Creato da mauri572005 il 18/05/2006
per il tuo sorriso -il ricordo dei giovani perduti

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un libro

Post n°1 pubblicato il 18 Maggio 2006 da mauri572005

Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

 Settembre 2005 campo della memoria Nettuno

E ora guardando questo cielo, con il sole che riscalda la mia pelle, solo una infinita tristezza si impadronisce di me, su questi campi che videro le esplosioni, che ascoltarono urla e dove il verde dell’erba si tinse di rosso, niente più eroi, niente canzoni, il tempo ha riportato le illusioni nella loro giusta dimensione: non eroi immortali, ma giovani vite immolate in nome di un sogno. Un tempo per uccidere, e purtroppo è venuto, un tempo per la guerra, e purtroppo c’è stata, un tempo per piangere e, tutte le lagrime sono state versate. Sono venuto qui oggi per dirvi addio giovani compagni miei, sono vecchio e sopravvissuto a tutto, soprattutto alla nostra giovinezza, c’è un tempo per morire, è il mio tempo.

Ieri La Spezia - settembre 1943 – il mondo perduto

 A casa mia le 19,30 era l’ora abituale di cena e anche quella sera la famiglia De Rossi sedeva a tavola : mia madre Clara, mio fratello Giovanni ed io Federico classe 1926 . A diciassette anni frequentavo il liceo Scientifico Pacinotti(1), mia madre e mio fratello più grande di me di 8 anni, gestivano una piccola tipografia in via Torino che per anni era stata l’orgoglio di mio padre Leopoldo, prima che una polmonite lo portasse via . La nostra abitazione era nello stesso fabbricato al primo piano. «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. la richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza.» La radio diffuse il comunicato del Generale Badoglio proprio mentre mia madre stava scodellando una pentola di patate lesse. Rimase con il mestolo a mezz’aria……… ‘Vuol dire che la guerra è finita?’ ‘ Vuol dire che è finita e basta ‘ rispose Giovanni. ‘ Ma tutti i nostri soldati come reagiranno? Ma il Duce? chiesi io. ‘A artä vëgio no se gh'aççende ciù candele (Ad altare vecchio non s'accendono più candele.) è finita, tutti a casa e speriamo che non succeda niente. ‘Perché cosa deve succedere? Mia madre preoccupata. Niente mamma, tranquilla, dacci le patate che, si freddano. Non replicai a mio fratello, non sapevo cosa dire, mille pensieri e nessuna parola, come se l’annuncio di Badoglio avesse calato un velo sul mio intelletto privandomi della luce della ragione. Disorientamento è la parola giusta, come quando si cerca una destinazione e ci si smarrisce. Peggio, il blocco allo stomaco, come se una morosa dopo averti giurato eterno amore, all’improvviso ti avesse abbandonato per un altro. Le patate sapevano di melma. Dalla strada saliva un vociare crescente, un brusio di calabroni impazziti, diverse persone avevano formato dei capannelli e commentavano la notizia, molti esprimevano gioia per la fine della guerra, altri indignazione, scoramento, ma nessuno probabilmente in cuor suo e, lo si leggeva chiaramente sui visi, era veramente convinto che fosse finita . Sarebbe stato purtroppo chiaro nei giorni a venire.Gli avvenimenti avrebbero tirato fuori la parte migliore e peggiore del popolo italiano seminando lutti e rovine, scrivendo pagine di gloria e di infamia, avvelenando le anime. Molte inclusa la mia, non sarebbero guarite mai più. Mi coricai con la testa che mi faceva male, lo stomaco sempre aggrovigliato, facendo finta di non vedere l’espressione interrogativa di mia madre e il volto corrucciato di mio fratello, augurai loro la buonanotte, sapendo che non lo sarebbe stata , non avevo sonno in realtà, i miei pensieri si accavallavano e non riuscivo a dare un senso all’accaduto. Tutti sapevano che la guerra stava andando male, la Russia, lo sbarco in Sicilia, i bombardamenti, ma una resa così? E poi i tedeschi nostri alleati come avrebbero preso la cosa? Che intendeva dire Badoglio con ‘reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza’? E il Re? In tutta la mia vita avevo sempre sentito dire che il suolo della Patria è sacro, mi era stato inculcato l’amore per l’Italia, il rispetto per gli eroi che avevano sacrificato la loro vita per difenderla, anni di scuola , l’orgoglio di appartenere a un grande popolo, e ora …. Ora cosa mio Dio?

*Liceo Scientifico "A. Pacinotti" fu istituito con R.D., controfirmato dal ministro Bottai, nell'agosto del 1940 su richiesta dell'allora Provveditore, comm. Muccini. La prima sede del Liceo fu ubicata in via Migliari n.35 per un totale di 89 alunni e 5 classi: la lingua straniera studiata era allora il Tedesco

 
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