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ROSSO BOLIVIA


da La Paz: Marica Di Pierriper selvas.orgIn Bolivia le giornate fuggono via in un paesaggio incredibile che vede il cielo baciare la terra rossa. Negli occhi delle donne e degli uomini che incontriamo brilla una luce strana che parla di una profonda dignità ribelle.La Paz, ma sopratutto El Alto, è una enorme distesa di mattoni dello stesso colore della terra, di costruzioni irregolari mai completate dove vivono e sopratutto sognano, realizzando quotidianamente i sogni collettivi, comunità che sperimentano l'autogestione e l'autonomia della resistenza.E sullo sfondo montagne sacre ed ancestrali ed un cielo che pesa così tanto sulle nostre teste che si ha la sensazione che alzando un dito lo si potrebbe sfiorare.Sorrisi, abbracci e parole di lotta e di speranza si incrociano in ogni luogo in cui siamo. Non e' mai semplicemente una visita, un passaggio temporaneo, è ogni volta un momento per porre un mattone in più nella casa comune. Una casa costruita di possibili e sembra nemmeno troppo lontane alternative. Le persone che incontriamo ci parlano di sogni e speranze che divengono via via realtà. Una realtà non in discesa, per la quale occorre continuare a lavorare, tutti assieme, con pazienza, perseveranza, lungimiranza. Qui in Bolivia non sono giorni facili. Negli ultimi mesi il governo ha dovuto resistere a feroci attacchi da parte della destra oligarchica, che ha tentato di ostacolare il lavoro del governo di Morales riaccendendo questioni mai realmente sopite, come le tendenze separatiste di Santa Cruz o la questione della capitale unica. L'opposizione della destra si è dimostrata tenace e ben organizzata. La sua forza economica enorme. Il controllo che esercita sulla stampa capillare.E tra pochi mesi tutta la popolazione sarà chiamata a votare per approvare il nuovo testo costituzionale. Si tratta del frutto di mesi di lavoro e di difficili trattative in seno all'assemblea costituente voluta dal governo. Una costituzione che, all'articolo 1, definisce la Bolivia come uno “Stato unitario, sociale, di Diritto Plurinazionale Comunitario, libero, indipendente, sovrano, democratico, interculturale, decentralizzato e basato sull'autonomia.” Un Paese fondato sulla “pluralità e sul pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico.” Un testo che di per sè - come ci racconta Raùl, un operaio di El Alto - “rappresenta una immensa novità ed una garanzia per il riconoscimento della diversità etnica e culturale del Paese”. Qui tutti, contadini, operai, studenti, casalinghe dimostrano una grande consapevolezza delle trasformazioni in atto. La partecipazione popolare che emana dai discorsi sugli autobus, per strada, nei piccoli bar è straordinaria. Ad Achacachi il sindaco Eugenio Rojas, fiero di fronte alla sua gente raccolta, parla di impegno, di visione del futuro, di perseveranza. E della necessità di stringere legami anche al di fuori della Bolivia, con realtà e movimenti sociali che possano aiutare concretamente a diffondere i contenuti della lotta di cui sono protagonisti, una lotta che li vede uniti nella difesa della democrazia, del futuro e dello stesso intangibile eppur tanto concreto concetto di speranza. Tutta la zona attorno alla capitale è piena di murales che difendono la nuova costituzione e il processo di cambiamento. Colori vivaci, caratteri cubitali ci scrutano dalle pareti delle case. Quasi tutti ammettono che il compito di questo governo è arduo, che una rivoluzione radicale dopo secoli di oppressione e decenni di governi neoliberali è difficile. Ma che vale la pena lottare, avere fiducia, apprezzare i passi avanti fatti in questi primi due anni. Nazionalizzare gli idrocarburi, garantire la possibilità di accesso all'istruzione primaria per tutti, creare una pensione vitalizia per i cittadini sopra i 60 anni, in un paese in cui, a causa della preponderanza dell'economia informale, quasi nessuno arriva a percepirla sono risultati tangibili per buona parte della popolazione. In Bolivia gran parte delle università sono private e l'accesso all'istruzione secondaria fino a pochi anni fa era un privilegio delle elite del Paese. Il processo di cambiamento in corso passa anche per le aule universitarie, con esperienze come quella della UPEA, l'Università Pubblica di El Alto, il cui rettore racconta come la conquista di questo spazio sia avvenuta nelle strade e nella piazze: “nata ufficialmente nel 2000 dopo decenni di lotte,la nostra università è organizzata secondo i principi dell'autonomia e della co-gestione, e prevede l'insegnamento e la difesa della cosmogonia indigena”. Una sfida non da poco, che ha portato in pochi anni al considerevole numero di 12.000 iscritti ed alla necessità di ampliare strutture e programmi didattici, grazie anche alla rivalorizzazione dell'identità indigena frutto delle politiche di governo di questi ultimi 2 anni. Processi analoghi sono evidenti anche nelle organizzazioni sindacali e nelle rappresentanze di lavoratori. Una lavoratrice aymara di El Alto, durante l'assemblea della Centrale Operaia Regionale, parla della necessità di unificare il linguaggio della lotta che portano avanti i lavoratori di tutto il mondo, contro una globalizzazione sempre più disumana che disconosce i diritti riconoscendo nel profitto il suo unico faro. E' per questo che assumono un valore sempre maggiore le alleanze tra i movimenti e le organizzazioni sociali che come A Sud lavorano e testimoniano con la loro presenza l'impegno a fianco dei popoli che lottano per costruire dal basso un mondo altro, di inclusione. E di pace.La sera scende su La Paz. Al calar del sole le centinaia di donne che popolano le strade con i loro variopinti banchetti raccolgono la poca merce sistemandola nei coloratissimi tessuti che annodano sulla schiena, come chiocciole meticolose. E continuando a camminare per le strade in sali scendi di La Paz, tinte dei colori del tramonto, continuano a scorrere davanti ai nostri occhi i visi scuri, sorridenti e pieni si speranza di questo popolo tenace - la pazienza millenaria disegnata sui volti - che ha deciso dopo secoli di dominazione, discriminazione ed oppressione, di riprendere in mano le redini del proprio futuro. E di non lasciarsele scappare.