Una cosa interessante del quartiere è che, pur essendo un’area abbastanza prestigiosa, non è (ancora?) stato preso di mira dalle grandi catene commerciali internazionali. Quindi negozi e ristoranti, tutti ricavati da casette sopravvissute alla speculazione edilizia, non hanno perso la propria personalità. Piuttosto c’è una caratteristica che è molto tipica di Sao Paulo: se un locale ha successo in un quartiere, facilmente lo si ritrova sotto forma di clone anche in altre “locations”. Così la Pizzaria Braz che secondo il suo slogan (che non brilla certo per modestia) offre “A melhor pizza de Sao Paulo”, la ritroviamo oltre che a Moema, anche a Pinheiros, Morumbi, Higienopolis, ecc. Nel fondo è anche questo un modello di mini-globalizzazione però rimane la pizza di Sao Paulo, non è il Pizza Hut. Non è proprio la stessa cosa, no? Oppure qualsiasi modello di azienda globalizzata nasce come un locale di quartiere che per il successo ottenuto comincia a creare uno standard da replicare prima in un altro quartiere, poi in un'altra città, poi in un'altra nazione. Purtroppo forse è cosi. E visto che il Brasile è uno dei Bric, i nuovi paesi emergenti, il primo mondo del prossimo futuro, allora facilmente potremmo trovarci un giorno la Pizzaria Braz anche sotto casa in Italia. Chissà se cambieranno almeno il nome in PizzEria o dovremo abituarci noi all’idea di PizzAria?Le marche che tutti già conosciamo ci sono anche qui ovviamente ma sono per lo più concentrate negli “Shopping”. Il paulista adora questi luoghi, che sono tutti identici ma qui si ostinano a dire che ognuno ha la sua personalità, il suo stile, il suo pubblico. Ce ne sono decine. Io ne ho visti alcuni, vecchi o nuovi, sono tutti uguali. E ovviamente sono uguali anche ai nostri in Italia e altrove: il solito parcheggio multipiano, i soliti negozi Benetton, Zara, ecc, la solita area di fast food e ristoranti in franchising, il solito cinema multisala.Però, in fin dei conti, se pensiamo che qui per 8 o 9 mesi all’anno fa molto caldo, possiamo comprendere e giustificare che la gente si rifugi spesso in questi mega-frigoriferi.
La globalizzazione a Moema
Una cosa interessante del quartiere è che, pur essendo un’area abbastanza prestigiosa, non è (ancora?) stato preso di mira dalle grandi catene commerciali internazionali. Quindi negozi e ristoranti, tutti ricavati da casette sopravvissute alla speculazione edilizia, non hanno perso la propria personalità. Piuttosto c’è una caratteristica che è molto tipica di Sao Paulo: se un locale ha successo in un quartiere, facilmente lo si ritrova sotto forma di clone anche in altre “locations”. Così la Pizzaria Braz che secondo il suo slogan (che non brilla certo per modestia) offre “A melhor pizza de Sao Paulo”, la ritroviamo oltre che a Moema, anche a Pinheiros, Morumbi, Higienopolis, ecc. Nel fondo è anche questo un modello di mini-globalizzazione però rimane la pizza di Sao Paulo, non è il Pizza Hut. Non è proprio la stessa cosa, no? Oppure qualsiasi modello di azienda globalizzata nasce come un locale di quartiere che per il successo ottenuto comincia a creare uno standard da replicare prima in un altro quartiere, poi in un'altra città, poi in un'altra nazione. Purtroppo forse è cosi. E visto che il Brasile è uno dei Bric, i nuovi paesi emergenti, il primo mondo del prossimo futuro, allora facilmente potremmo trovarci un giorno la Pizzaria Braz anche sotto casa in Italia. Chissà se cambieranno almeno il nome in PizzEria o dovremo abituarci noi all’idea di PizzAria?Le marche che tutti già conosciamo ci sono anche qui ovviamente ma sono per lo più concentrate negli “Shopping”. Il paulista adora questi luoghi, che sono tutti identici ma qui si ostinano a dire che ognuno ha la sua personalità, il suo stile, il suo pubblico. Ce ne sono decine. Io ne ho visti alcuni, vecchi o nuovi, sono tutti uguali. E ovviamente sono uguali anche ai nostri in Italia e altrove: il solito parcheggio multipiano, i soliti negozi Benetton, Zara, ecc, la solita area di fast food e ristoranti in franchising, il solito cinema multisala.Però, in fin dei conti, se pensiamo che qui per 8 o 9 mesi all’anno fa molto caldo, possiamo comprendere e giustificare che la gente si rifugi spesso in questi mega-frigoriferi.