ci siam persi akabul

La punta dell'iceberg


Il 25 agosto scorso una recluta di 19 anni  dell’esercito britannico si è tolto la vita per non dover essere costretto, una volta giunto in Iraq, ad uccidere dei bambini .La notizia è comparsa su Yahoo notizie ma non so quante televisioni italiane abbiano dato spazio all’episodio dal momento che non seguo più la tv. Il giovane ha preso la drammatica decisione dopo aver frequentato il corso di preparazione alla missione in Iraq organizzato dall’esercito di sua Maestà, durante il quale si spiegava che i bambini, in determinate circostanze , possono diventare dei bersagli da colpire in quanto potenziali kamikaze ; il fatto che i bambini siano oggetto di efferatezze durante le guerre non è per niente una novità ne tanto meno lo è il fatto che si decida a mente fredda di eliminarli da una parte e di utilizzarli dall’altra. Spesso l’infanticidio è frutto di una calcolata strategia adottata per fiaccare la resistenza morale del nemico. La vera novità è costituita dal fatto che sta ormai prendendo risalto anche sui mass media quella che è una situazione da parecchio presente nelle truppe britanniche, sia per il protrarsi della guerriglia, che già di per se è fonte di notevole stress, sia perché i soldati sono costretti ad operare in una condizione in cui a livello di poteri decisionali si è assunto il perniciosissimo atteggiamento di chi vuole polverizzare il nemico senza lasciare spazio alle trattative; tali atteggiamenti oltre che creare atmosfere lugubri e sfiducia, rischiano di far cronicizzate la situazione se non addirittura inserire le premesse per tragedie assai più grandi. A testimonianza di ciò che ho scritto ci sono 1541 soldati britannici che hanno operato in Iraq dall’inizio della guerra che soffrono di problemi di natura psichiatrica.                                                                                                        Per onorare la memoria del giovane soldato cito qui il suo nome: JASON CHELSEA