giorni senza me..

Post N° 283


Erano le otto di sera e stavano per salutarsi. Le luci infrangevano il buio, lucido di pioggia, le voci dei passanti sfrangiavano il silenzio. L'intimità della macchina li separava dal mondo e al mondo li collegava. Erano chiusi e aperti, soli e fra la gente. I loro ultimi abbracci erano un cuscino soffice di tenerezza: difficile rinunciarvi. Lui le domandava qualcosa, con voce sommessa e calma, poi qualcos'altro e qualcos'altro ancora. Sfogliava a uno a uno gli strati della sua anima. Lei gli rispondeva e poi rispondeva ancora. Scartava ogni strato che la separava da se stessa. Lui le affidava le sue domande, lei gli affidava le sue risposte.Lei era un'onda che si frangeva lentamente e lui l'altra, venendosi incontro a ogni nuovo momento. Allora lei era così com'era, davanti ai suoi occhi, e lui le colmava l'antico desiderio di essere vista da chi avesse il potere di mostrarla.Lui, che si imponeva come uno specchio fra lei e se stessa, così che potesse guardarsi senza rimproverarsi né compatirsi, dagli spalti protetti del suo sguardo. Ah, quei giorni saturi di promesse e di ebbrezza! L'ebbrezza dei loro corpi in amore che il sudore ricopriva come lucida glassa. E le promesse non contraffatte da parole: bastava la vorace urgenza del desiderio. In quei giorni gli uccelli scolpivano l'aria con le curve sonore dei loro voli. I lampi impreziosivano le notti. La fiducia ammorbidiva i contorni di ogni azione. E l'amore era struggente carenza, digiuno da riempire a ogni incontro, carne e anima offerti su un vicendevole altare. Ma ora il risveglio l'ha gettata sulle rive di un altro giorno, quando lei ha chiuso la porta a quell'amore. Dopo un attimo attonito, ancora posato sull'orlo del sonno, eccolo ritornare quel dolore, vivo come la fiamma di una candela incastonata nel buio. Il dolore di quegli incontri furtivi, brevi e infine spezzati. Lei avrebbe voluto indossarlo quell'amore, lasciandosene avvolgere e scaldare come da un accogliente mantello di squisita fattura. Invece aveva potuto - solo e ogni tanto - gettarselo sulle spalle, come una corta sciarpa momentaneamente prestata e che non è tua. E si vede. L'amore clandestino è così. Ha poca stoffa, intessuto com'è di assenze, che accumulano canestri colmi delle parole che gli amanti non hanno avuto il tempo di dire, di azioni risparmiate in assenza dell'altro, di noie e risate mai condivise, dialoghi immaginari, passeggiate mancate e film mai visti insieme, di esperienze mai avute. Soprattutto l'esperienza - sovrana - dell'altro con gli altri sullo sfondo del mondo, quando dici: "Ti presento il mio amore". Gli amanti hanno fretta e quell'urgenza si esaurisce negli abbracci. E si conclude con un saluto affrettato e teso. Poi, nuovi canestri colmati di assenza. Intollerabile.Lei è diventata donna: invisibile, o visibile solo attraverso lo squarcio degli occhi altrui, addosso il desiderio di essere vista da chi avesse il potere di mostrare il suo segreto cammino di ronda. Sentiva in lei vivere un demone potente e unico - che pure abita ognuno - che, le sembrava, solo un uomo potesse rivelare con lo sfrenato sfolgorio del suo. Così si esponeva allo sguardo dell'altro senza un sguardo proprio, pronta a sentirsi annientata quando quello sguardo lasciava il suo cammino. Quanto di sé ha sprecato per credere di avere imparato a vivere senza la tutela dello sguardo altrui! Invece eccola di nuovo straniata da uno sguardo assente e segregata dal mondo. Un giorno che lei ha chiuso la sua porta alle spalle, dopo un ultimo bacio e un ultimo sorriso come sempre, ha perso poi la voglia di riaprire quella porta su un altro fuggevole ritorno. Ha perso la voglia di aspettarlo fra una porta aperta e una chiusa, dopo lo stesso lasso di tempo, sempre lo stesso. Ma a quell'amore privo di mondo, com'è l'amore clandestino, ha fatto seguito per lei un mondo privo di amore. Ne valeva la pena? Lentamente e poi con improvvise e veloci rincorse il foglio si riempie di immagini, via via che le sue mani decorano la musica con la loro opera silenziosa. Una cattedrale che si incrina, un sogno che non la lascia, schegge di vetro, pena pena e pena. Un'insistenza, un’ossessione. Un silenzio ineguagliabile, un brivido impercorribile sino in fondo. E lei, che non ha ancora il dono di scagliare aspre preghiere, vuole sapere perché deve sopportare domani. Innumerevoli sono i giorni che si avvicendano mutilati come uccelli senza ali, in una calma affilata dall'orgoglio - silenzioso e monumentale - di donna sola. Sola prima e sola dopo. Una chiusa lei ha calato sulle emozioni, raccolte in un bacino che non tracima più. Per innumerevoli sere ha cercato di sedimentare il dolore. Forse stasera la potrebbe aiutare una tazza fumante di tè. Le donne conoscono tanti piccoli trucchi per vivere. Lei lo beve cautamente e socchiude gli occhi a ogni sorso, stringendosi piano nelle spalle. Come a difendersi dal suo calore, come a difendersi dal suo sapore quando si fa pieno ai lati della lingua, di cui sente - subito dopo - guizzare di piacere la punta. Come in un gioco sensuale che non sapeva giocare tanti anni prima, con il suo primo amore: troppo piccola. I suoi sensi restavano lì, incapaci. Troppo piccoli per l'amore, che è esigente: né lei, né lui potevano esserne all'altezza. Non potevano, quei bambini cresciuti male, stipati di vergogna. Eppure anche adesso che ha imparato la frivolezza del gioco d'amore, che ha reso sfacciati i suoi sensi, che ha esposto anche l'anima e lasciato traboccare le sue parole e molto di più, anche adesso l'amore è finito, il suo specchio è frantumato e lei è lì, donna di nuovo invisibile. Ma la luna, benevola stasera, le strizza gli occhi attraverso la stracciatella lanuginosa del cielo e accantona così, nuda regina, il suo esausto dolore. La luna, affondata nell'oscurità della notte, con il suo prodigioso splendore sostiene gli sguardi di una moltitudine d'occhi imploranti, sbarrati sul volto livido della perdita. E talvolta concede parole per chi sa ascoltare il mormorio irresistibile di chi guarda il mondo dall'alto e da sempre."Qualcuno vorrebbe forse sapere" sussurra la luna allo stormo di occhi, "da cosa si difendevano loro, i due amanti. A cosa sfuggivano o da quale antica incuria si distanziavano, rifugiandosi negli incontri prestati. Ma via! Ogni incontro è prestato, brevemente carpito agli opachi territori dell'altro e dura quel tanto che basta. E voi continuate a sentirvi presuntuosamente inappagati nella ricerca di un amore affidabile e autentico, ingiustamente privati della sensazione confortevole di una definitiva accoglienza, incapsulati nel vostro terrore di rimanere soli. Soli per sempre.Ma di quale materia sono fatti tutti i vostri canestri se non dell'intreccio ininterrotto di ritrovamento e perdita? Un giorno foste gettati nel mondo e violati, restando presi nella morsa traente di una forza di gravità potente quanto l'energica spinta ascensionale di cui, pure, siete dotati. Un giorno sarete strappati dal mondo e ugualmente violati. E allora, prima di quell'ultimo giorno" continuò la luna rivolgendo il suo sguardo alla donna invisibile, "tu riprenditela quella spinta e vivi la tua follia, spenditi nell'amore, senza chiederti niente, senza chiedere niente.Però datti il tuo nome, e che sia udibile. Non permettere che altri ti nominino prima che tu stessa ti sia chiamata! Né deve bastarti che altri ti vedano per essere te, perché l'amore è deriva e ti sperde lontano da te, lontano dal mondo e poi ti tocca chiamarti e cercarti da sola. Quanta storia ci vuole ancora, prima che sia tu a dire il tuo nome e che tu non abbia bisogno di specchi per essere te? Invisibile, certo!, anche a te stessa e per questo ancora e sempre da svelare." Così quella notte, sull'orlo dei sogni, invoca se stessa e poi si dirige verso l'attracco dei suoi desideri.Un raggio perlaceo di luna la guida alla vera realtà, che è l'esatto contrario dell'affanno del giorno. In questo cammino segreto lei sa che da nulla fuggiva rifugiandosi negli abbracci di lui. Né l'amore è cosa che si possa rubare, dunque che senso aveva lasciarlo? E il vigore di ogni loro incontro non era né fuga né resa, ma ascesa. E anche discesa nel sotterraneo abitare delle loro profonde radici, nutrite dalla prodiga ombra di un'intimità clandestina, che proteggeva lo stupore degli inizi. Lei ha ora un segreto che è magico filo, connessione essenziale per raggiungere quel punto fermo all'interno di sé che può sopravvivere saldo a ogni confisca, a ogni abbandono. L'amore è chiamata, non possesso; esordio, non approdo; ed è comunque clandestino e isola gli amanti dal mondo. Lei in sogno non cerca garanzie: sa di non poterne dare lei stessa, consapevole della morte e di potere non esserci più. Disbosca una foresta mentre una pioggia battente sembra volere affettare il fogliame. I lampi illividiscono la notte esposta e le svelano che vita e morte sono implicate l'una nel ritmo dell'altra come l'incontro e l'abbandono, la notte con il giorno, il sonno con la veglia, una porta aperta e una chiusa e l'uomo con la donna, il tradimento con la fiducia e l'essere con il nulla. E l'angelo della notte custodisce con un sorriso sagace questo segreto, lasciando la porta aperta al tempestoso scompiglio degli dei. Poi il giorno frantuma la notte e apre altre opere. Piedi verdi danzanti sull'erba trascinano trepide note, che spruzzano di melodie il cielo. La nostalgia capovolge il suo cuore e la sbalza - ah! delinquente sensualità - nel desiderio di lui, della sua materia maschile, nell'urgenza delle sue mani assetate, di sguardi impudichi e felici, di umori donati e anche carpiti nell'ubriachezza reciproca. Ebbene sì, era un tempo crudele ma munifico, quel tempo in cui lei - disossata dal languore delle carezze di lui e poi dalla sua lontananza - sfogliava la calma pomeridiana. Il cuore ora, al ricordo di lui, le correva protervo nel petto, come una strada che in discesa ripida si lanci prepotente e assoluta verso il mare. Così mentre i raggi del primo sole filtrano dalle persiane chiuse e arano il silenzio, lei vede la loro storia come un arcano crogiolo dove insieme si mischiavano e si separavano - in rapida distruzione e rinnovata riparazione, come il buio e la luce - il potere e l'amore, il prendere e il dare.O come ineffabile alchimia di rigenerazione, iniziazione, compromissione. Per riprendere la crescita, e accompagnarla per mano, di quanto in loro è rimasto bambino. Per affacciarsi sull'orlo del mondo, pur sapendolo precario e sovranamente inaffidabile. Per accettare e assaporare l'arcano mistero dell'altro e la sua inafferrabile diversità. Con decisa presenza, ma senza violenza. Esposti, piuttosto, e tentati dal desiderio selvaggio di far conoscere all'altro il proprio tumulto: svelarglielo al punto da esserne assolti e sbalzati, con quella forza, nel mondo. Lei vuole che il suo amore ritorni e sprigioni pure i fantasmi più angusti, che prendano corpo se occorre, ma anche luce e calore e lussureggiante spessore. Come scintilla che, al contatto con l'aria, infuoca una fiamma danzante. Poi la fiducia è una vanga che rivolta le zolle, così che dalle radici di un illuso rancore germogli il rigoglio infinito di una vita ancora inesausta di esporsi alla sfida di ogni nuova condanna, di ogni sofferto splendore. Ancora lui le domanda qualcosa, con voce sommessa e calma, poi qualcos'altro e qualcos'altro ancora. Sfoglia a uno a uno gli strati della sua anima. Lei gli risponde e poi risponde ancora. Scarta ogni strato che la separa da se stessa. Lui le affida le sue domande, lei gli affida le sue risposte. Lei è un'onda che si frange lentamente, lui l'altra, andandosi incontro a ogni nuovo momento e separandosi ancora.