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Porta Portese

Post n°205 pubblicato il 30 Gennaio 2011 da lanzarda
 

 

Quartiere Portuense

Il Quartiere Portuense è delimitato dal Gianicolo a sud e dal Tevere a nord, lungo il quale passava l'antica via consolare, Via Portuense, che collegava la città all'attuale porto di Fiumicino o in alternativa porto di Ostia. Durante l'età dei Papi la zona fu utilizzata come territorio di caccia, soltanto intorno agli anni '30 il quartiere cominciò a prendere forma con confini ben delimitati. La Via Portuense costituiva una via fondamentale per il collegamento tra l'Urbe e la zona portuale. Il suo tragitto iniziava dall'antica Porta Portuense, che purtroppo non si è conservata (Porta Portese) e prosegue fuori Roma. Altra via importante è Via Campana parallela all'attuale Via Magliana usata come via di collegamento fin dai tempi più antichi, dove si ritrovano insigni memorie pagane e cristiane. La moderna Via Portuense coincide quasi del tutto con quella antica, è ben collegata al centro storico tramite mezzi pubblici e costituisce, nella parte più lontana dal centro, una zona molto popolosa.

Fratres Arvales e Carmen Arvalium


I Fratres Arvales erano i dodici sacerdoti romani incaricati di propiziare la fertilità dei campi. Nella seconda metà del mese di maggio, glli Arvali eseguivano gli Ambarvalia, circuambulazioni eseguite a passo di danza lungo il perimetro degli arva, le terre coltivabili della città, con lo scopo di "rendere il territorio compreso in esso invalicabile sia dai nemici esterni sia dalle potenze malefiche che provocano malattie". L'istituzione, di origine arcaica, fu restaurata da Augusto. In età imperiale il collegio degli arvali, i cui acta incisi su pietra arrivano al terzo secolo, ebbe grande prestigio e comprese membri dei raghi sociali più elevati. I loro riti consistevano nel condurre intorno ai campi le vittime sacrificali, cantando un inno detto Carmen Arvalium. Secondo Plinio il Vecchio e Aulo Gellio i primi arvali furono i dodici figli di Acca Larentia e di Faustolo sarebbero stati all'origine del collegio sacerdotale dei Fratres Arvales caratterizzato dall'uso di rituali e formulari arcaici. Molti particolari a noi noti dei loro riti, come l'esclusione dell'uso del ferro ed i primitivi vasi in terracotta, confermano l'antichità dell'istituzione. La divinità centrale del culto degli Arvali, in età augustea, era la Dea Dia, non nota in precedenza, dea del "cielo chiaro", cioè delle condizioni atmosferiche più propizie al buon raccolto. Con il tempo i riti degli Arvali presero a svolgersi in una località fissa, bosco sacro alla dea Dia, sempre nel mese di gennaio.

Un verbale pervenutoci dal 218 d.C. riporta per intero l'antica invocazione rituale degli Arvali (IV sec. a.C.):


Pregando Marte

La struggente invocazione del Carmen Arvalium

I Musei vaticani conservano il Carmen Arvalium, una struggente invocazione a Marte incisa nel marmo, in cui si chiede protezione e favore. Il Marte arcaico è un dio bifronte: virile guerriero verso l'esterno, e sereno guardiano della pace dentro i confini degli "arva", i campi coltivati. È questo secondo Marte che gli Arvali pregavano:

Hé! Aiutateci, spiriti buoni dei defunti!
E tu, Marte padre, allontana dai nostri campi la rovina!
Siedi sereno sui confini della nostra terra, vegliala.
Fa che il soffio della germinazione vi si soffermi.
Hé! Aiutaci Marte! Sia gloria. Sia.

La preghiera, cantata e danzata, era un refrain alternato alle invocazioni rituali. Quali esse fossero non è dato sapere. Come ha suggerito lo studioso Emilio Venditti, esse potrebbero essere molto simili a questa, tratta dal De Agricoltura di Catone:

Marte padre, ti invoco!
Sii propizio verso me, la mia casa, servi e animali.
Per questo ho sacrificato il toro, la pecora e il maiale spargendo sangue sul mio terreno.
Hé! Ferma, insegui e sconfiggi le malattie, il dolore, la siccità, la pioggia battente, le altre miserie

[Traduzioni dal latino a cura di Antonello Anappo]..

http://www.pasolini.net/cinema_uccellacci_romadiPPP_portuense-note.htm

 
 
 
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