L'altra campana

ARRIVANO I NOSTRI -11


 Colleghi, ispettori e collaboratori mi salutarono nella baita appenninica che ci aveva visti varie volte attorno a tavolate di polenta o a grigliate di braciole. Lassù l’archivista capo Marcello Pietrangeli di Massa D’Albe mi dedicò il suo ultimo madrigale: …Ricordo ancor quando dovevi arrivare e già di te si sentiva parlare. Qualcun diceva: questo lo conosco, porta il codino, l’orecchino, è losco! Un giorno invece arrivi all’improvviso con uno dei tuoi doni, il tuo sorriso; giacca a tracolla, camicia sbottonata, caro De Mico sei na cannonata… Il nostro Fabio di nulla difetta, usa ugualmente penna vanga e accetta. Ma la sera al chiarore della luna si trasfigura ancor per sua fortuna: lo vedo lì seduto in veste bianca, cinto d’alloro e la penna mai stanca. Ogni giorno con lui c’è da imparare, motti latini e persino a lavorare… Quanti banchetti, quanti pranzi insieme, cose che ricordar sempre conviene; con la voce sapeva modulare arie in voga e folclore popolare, trasportando nel mezzo del banchetto nella Roma di Trilussa e Tintoretto... E nell’ufficio un’aria gioviale, certo meglio di questo madrigale… Lo strano effetto che mi fece l’abbandono del posto fu il sentirmi uomo, uomo e basta, alieno a burocrati, sbirri, magistrati, autorità religiose e civili. Primo, secondo, terzo, quarto o ennesimo potere. Potere. Un male necessario? Strutture forse necessarie, finché la civiltà umana resterà ancorata alla ideologia della competizione. Mi ritrovavo a domandarmi, da musicofilo, quale fosse stato il tono della mia vita; che è, nella vita civile, il rapporto con il potere. Mi aiutava più di quanto lei stessa non credesse la positiva e concreta intelligenza di Antonietta: “Ti puoi vantare di non aver permesso alle circostanze di determinare la tua esistenza: sei riuscito non solo ad essere sempre te stesso, ma ad essere qualcuno, come si dice, facendoti da te. E manco t’ha aiutato la fica di casa!”