Quando, all'età di quindici anni la sorella Sophie muore di tubercolosi, proprio come la madre, il giovane Munch si ritrova a vivere l'esperienza del lutto e dell'angoscia della perdita in una sorta di apres-coup che lo costringe a riappropriarsi del proprio lutto originario, delle emozioni che sembrava aver depositato nella sorella stessa. Come osservano i Baranger e Mom (1987, p.184) "il primo tempo del trauma...acquista il suo valore eziologico a partire dal secondo, dalla sua riattivazione per un evento...e attraverso la storicizzazione analitica che congiunge i due tempi. Il primo tempo del trauma rimane muto finche la Nachtraglichkeit gli permette di parlare e di costituirsi in trauma". Naturalmente in Munch la storicizzazione non è analitica ma utilizza l'opera artistica quale medium ove operare questa storicizzazione. L'opera d'arte, come osserva Liebert (1982) "non ha l'effetto di operare un working through, cioè, di alterare permanentemente la rappresentazione mentale centrale di se stesso e degli altri e determinare cambiamenti basilari negli altri aspetti della sua organizzazione e delle prospettiva psicologiche interne. In questo modo ogni tentativo artistico inevitabilmente fallirà a questo proposito e riaffiorerà il sottostante conflitto" (p.448-449, trad. mia). Tuttavia in Munch la funzione del lavoro artistico sembra teso a far sì che l'immagine del ricordo possa accedere alla pensabilità, più che alla soluzione del conflitto. La sua funzione è quella di creare un contenitore, di poter "rappresentare l'irrapresentabile". Nel lavoro di ricostruzione e di significazione del ricordo, l'ombra, rappresentativa dell'esperienza del passato, del lutto non elaborato, inghiottendo la sorella, ed annientandola, ricade su di lui.La riappropriazione del proprio lutto è rappresentata anche nel dipinto Morte nella camera di una ammalata (1895), la scena della morte della sorella Sophie.Qui il giovane Munch si ritrae sulla sinistra del dipinto, accomunato al dolore della famiglia, in cui tuttavia l'isolamento e l'incomunicabilità restano tangibili nelle prospettive assolutamente divergenti di ogni personaggio. "E' la messa in scena del ricordo, e i personaggi non hanno l'età che avevano al momento dell'evento, ma quello dell'anno in cui viene concepito il quadro" (Di Stefano). E' il tempo del ricordo racchiuso in una prospettiva chiusa e ricorsiva, in cui il passato non può essere tale, ma è sempre, persecutoriamente, presente. Qui Munch esplicita quell'aspetto della "funzione psicoanalitica della mente" in cui l'elaborazione dei contenuti mentali è sempre rivolta al presente. "Il passato non è importante, perchè non ci si può fare nulla: le sole cose su cui si può fare qualcosa sono i resti, le vestigia del passato, degli stati mentali passati" (Bion, 1997, p. 60). Come Freud ha asserito nell'inconscio non troviamo traccia di una concezione del tempo. Il tempo è una dolorosa acquisizione della consapevolezza di Sè. In una litografia del 1896 le figure sono accomunate viceversa dalla prospettiva verso il letto della sorella morta, mentre sulla parete di fronte aleggiano i fantasmi dei morti, a sottolineare come il lutto attuale non faccia che ripresentificare quello precedente, ancora da vivere ed elaborare; la sorella Inger, in primo piano, sembra accogliere lo sguardo del pittore, carico di angoscia e di lutto, contenimento relazionale che rappresenta il movimento iniziale verso l'elaborazione e la pensabilità.Questa possibilità di elaborazione e di riappropriazione del proprio vissuto emozionale si sviluppa in ragione della solitudine che si relativizza a poco a poco. La zia che cura fino al limite della propria impotenza la nipote in Bambina malata, il primo piano della sorella Inger, sia in Morte in camera di una malata, che nella relativa successiva litografia, sembrano indicare come prepotenti le istanze vitali, ovvero le buone relazioni con gli oggetti, nel mondo interno di Munch controbattono il carico di lutto che proprio quell'anno si è nuovamente abbattuto su di lui, con la morte del fratello Andreas. Inger è l'unica sorella che sopravviverà insieme ad Edvard.Il lento e doloroso lavoro del lutto già in precedenza era giunto ad un punto di recupero delle figure della vitalità, nel dipinto Primavera del 1889.Questo quadro è stato dipinto in un periodo di convalescenza, la ripresa delle proprie forze, la sconfitta della malattia e della morte sono mirabilmente descritte dalla leggerezza e dalla luminosità delle tende che si sollevano sofficemente sospinte verso l'interno dalla luminosa ariosità della brezza primaverile, a rischiarare un ambiente in cui la giovane malata, la sorella Sophie, risalta per il suo pallore in contrasto col colore salubre dell'incarnato della figura materna che l'assiste.Quasi una idealizzazione la sconfitta della morte che sembra indietreggiare e dover cedere i suoi spazi alla vita rappresentata dalla madre florida, le due finestre luminose come seni rigogliosi di nutrimento vitale. Un omaggio alla zia, Karen Bjolstad, che ha preso validamente il posto della madre nella rappresentazione del mondo interno di Munch e che in questo modo ha permesso al suo stesso mondo interno di costituirsi. Un'identificazione in cui magicamente ripara alla morte della sorella, restituendola alla vita con questo quadro, così come si libera dalla propria malattia. La sorella può essere ritrovata viva dentro di sè nella misura in cui la mente di Edvard può riappropriarsi di tutta la emozionalità che aveva compresso dentro di lei nell'estremo sforzo di sopravvivere all'allagamento di angoscia persecutoria e di impensabilità legate alla solitudine in cui si è compiuta la perdita originaria.Il recupero di oggetti vitali al proprio mondo interno permette di riappropriarsi del proprio mondo emozionale, in un travaglio che segue un continuo movimento oscillatorio tra aperture verso la vita, il legame e la passione del sentimento, e la paura angosciosa dell'abbandono. Ma nell'inverno di quello stesso anno, il 1889, morirà il padre, e le immagini vitali e luminose devono nuovamente lasciare il posto alle memorie delle perdite. Il lavoro del lutto, già di per sè così duro di fronte alla precocità e drammaticità del trauma iniziale, sembra doversi rinnovare e recedere continuamente in una lotta impari col potere della morte.
Edvard Munch. Arte2
Quando, all'età di quindici anni la sorella Sophie muore di tubercolosi, proprio come la madre, il giovane Munch si ritrova a vivere l'esperienza del lutto e dell'angoscia della perdita in una sorta di apres-coup che lo costringe a riappropriarsi del proprio lutto originario, delle emozioni che sembrava aver depositato nella sorella stessa. Come osservano i Baranger e Mom (1987, p.184) "il primo tempo del trauma...acquista il suo valore eziologico a partire dal secondo, dalla sua riattivazione per un evento...e attraverso la storicizzazione analitica che congiunge i due tempi. Il primo tempo del trauma rimane muto finche la Nachtraglichkeit gli permette di parlare e di costituirsi in trauma". Naturalmente in Munch la storicizzazione non è analitica ma utilizza l'opera artistica quale medium ove operare questa storicizzazione. L'opera d'arte, come osserva Liebert (1982) "non ha l'effetto di operare un working through, cioè, di alterare permanentemente la rappresentazione mentale centrale di se stesso e degli altri e determinare cambiamenti basilari negli altri aspetti della sua organizzazione e delle prospettiva psicologiche interne. In questo modo ogni tentativo artistico inevitabilmente fallirà a questo proposito e riaffiorerà il sottostante conflitto" (p.448-449, trad. mia). Tuttavia in Munch la funzione del lavoro artistico sembra teso a far sì che l'immagine del ricordo possa accedere alla pensabilità, più che alla soluzione del conflitto. La sua funzione è quella di creare un contenitore, di poter "rappresentare l'irrapresentabile". Nel lavoro di ricostruzione e di significazione del ricordo, l'ombra, rappresentativa dell'esperienza del passato, del lutto non elaborato, inghiottendo la sorella, ed annientandola, ricade su di lui.La riappropriazione del proprio lutto è rappresentata anche nel dipinto Morte nella camera di una ammalata (1895), la scena della morte della sorella Sophie.Qui il giovane Munch si ritrae sulla sinistra del dipinto, accomunato al dolore della famiglia, in cui tuttavia l'isolamento e l'incomunicabilità restano tangibili nelle prospettive assolutamente divergenti di ogni personaggio. "E' la messa in scena del ricordo, e i personaggi non hanno l'età che avevano al momento dell'evento, ma quello dell'anno in cui viene concepito il quadro" (Di Stefano). E' il tempo del ricordo racchiuso in una prospettiva chiusa e ricorsiva, in cui il passato non può essere tale, ma è sempre, persecutoriamente, presente. Qui Munch esplicita quell'aspetto della "funzione psicoanalitica della mente" in cui l'elaborazione dei contenuti mentali è sempre rivolta al presente. "Il passato non è importante, perchè non ci si può fare nulla: le sole cose su cui si può fare qualcosa sono i resti, le vestigia del passato, degli stati mentali passati" (Bion, 1997, p. 60). Come Freud ha asserito nell'inconscio non troviamo traccia di una concezione del tempo. Il tempo è una dolorosa acquisizione della consapevolezza di Sè. In una litografia del 1896 le figure sono accomunate viceversa dalla prospettiva verso il letto della sorella morta, mentre sulla parete di fronte aleggiano i fantasmi dei morti, a sottolineare come il lutto attuale non faccia che ripresentificare quello precedente, ancora da vivere ed elaborare; la sorella Inger, in primo piano, sembra accogliere lo sguardo del pittore, carico di angoscia e di lutto, contenimento relazionale che rappresenta il movimento iniziale verso l'elaborazione e la pensabilità.Questa possibilità di elaborazione e di riappropriazione del proprio vissuto emozionale si sviluppa in ragione della solitudine che si relativizza a poco a poco. La zia che cura fino al limite della propria impotenza la nipote in Bambina malata, il primo piano della sorella Inger, sia in Morte in camera di una malata, che nella relativa successiva litografia, sembrano indicare come prepotenti le istanze vitali, ovvero le buone relazioni con gli oggetti, nel mondo interno di Munch controbattono il carico di lutto che proprio quell'anno si è nuovamente abbattuto su di lui, con la morte del fratello Andreas. Inger è l'unica sorella che sopravviverà insieme ad Edvard.Il lento e doloroso lavoro del lutto già in precedenza era giunto ad un punto di recupero delle figure della vitalità, nel dipinto Primavera del 1889.Questo quadro è stato dipinto in un periodo di convalescenza, la ripresa delle proprie forze, la sconfitta della malattia e della morte sono mirabilmente descritte dalla leggerezza e dalla luminosità delle tende che si sollevano sofficemente sospinte verso l'interno dalla luminosa ariosità della brezza primaverile, a rischiarare un ambiente in cui la giovane malata, la sorella Sophie, risalta per il suo pallore in contrasto col colore salubre dell'incarnato della figura materna che l'assiste.Quasi una idealizzazione la sconfitta della morte che sembra indietreggiare e dover cedere i suoi spazi alla vita rappresentata dalla madre florida, le due finestre luminose come seni rigogliosi di nutrimento vitale. Un omaggio alla zia, Karen Bjolstad, che ha preso validamente il posto della madre nella rappresentazione del mondo interno di Munch e che in questo modo ha permesso al suo stesso mondo interno di costituirsi. Un'identificazione in cui magicamente ripara alla morte della sorella, restituendola alla vita con questo quadro, così come si libera dalla propria malattia. La sorella può essere ritrovata viva dentro di sè nella misura in cui la mente di Edvard può riappropriarsi di tutta la emozionalità che aveva compresso dentro di lei nell'estremo sforzo di sopravvivere all'allagamento di angoscia persecutoria e di impensabilità legate alla solitudine in cui si è compiuta la perdita originaria.Il recupero di oggetti vitali al proprio mondo interno permette di riappropriarsi del proprio mondo emozionale, in un travaglio che segue un continuo movimento oscillatorio tra aperture verso la vita, il legame e la passione del sentimento, e la paura angosciosa dell'abbandono. Ma nell'inverno di quello stesso anno, il 1889, morirà il padre, e le immagini vitali e luminose devono nuovamente lasciare il posto alle memorie delle perdite. Il lavoro del lutto, già di per sè così duro di fronte alla precocità e drammaticità del trauma iniziale, sembra doversi rinnovare e recedere continuamente in una lotta impari col potere della morte.