno attraverso te. E’ comprensibile, se pensi che è vissuta per anni soltanto in attesa che il postino le recapitasse la tua lettera”. Le aveva conservate tutte, infatti. Vanda mi domandava ironica se il meglio che potessi trovare stesse proprio a Pede ‘ella Terra; e Franco se non fossi stato un po’ precipitoso. Anche per loro ero il gioiello di famiglia. Favorevole Luciano, che apprezzava il coraggio e la coerenza della mia scelta. D’accordo Antonio, che aveva stima e simpatia per la ragazza; e in sezione Beppe ‘ellu Boccio, "perché era compagna e figlia di compagni". Chiamavano ‘U Boccio un fratellastro di nonno Angelo. Era, come il padre di Nino, nipote del garibaldino di Monteflavio, Toto Petricca, quello dei Mille che tornò al paese con Menotti Garibaldi. Erano infatti figli di Ghetella, soprannominata ‘U fargu ‘e Toto. E come suo nonno aveva issato sul campanile la bandiera di Garibaldi, il rubicondo (Boccio) figlio del Falco di Toto si fece arrestare e processare per essersi presentato al vescovo, in visita a santificare le elezioni politiche in compagnia della Madonna Pellegrina, salutandolo a pugno chiuso e al canto di Bandiera rossa.