*Orizzonti*

*Cosa vuoi che sia...*


Ci siamo conosciuti circa due anni fa: io con il cuore ancora in frantumi, tu spavaldo e con la battuta pronta. Complice un social game, abbiamo iniziato a sentirci tutti i giorni e, ben presto, le richieste d’aiuto erano solo una scusante per parlare di noi. Del tutto naturale, dopo un po’, scambiarci il numero di telefono e da lì è stato tutto un crescendo...di messaggi, di telefonate...di te che mi parlavi di come cercavi di aggiustare un rapporto già di per sé troppo difficile, di me che ti confidavo le mie pene d’amore. Da allora sono stati davvero pochi i momenti in cui non ci siamo sentiti, con te che cercavi di “farmi sentire il mare al centro di questa città”. Non so bene quando qualcosa è cambiato, quando la simpatia si sia trasformata in mancanza. So solo che, ad un certo punto, mi pesava augurarti “buon week-end” il venerdì sera e sapere che non ti avrei sentito fino al lunedì successivo. Non ho mai avuto il coraggio di confidarti questa cosa, non volevo pensassi che mi stavo illudendo o altro: sapevo che convivevi con la “donna della tua vita” e che mai l’avresti messa in discussione. Eppure sono stata felice di sentire che ti capitava di pensare a me anche nel week-end, di notare come mi cercassi quando io tentavo di allontanarmi. Tutto è precipitato un anno fa, di questi tempi, quando in te è cambiato qualcosa: ad un certo punto, parlavi della possibilità di incontrarci come di qualcosa di reale, mi confidavi un interesse diverso per me, sentivi che forse non ti piaceva solo parlare con me. Ad un certo punto, io sono diventata un progetto, a cui hai girato intorno per mesi, prima di renderlo concreto. Ricordo, come fosse ieri, l’emozione del nostro primo incontro, il mio batticuore, le farfalle nello stomaco e – allo stesso tempo – la naturalezza con cui ci siamo messi subito a parlare di tutto. Ore e ore di parole e risate, fino a quel bacio rubato, inaspettato. Poi l’emozione forte e improvvisa, la paura di poter compromettere un destino già scritto, il silenzio. E io che non sono brava a capire questi silenzi, da lì ho iniziato a soffrire per questo legame che inevitabilmente stava nascendo. Da quel giorno tanti alti e bassi, tra emozioni non troppo celate e parole dette per ferire, abbiamo continuato a sentirci, ad odiarci, amandoci. La vita si è intromessa, sembrava volerci dare una possibilità quando la tua fidanzata ha deciso che con te non voleva più stare, ma inutilmente: tu non sei pronto o forse non vuoi esserlo. E sebbene mi cerchi di continuo, anche ora che sei ufficialmente libero, rimaniamo sempre fermi ad un punto in cui io non voglio più stare. L’avertelo fatto notare ha tirato fuori il peggio di te e io, che – a differenza tua – non considero le parole “relative”, non ho potuto far altro che prendere atto del fatto che con te non ci sarà mai un futuro. E a malincuore, con un vuoto dentro, non mi resta che dirti addio. “Non ti auguro del male. Qualunque cosa ti augurassi sarebbe ben poca cosa rispetto a quello che riuscirai a farti da solo. Mi spiace solo non esserci, quel giorno.“ (Giorgio Faletti)