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L'incontro di primavera di Fmi e Bm


Marica Di Pierri Associazione A Sud[pubblicato su Carta.org il 18 Aprile 2008]  Si è tenuta a Washington nei giorni scorsi la riunione di primavera delle principali istituzioni finanziarie internazionali: Fondo Monetario e Banca Mondiale. L’incontro ha affrontato varie tematiche: prima di tutto la proposta di riforma del FMI – ovvero la modifica di meccanismi di rappresentanza e potere di voto – ma anche il rischio di un lungo periodo di instabilità alle porte e le misure per fronteggiare il rapido aumento del costo degli alimenti. Durante i due giorni di riunioni numerosi attivisti hanno manifestato fuori dall’edificio del FMI contro le politiche portate avanti dalle due istituzioni finanziarie, colpevoli di mettere in ginocchio le economie emergenti imponendo riforme strutturali e politiche di privatizzazione che si traducono spesso nella violazione dei diritti umani dei cittadini.Secondo i movimenti sociali latinoamericani, africani e del sud est asiatico le riforme proposte alla struttura del FMI non sarebbero tali da modificare, come affermato dai rappresentanti dell’organismo, il modello decisionale sbilanciato a favore delle economie occidentali. I paesi in via di sviluppo, presi insieme, avranno secondo la nuova formula una partecipazione dell’1,6% superiore a prima dell’accordo, mentre i paesi industrializzati considerati cumulativamente continueranno ad avere il 60% del potere decisionale all’interno dell’FMI. Fino ad ora la proporzione dei voti nell’FMI si è stabilito in base ad una maggioranza doppia che prende in considerazione il denominato “principio westfálico” di “ogni paese un voto”, combinato con il principio di mercato “un dollaro un voto”. Ogni paese membro ha 250 voti di base ai quali si aggiungono voti addizionali, secondo la quantità di capitale che viene apportata nel Fondo. In questo modo gli Stati Uniti possono contare su un totale di 371.743 voti (16,79% del totale) mentre l’Honduras su 1,545 voti (0.07% del totale). Al momento della fondazione dell’FMI, la proporzione dei voti base era maggiore. Con l’aumento del capitale e della partecipazione dei paesi industrializzati, la bilancia si è orientata verso il principio di “un dollaro un voto”. L’altra disparità, non meno grave, ha a che vedere con la rappresentanza negli organismi decisionali. Le operazioni quotidiane dell’FMI si realizzano nella sede di Washington e sono a carico della Direzione Esecutiva, composta da 24 membri. Gli Stati Uniti, la Francia, la Germania e l’Inghilterra non hanno bisogno di essere eletti dentro il Direttivo, al contrario vengono nominati. Se è vero che la nuova riforma da una maggiore influenza a paesi come Cina, India, Messico, Brasile e Corea del Sud e permette all’Africa di contare su un vicepresidente nel Direttivo Esecutivo, non cambia nulla nel gioco di forze all’interno dell’istituzione, consolidando invece lo “status quo” e con questo l’asimmetria di forze.L’FMI ha perso negli ultimi anni moltissimi clienti. Il suo capitale si è ridotto da 80 mila milioni di dollari a 20 milioni. Per questa ragione l’organismo ha già annunciato di voler operare dei tagli che comprometterebbero l’impiego di metà del personale e di voler mettere in vendita le riserve di oro (per circa 11.000 milioni di dollari). Secondo Cheikh Tidiane Dieye, dell’ENDA – Africa “la ragione di queste manovre è chiara. In Senegal ad esempio, l’FMI ha operato pesanti tagli ai finanziamenti già da alcuni anni, il che ha causato gravi carenze delle risorse investite in salute, educazione e altri servizi di base. Ciò comporta che se questa perdita di potere finanziario del FMI si accompagnerà ad una perdita di potere politico, sarà una grande notizia per tutta l’Africa”. Norma Maldonado, della Rete Internazionale di genere e commercio – Guatemala, spiega che “in America Latina le istituzioni finanziarie hanno sempre provocato disastri economici per decine di anni. Se la ristrutturazione di cui si discute significa preservare il FMI, noi ci opponiamo. La vendita delle riserve di oro deve essere utilizzata come restituzione e compensazione per i danni anteriormente provocati, in particolare per la cancellazione del debito illegittimo e la riparazione dei danni ecologici e sociali”. Oltre che di riforme, all’incontro si è discusso del problema rappresentato dall’aumento di prezzo degli alimenti, che – secondo un indice generale dei prezzi elaborato dalla Banca Mondiale – sarebbero cresciuti dell’80% negli ultimi due anni. Questo aumento impazzito è relazionato alla domanda di cereali per produrre agro combustibili. L’intero incremento della produzione mondiale di mais nel periodo compreso tra il 2004 e il 2007 è stato destinato alla produzione di combustibili negli Stati Uniti, mentre le riserve di grano sono diminuite gradualmente a causa della maggiore richiesta del bene per altri usi (principalmente foraggio per gli allevamenti destinati alla sempre maggiore domanda di carni in Asia). Di fronte a questa situazione sussistono gravissimi rischi per l’alimentazione della popolazione in particolare nei paesi del Sud del mondo. Come se questo dato non bastasse, uno dei direttori del FMI, Anoop Singh ha affermato a Washington che in un contesto di inflazione crescente, come quello attuale, “la priorità è evitare le negoziazioni al rialzo dei salari, che potrebbero influire su ulteriori aumenti dei prezzi”. Secondo il funzionario, la soluzione migliore sarebbe la distribuzione di di alimenti o denaro attraverso piani sociali. Decisa la risposta dei movimenti sociali, secondo cui “la scelta di ostacolare le negoziazioni dei salari nel contesto attuale non sarebbe tanto dannoso per i potere di acquisto delle classi medie quanto per le classi meno agiate, che sarebbero spinte inevitabilmente fin sotto la soglia di povertà.”