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serenamente


Intervista a Atropo
La signora Atropo?Esatto, sono io.Delle tre figlie della NecessitàLei è quella con la fama peggiore.Grossa esagerazione, poetessa mia.Cloto tesse il filo della vita,ma quel filo è sottile,non è difficile tagliarlo.Lachesi con la pertica ne fissa la lunghezza.Non sono innocentine.Però le forbici sono in mano Sua.Giacché lo sono, ne faccio uso.Vedo che anche ora, mentre conversiamo…Sono lavorodipendente, questa è la mia natura.Non si sente annoiata, stanca,assonnata quantomeno di notte? No, davvero no?Senza ferie, weekend, feste comandateo almeno brevi pause per una sigaretta?Ci sarebbero arretrati, e questo non mi piace.Uno zelo inconcepibile.Senza mai qualche riconoscimento,premi, menzioni, coppe, medaglie?Magari diplomi incorniciati?Come dal barbiere? Molte grazie.Qualcuno L’aiuta? E se sì, chi?Un paradosso niente male – appunto voi mortali.Svariati dittatori, numerosi fanatici.Benché non sia io a costringerli.Per loro conto si danno da fare.Di sicuro anche le guerre devono rallegrarLa,in quanto danno un bell’aiuto.Rallegrami? È un sentimento sconosciuto.Non sono io che invito a farle,non sono io che ne guido il corso.Ma lo ammetto: è grazie a loro soprattuttoche posso stare al passo.Non le dispiace per i fili tagliati troppo corti?Più corti, meno corti -solo per voi fa la differenza.E se uno più forte volesse sbarazzarsi di Leie provasse a mandarLa in pensione?Non ho capito. Sii più chiara.Riformulo la domanda: Lei ha un Superiore?… Passiamo alla domanda successiva.Non ne ho altre.In tal caso, addio.O per essere più esatti…Lo so, lo so. Arrivederci.Wislawa Szymborska, nel libro Due punti Fabrizio De Andrè - Il sogno di Maria
 IScrivi, scrivi;se soffri, adopera il tuo dolore:prendilo in mano, toccalo,maneggialo come un mattone,un martello, un chiodo,una corda, una lama;un utensile, insomma.Se sei pazzo, come certamente sei,usa la tua pazzia: i fantasmiche affollano la tua stradausali come piume per farne materassi;o come lenzuoli pregiatiper notti d’amore;o come bandiere di sterminatireggimenti di bersaglieri.IIUsa le allucinazioni: unectoplasma serve ad illuminareun cerchio del tavolo di legnoquanto basta per scrivere una cosa egregia -usa le elettriche fulgurazionidi una mente malatacuoci il tuo cibo sul fuoco del tuo cuoreinsaporiscilo della tua anima piagatal’insalata, il tuo vinorosso come sangue, o biancocome la linfa d’una pianta tagliata e moribonda. IIIUsa la tua morte: la gentilezzagrafica gotica dei tuoi vermi,le pause elette del nullache scandiscono le tue parolerantolanti e cerimoniose;usa il sudario, usa i candelabri,e delle litanie puoi fareun bordone alla melodia - improbabile -delle sfere.IVUsa il tuo inferno totale:scalda i moncherini del tuo nulla;gela i tuoi ardori genitali;con l’unghia scrivi sul tuo nulla:a capo.Giorgio Manganelli
Sera