Altri mondi

La siepe


Calò il buio… e con esso il freddo.Un freddo acre, graffiante, che dalla pelle scavava dolorosamente verso le ossa, e da lì alla volta del cervello. Non c’era vero gelo, ma piuttosto l’assoluta mancanza di calore.Il buio e il freddo. Come se qualcuno avesse risucchiato l’essenza stessa della vita dalla terra e dalle coscienze degli uomini, demolendone anche il ricordo, rendendola un concetto astratto ancora da implementare.La siepe era fitta, impossibile da attraversare. Fredda come la tenebra che aveva invaso il mondo, scura come il ghiaccio irreale che l’aveva avvolto. I rami di alloro, resi erti dall’età, si intrecciavano coriacemente, avviluppandosi a vicenda in un intrico compatto. Carponi, quasi prono in un rispettoso inchino di fronte all’invalicabile muraglia verde, ondeggiavo a destra e a sinistra alla ricerca di un varco che poteva, doveva esserci. Ogni siepe ha una qualche galleria scavata da cani, gatti o altri animali randagi. Ma quella siepe era massiccia, omogenea.Era densa.Era gelida.Era… alle mie spalle.Mi ritrovai nel cortile con la certezza di esserci sempre stato. Non avevo attraversato la siepe: semplicemente non era mai stata un ostacolo. Eppure mi ero spostato, questo era indiscutibile. Ma con quale velocità? Non ero neppure certo che si fosse trattato di un movimento vero e proprio. Dalle nebbie di un lontano passato emersero le parole che Richard Bach mise in bocca al Gabbiano Anziano Chang scrivendo “Jonathan Livingston”:“Velocità perfetta non significa mille miglia all’ora, né un milione di miglia, e neanche vuol dire volare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là”.Ed io ero là.Solo.(Tratto da "OLTRE - Il Libro dei Mondi" di Enrico Santori - Prossima Pubblicazione)