L'altra campana

ARRIVANO I NOSTRI - 14


 “Tu come mi vedi, nel tuo universo?” Antonietta non rinuncerà mai a provocarmi su questi temi. “Come una stilla di gioia”. Ho fatto centro: è soddisfatta. “E me, come mi vedi tu nell’universo?” domando a mia volta. Rimane perplessa, non sa cosa rispondere. Provo a suggerire: “Un atomo di luce… Una nota musicale…” Poi lei si decide e arriva, come sempre, la risposta tutta sua: “Per me tu sei l’universo. Tu e le nostre monelle”. Mi fa piacere che per lei sia così, anche se io non mi sentirò mai al centro dell’universo, ma nell’ultimo angolino, a svolgervi un ruolo tanto modesto quanto necessario, quello di contribuire, insieme con altri innumerevoli atomi di vita, a farlo esistere. Avremo un futuro? Il coraggio di saperlo non mi mancherebbe di certo. Ma in proposito non posso fare altro che opinare. E diventerò antipatico, se non lo sono già; ma non rinuncerò, a questo punto, a prendermi il lusso di dare voce al profeta pagano che in me non cede al razionalista, a rischio di pretare: se la scienza concorda con la filosofia nella constatazione che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma perennemente, perfino la massa in energia e viceversa, lui, il mio profeta, pensa che l’avremo, un futuro, nell’universo immenso ed eterno di cui siamo parte. In che modo si trasformerà la forza vitale che è in noi? Probabilmente non lo sapremo mai; e se lo sapremo dopo, non potremo tornare alla scrivania per raccontarlo. Ma chi conservi come lui il senso paganamente religioso della vita può ragionevolmente opinare che la nostra futura condizione dipenda dal personale contributo dato ora alla gioia o alla pena di vivere...  Così sia. ----- ***** -----Scritto a Monteflavio nel 2004Finito di rivisitare per il blog nel 2016