L'altra campana

ARRIVANO I NOSTRI - 3


 Ma dovevo tornare a viaggiare, non potendo permettermi né l’albergo, né una casa in affitto a Perugia per viverci da solo, dato che la famiglia non poteva di certo seguirmi. Mi domandai costernato chi avesse potuto mettermi in così cattiva luce agli occhi del mio ministro. Non lo seppi mai. Forse perché non era stato nessuno. Appresi intanto un’altra verità che non avrebbe mutato il mio orientamento politico, ma mi avrebbe reso cosciente del mio abnorme rapporto con il potere: i compagni sono necessari per la lotta, ma per la gestione del potere tornano più utili i ruffiani. Solo quando mi giunse l’assegnazione ufficiale seppi che a Perugia non andavo neanche come titolare, ma come vicario supplente del titolare in aspettativa parlamentare. Il nuovo direttore del personale, che ben mi conosceva, ritenne di incoraggiarmi dicendomi anche che in quell’ufficio non c’era nulla da fare, non perché mi sapesse spaventato dal lavoro, ma come autorizzandomi a una presenza discontinua, consentita del resto dal primo contratto nazionale dei dirigenti appena entrato in vigore: staccato dalla Sovrintendenza Interregionale per il Lazio e l’Umbria nel 94, quell’ufficio non aveva da gestire né vecchi strascichi né nuove attività di reclutamento e di formazione, dato il lungo blocco del turn over.  Non mi disse che una cosa c’era, da fare, e che poteva farla soltanto una persona retta e decisa come me: estirpare dall’ambiente un bubbone che vi si era annidato. E viaggiai per Perugia, dove rimasi assegnato dal novembre del 96 a tutto il 97, andandovi una volta o due a settimana e dormendo, per accoppiare qualche presenza, presso il Convitto Nazionale di Assisi: duecento chilometri di viaggio tra autostrada e superstrada, altrettanti per il ritorno. Non dico quanti sacrifici e quanti quattrini avrei risparmiato, restando a vegetare nella cella ministeriale, anziché fare tanta strada per andare, per lo stesso trattamento economico, dove sarei servito ugualmente ben poco.  Mi proposi di attivarmi come capo delle scuole della regione, anziché addormentarmi nel ruolo di capo di quel piccolo ufficio.  Come il trasferimento a Rieti, anche quello in Umbria coincise con l’anno del terremoto. E arrivato a Perugia, facevo poi ancora tanti chilometri, per lo più il secondo giorno, per recarmi in visita alle scuole traslocate in tende o prefabbricati, oltre che a incontri di lavoro e convegni, sempre con la mia vecchia Alfasud. I due impiegati abilitati a portare la macchina di servizio in mancanza di autista si prestavano solo per sortite limitate all’orario di servizio, nella mattinata, non essendovi fondi per lo straordinario.